È stata la prima azienda “unicorno” in Italia. Ora è passata al licenziamento dei suoi dipendenti.
Un inciampo, un ostacolo sulla strada verso il consolidamento del successo. O forse qualcosa di più. Yoox, la prima azienda unicorno su Borsa Italiana, ha comunicato ai sindacati la sua volontà di licenziare 211 dipendenti in Italia. A livello mondiale dovrebbero essere 700 i dipendenti lasciati a casa dalla società.
Yoox Net-A-Porter, fondata nel 2000 da Federico Marchetti, poi passata a Richemont prima e MyTheresa poi, ha annunciato l’apertura della procedura di licenziamento collettivo in Italia - più precisamente negli uffici di Milano e Bologna - per “riassicurare crescita e forza finanziaria dopo anni di declino ”, spiega la società.
Yoox licenzia 211 dipendenti in Italia, 700 nel mondo
La società, oltre a specificare che sono 160 i dipendenti degli uffici di Bologna e 51 quelli degli uffici di Milano gli addetti inseriti all’interno del programma di licenziamento collettivo, ha comunicato che i tagli ai posti di lavoro riguarderanno non solo l’Italia, ma anche Inghilterra e USA, per un totale di 700 dipendenti coinvolti. In Italia Yoox conta 1.100 addetti.
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A spiegare quanto sta accadendo è una nota firmata LuxExperience BV, che controlla MyTheresa e, da aprile 2025, anche Yoox Net-A-Porter. La società “riconosce l’impatto che queste misure possono avere sulle persone coinvolte ed è impegnata a sostenere i dipendenti interessanti cercando soluzioni responsabili e costruttive”.
Mariano Vendola (Cgil) ha spiegato “che c’è grande preoccupazione. È inaccettabile la modalità del licenziamento collettivo visto l’azienda ha a disposizione tanti altri strumenti per tutelare i lavoratori. In Emilia Romagna non siamo abituati a certi comportamenti. Ci aspettiamo che vengano attivati subito gli ammortizzatori sociali”.
La storia di Yoox, dal successo senza precedenti ai licenziamenti
La startup Yoox, fondata da Federico Marchetti, un ex consulente finanziario con una visione innovativa - portare online l’alta moda, ma in una forma diversa da quella tradizionale -, nasce a Bologna nel marzo del 2000.
L’idea era semplice ma rivoluzionaria per l’epoca: vendere sul web capi di collezioni passate, a prezzi scontati, mantenendo comunque l’aura di esclusività dei grandi brand. L’azienda parte con un investimento iniziale garantito da Elserino Piol, storico investitore del venture capital italiano, e successivamente attrattivo anche per fondi internazionali come Benchmark Capital. In breve tempo Yoox diventa un punto di riferimento per il cosiddetto «off-price luxury», un settore fino ad allora trascurato nel mondo digitale.
Nei primi anni, Yoox si afferma grazie a una combinazione vincente tra piattaforma tecnologica all’avanguardia, logistica centralizzata e know-how per gestire la complessità dei flussi internazionali di prodotto. Il sito non si limita a vendere, ma crea un’esperienza editoriale, estetica e curata, che eleva il concetto di e-commerce nel mondo della moda.
Il momento di svolta arriva nel dicembre 2009, quando Yoox debutta in Borsa, diventando la prima azienda italiana di e-commerce quotata sul listino STAR della Borsa Italiana. L’IPO viene accolta con grande entusiasmo: il collocamento delle azioni, a un prezzo iniziale di 4,3 euro, permette di raccogliere circa 95 milioni di euro. Il 70% dell’offerta era destinato a investitori istituzionali esteri, soprattutto americani e britannici, a dimostrazione della fiducia internazionale nel progetto. La quotazione al tempo fu vista come un segnale forte per l’ecosistema italiano dell’innovazione, ancora poco maturo, e contribuì a posizionare Yoox come pioniere nel panorama europeo del fashion tech. A partire dal 2010, la società entra a far parte dell paniere FTSE MIB, indice che raccoglie le principali aziende italiane per capitalizzazione, dal quale uscirà nel giugno 2018 con l’acquisizione da parte di Richemont.
Negli anni successivi, Yoox continua la sua espansione globale, aprendo hub logistici e tech in diverse parti del mondo. Nel 2012 Federico Marchetti riceve il Premio Leonardo per l’Innovazione, e nello stesso anno viene definito “the geek of chic” dal New Yorker, una sintesi perfetta tra la sua anima da imprenditore tecnologico e quella da innovatore nel mondo della moda. Nel 2014 riceve anche il premio EY come Imprenditore dell’Anno, riconoscimento che suggella la crescita vertiginosa dell’azienda, che ormai supera ampiamente il miliardo di euro di fatturato. A quel punto, Yoox è uno dei pochissimi “unicorni” italiani - aziende giovani ma con una valutazione superiore al miliardo di dollari.
Nel 2015 arriva un’altra svolta epocale: Yoox si fonde con il gruppo britannico Net-A-Porter, fondato da Natalie Massenet, dando vita al colosso Yoox Net-A-Porter Group, noto come YNAP. L’operazione è strutturata come una fusione tra pari, ma in realtà è Yoox a guidare il processo dal punto di vista industriale e tecnologico. La nuova società unisce la forza logistica e tecnologica di Yoox con l’appeal editoriale e luxury di Net-A-Porter, con i suoi portali simbolo come Mr Porter e The Outnet. Il gruppo risultante è presente in oltre 180 Paesi, ha milioni di utenti attivi e diventa il leader mondiale dell’e-commerce di moda di lusso.
Nel 2018, il gruppo svizzero Richemont, gigante del lusso proprietario di Cartier, Montblanc e Van Cleef & Arpels, lancia un’OPA per acquisire il controllo totale di YNAP. L’operazione, del valore stimato tra i 5 e i 5,3 miliardi di euro, è motivata dalla volontà di Richemont di rafforzarsi nel canale digitale, considerato strategico per la crescita futura del lusso. Sotto Richemont, YNAP continua a investire in innovazione - viene introdotto l’uso massiccio di intelligenza artificiale, data analytics e automazione per ottimizzare le raccomandazioni di prodotto, la logistica e l’esperienza utente.
Nel 2020, l’azienda celebra i suoi primi vent’anni con numeri impressionanti: oltre 4 milioni di clienti attivi, presenza globale, centinaia di milioni di visite annue e una quota crescente di vendite da mobile. Ma, nel luglio 2021, Federico Marchetti decide di lasciare il suo ruolo di presidente esecutivo, chiudendo un ciclo personale e professionale durato oltre due decenni.
Nel 2024 arriva l’ultima grande trasformazione: Richemont decide di cedere il controllo di YNAP alla piattaforma tedesca MyTheresa, specializzata nella vendita online di lusso full-price. L’operazione si conclude nella primavera del 2025 - un passaggio con cui Yoox entra in una nuova fase della sua esistenza.
Il piano di MyTheresa pronto a fallire?
Solo pochi mesi fa MyTheresa annunciava l’acquisizione di Yoox Net-a-Porter Group da Richemont con grande ottimismo, con l’obiettivo di costruire un business retail digitale multimarca del valore di 4 miliardi di euro. L’operazione, finalizzata tramite Richemont Italia Holding SPA, aveva ricevuto l’approvazione di tutte le autorità di regolamentazione competenti e mirava a consolidare l’ambizione di MyTheresa di espandere la propria influenza ben oltre le sue origini a Monaco.
Nell’ambito dell’accordo, MyTheresa ha acquisito il 100% delle azioni di YNAP, conferendo a Richemont il 33% del capitale sociale di MyTheresa. I termini finanziari dell’operazione includevano non solo la piena partecipazione di YNAP, ma anche una posizione di cassa netta di 555 milioni di euro, il che significa che l’operazione è stata completata senza alcun debito finanziario. La nuova entità consolidata opera sotto l’egida di MYT Netherlands Parent BV, che è stata rinominata LuxExperience BV, società madre quotata alla Borsa di New York con il ticker LUXE dal 1° maggio 2025.
Questa fusione, arrivata sulla scia del crollo di Farfetch, doveva segnare una nuova fase per un sistema di e-commerce di lusso - che è esploso e poi imploso nell’ultimo decennio. In tutti i vari alti e bassi di questo nuovo ramo del commercio digitale, MyTheresa sembrava essere riuscita a portare a termine un’operazione impeccabile - proprio in un momento in cui grandi marchi e gruppi stanno ritirando i loro prodotti da questi marketplace, il portale ha guadagnato la fiducia del Gruppo Prada, notoriamente molto protettivo e rigoroso riguardo ai suoi canali di distribuzione.
Che i licenziamenti siano solo un’operazione di ottimizzazione dei costi, utili al raggiungimento degli obiettivi aziendali, o la prima avvisaglia di una crisi che non lascia scampo?
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