Occidente e Usa sfidano la Cina con l’IMEC, la “Via del Cotone”, alternativa alla Belt and Road. Ma l’India, priva di potenza manifatturiera, fatica a competere con la strategia di Pechino.
Sono ormai anni che in Occidente si promuove qualsiasi proposta, anche la più strampalata, se ha come finalità quella di contrastare la espansione all’estero della Cina, che si attua anche attraverso la ben nota Belt and Road Initiative (BRI).
Quella di Pechino è una duplice strategia di penetrazione, che da una parte ha finalità prevalentemente commerciali, ripercorrendo come Road da Oriente verso Occidente la antica via della Seta fino ad arrivare al Mediterraneo; e che dall’altra parte si snoda per via marittima come Belt al fine di integrare in una sempre più fitta rete di relazioni produttive non solo i Paesi che si affacciano sul Mar Cinese meridionale e che da tempo immemorabile intrattengono rapporti con la Cina, ma anche quelli non solo rivieraschi che si trovano lungo le rotte mercantili che arrivano fino al Mediterraneo, evitando accuratamente l’India.
Nell’Africa, andando molto al di là della BRI, la Cina mira a creare industrie di sostituzione per i prodotti a più basso valore aggiunto sfruttando i mercati in cui i costi del lavoro sono comparativamente più bassi rispetto a quelli cinesi, finanziando la industrializzazione attraverso la realizzazione delle infrastrutture di base, dalle strade alle ferrovie, alle reti energetiche.
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