Sempre più spesso di sente parlare di venture capital: ma di cosa si tratta? Ecco definizione, potenzialità e rischi dell’investimento.
Oggi si parla con sempre maggiore frequenza di venture capital e private equity, due strumenti centrali nell’universo degli investimenti alternativi. Entrambi operano al di fuori dei mercati pubblici, ma si rivolgono a imprese in fasi diverse del loro ciclo di vita.
In particolare, il venture capital si concentra su startup e giovani aziende non ancora quotate, spesso in fase embrionale, ma con alto potenziale di crescita. È proprio questo potenziale, unito a un’elevata componente di rischio, a distinguere il VC dal private equity, che invece interviene in realtà più mature.
Negli ultimi mesi, anche a seguito del progressivo recupero dei mercati post-2023 e dell’impulso dato dall’intelligenza artificiale generativa e dalla transizione green, l’interesse per il venture capital è tornato a crescere. Per le startup prive di accesso al credito bancario o ai mercati regolamentati, il venture capital rappresenta spesso l’unica leva finanziaria per scalare rapidamente. Tuttavia, proprio perché si investe in aziende la cui validità è ancora tutta da dimostrare, il rischio per gli investitori resta elevato. Comprendere le dinamiche di questo strumento richiede, quindi, non solo attenzione al rendimento atteso, ma anche consapevolezza dei margini di incertezza che lo caratterizzano.
La definizione di Venture Capital
Il Venture Capital (VC), o capitale di rischio, è una forma di finanziamento rivolta principalmente a startup e imprese innovative ad alto potenziale di crescita, ma caratterizzate da un elevato livello di rischio. A differenza dei tradizionali finanziamenti bancari, il venture capital non prevede garanzie collaterali, ma comporta l’ingresso del venture capitalist nel capitale sociale dell’impresa, generalmente attraverso una quota di minoranza. L’obiettivo è sostenere lo sviluppo del business fino a una fase di maturità, nella prospettiva di una futura exit – tramite vendita delle quote o IPO – che permetta di realizzare un ritorno significativo sull’investimento.
Secondo il Cambridge Dictionary of Finance, il venture capital rappresenta:
“il capitale fornito a imprese emergenti con grandi possibilità di crescita, ma che non possono accedere al credito tradizionale per via della loro struttura instabile o della mancanza di storia creditizia.”
Le principali fasi di intervento del VC si dividono in seed capital, early stage ed expansion stage, a seconda dello stadio di sviluppo dell’impresa.
I fondi di venture capital, spesso gestiti da società specializzate, selezionano le aziende in cui investire attraverso un processo rigoroso di due diligence, valutando business plan, team, scalabilità e potenziale di mercato. Secondo i dati dell’European Investment Fund, nel 2023 gli investimenti in venture capital in Europa hanno superato i 75 miliardi di euro, con una forte crescita nei settori deep tech, fintech e life sciences.
Nonostante l’alto rischio, il VC ha un ruolo cruciale nell’ecosistema dell’innovazione, in quanto consente la nascita e la crescita di aziende che, senza questi capitali, difficilmente riuscirebbero a sviluppare tecnologie di frontiera o modelli di business rivoluzionari. Come sottolineato da Harvard Business Review, “il venture capital è uno dei motori principali dell’innovazione economica moderna”.
Venture capital, qualche numero per capire
Stando ai dati recenti, nel 2024 il mercato italiano del venture capital ha consolidato la sua presenza, raggiungendo nuove vette di interesse per startup e scale-up. Secondo l’EY Venture Capital Barometer, gli investimenti hanno superato per il quarto anno consecutivo la soglia del miliardo di euro, attestandosi a 1,127 mld €, con un incremento del +7,5% rispetto al 2023 e un aumento dell’11% nel numero di round, saliti a 292 da 263.
Il rapporto del Venture Capital Monitor (VeM) dell’Università LIUC/AIFI porta una visione ancora più ampia:
considerando sia le startup italiane sia quelle all’estero fondate da italiani, gli investimenti complessivi raggiungono circa 2 mld € suddivisi in 406 round.
Sguardo territoriale: il Nord prevale con la Lombardia che catalizza il 62% dei capitali (≈857 m€ tra Nord), seguita da Piemonte e Centro (Lazio & Toscana) per un totale di circa 227 m€, mentre il Sud resta marginale con soli 43 m€. A livello settoriale, i capitali si concentrano sull’ICT (36–38%), con forte crescita per biotech (dal 3% nel primo semestre 2023 all’11% nel 1H 2024).
Infine, lo Stato ha rafforzato il supporto: la CDP Venture Capital ha annunciato un piano da 1 mld € dedicato all’IA e cybersecurity nei prossimi 5 anni.
La differenza tra venture capital e private equity
Sebbene venture capital e private equity rientrino entrambi nella categoria degli investimenti in capitale di rischio (equity investments) rivolti ad aziende non quotate, è importante sottolineare che si tratta di due strumenti distinti, con finalità, modalità operative e target aziendali differenti.
La distinzione principale riguarda la fase di sviluppo dell’impresa in cui l’investitore interviene. Come detto, il venture capital si rivolge tipicamente a startup e aziende early stage, cioè realtà imprenditoriali appena nate, spesso ancora in fase di validazione del prodotto o del modello di business. In questi casi, l’investitore assume un rischio molto elevato, compensato dalla possibilità di ottenere ritorni significativi in caso di rapida crescita o exit di successo.
Il private equity, invece, interviene in aziende più mature, che hanno già una struttura organizzativa consolidata, un fatturato stabile e talvolta anche una redditività dimostrata. Qui l’obiettivo è spesso la riorganizzazione, l’espansione o l’acquisizione della società, con una logica più industriale e meno speculativa. Le operazioni di private equity possono includere anche buyout, growth capital o turnaround.
Un altro elemento distintivo è la dimensione dell’investimento: mentre i round di venture capital (soprattutto nelle fasi seed o pre-seed) possono partire da poche centinaia di migliaia di euro, il private equity gestisce operazioni di dimensioni ben superiori, talvolta nell’ordine di decine o centinaia di milioni.
Entrambi, quindi, sono fondamentali per lo sviluppo dell’economia reale, ma agiscono in momenti e con strategie differenti del ciclo di vita aziendale.
I rischi del venture capital
Il venture capital, essendo una forma di investimento dedicata principalmente a startup e aziende in fase embrionale, comporta rischi intrinseci particolarmente elevati sia per l’impresa beneficiaria sia per l’investitore.
Per la società che riceve il finanziamento, la sfida è duplice. Da un lato, deve dimostrare di essere all’altezza delle aspettative generate dal capitale raccolto, sviluppando velocemente il proprio prodotto o servizio, conquistando quote di mercato e costruendo un modello di business sostenibile. Dall’altro, deve evitare di esaurire le risorse finanziarie disponibili prima di raggiungere la fase di crescita autonoma o di un nuovo round di investimento. In questo contesto, il capitale di rischio rappresenta spesso l’unica vera opportunità per scalare, e una sua cattiva gestione può compromettere irrimediabilmente il futuro dell’azienda.
Dal punto di vista dell’investitore, il rischio è rappresentato dalla forte incertezza legata al successo della startup. Molte imprese in fase iniziale non riescono a superare le difficoltà legate al mercato, alla tecnologia o alla gestione interna, e ciò può tradursi nella perdita totale o parziale del capitale investito. Inoltre, la natura illiquida dell’investimento – con exit spesso a medio-lungo termine – aumenta l’esposizione al rischio.
Per mitigare queste incertezze, i venture capitalist adottano strategie di diversificazione del portafoglio e, soprattutto, spesso ottengono diritti di governance all’interno delle società in cui investono. Questa partecipazione attiva consente loro di influenzare decisioni strategiche cruciali, monitorare da vicino lo sviluppo e, se necessario, intervenire per correggere la rotta, riducendo così l’alea insita nell’investimento.
Nonostante queste precauzioni, il venture capital rimane uno strumento ad alto rischio ma ad alto potenziale, destinato a chi è disposto a sostenere un percorso di crescita caratterizzato da incertezze ma anche da grandi opportunità.
Venture capital, come funziona? Soggetti, processo ed esiti
Nel mondo del venture capital, i finanziamenti alle startup e alle piccole imprese innovative provengono principalmente da due categorie di investitori: le venture capital firms e i cosiddetti angel investors.
- Le venture capital firms sono società specializzate che gestiscono fondi dedicati a sostenere progetti imprenditoriali ad alto potenziale di crescita. A livello internazionale, esistono associazioni di categoria come la National Venture Capital Association (NVCA) negli Stati Uniti, che riuniscono centinaia di fondi e investitori istituzionali impegnati nel settore.
- Gli angel investors, invece, sono individui facoltosi, spesso imprenditori di successo o professionisti che mettono a disposizione capitale proprio e competenze per supportare startup nelle fasi iniziali.
Questi investitori condividono alcune caratteristiche fondamentali: tendono a privilegiare startup con un team di gestione solido, un business plan dettagliato e scalabile, nonché un chiaro potenziale di mercato. Inoltre, spesso preferiscono investire in settori nei quali hanno esperienza o conoscenze specifiche, così da poter fornire un supporto strategico oltre al capitale.
Il processo di investimento
Per attrarre l’attenzione di venture capital firms o angel investors, la startup deve innanzitutto elaborare un business plan strutturato e convincente, che illustri il modello di business, il mercato di riferimento, la strategia di crescita e le proiezioni finanziarie. Se il progetto suscita interesse, si avvia una fase di due diligence approfondita, durante la quale gli investitori analizzano in dettaglio l’azienda: verificano la validità del prodotto o servizio, valutano il management, esaminano la situazione finanziaria e la storia operativa della startup, qualora disponibile.
Completata positivamente questa fase, gli investitori decidono se procedere con il finanziamento. Nel caso di esito favorevole, l’investitore richiede una partecipazione azionaria nella società, spesso accompagnata da un ruolo attivo nella governance o nel consiglio di amministrazione, visto che l’azienda non è ancora quotata in Borsa.
L’esito del venture capital
Il percorso di venture capital può concludersi in due modi principali: successo o insuccesso. Nel caso di successo, la startup raggiunge gli obiettivi di crescita e sviluppo previsti, permettendo all’investitore di realizzare il proprio rendimento. Questo avviene generalmente tramite una exit strutturata, come la quotazione in Borsa (IPO), la vendita delle quote a terzi, oppure il riacquisto della partecipazione da parte dei soci fondatori o di nuovi investitori.
In caso di insuccesso, gli investitori si trovano di fronte alla concreta possibilità di perdere il capitale investito e decidono di disinvestire. L’abbandono può avvenire attraverso la vendita delle partecipazioni a nuovi o vecchi soci oppure, più raramente, attraverso altre operazioni di ristrutturazione o liquidazione.
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