Pubblicato online il presunto biglietto sconcio che Trump inviò a Epstein per il suo compleanno. Anche JP Morgan è finito nella bufera per i suoi rapporti con il controverso finanziere.
Il caso Epstein continua a tormentare Donald Trump. Ma non solo. Questa volta, oltre al Presidente degli Stati Uniti è finita nel mirino anche JP Morgan. Secondo un’indagine pubblicata dal New York Times, la banca statunitense avrebbe agevolato le attività illecite del finanziere, condannato nel 2019 per abusi sessuali e traffico internazionale di minori e trovato morto (apparentemente) per suicidio in prigione.
Nel frattempo, i democratici della Camera statunitense hanno pubblicato il chiacchieratissimo biglietto di auguri osé che Trump avrebbe mandato a Epstein nel 2003 in occasione del suo cinquantesimo compleanno.
A lanciare la notizia scandalo era stato inizialmente il Wall Street Journal nel luglio 2025. Secondo il quotidiano, il contenuto della lettera incriminata avrebbe incluso il disegnino sconcio di una donna nuda. L’articolo scatenò - ovviamente - le ire del tycoon statunitense che, dopo aver gridato al falso e definito il WSJ come un “giornalaccio disgustoso e lurido”, intentò immediatamente una causa al quotidiano di Rupert Murdoch per 10 miliardi di dollari. Adesso la faccenda si complica ulteriormente.
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Il biglietto d’auguri “incriminato” di Trump per Jeffrey Epstein e l’accusa dei democratici
Il Wall Street Journal ne aveva solo parlato. I democratici, invece, sono passati all’attacco. Robert Garcia, deputato della commissione di sorveglianza statunitense, ha affermato di avere “la lettera a Epstein che Trump ha detto che non esisteva” e che è arrivato il momento per la Casa Bianca di “mettere fine all’insabbiamento”.
Il fantomatico biglietto - visibile online - contiene il disegno della sagoma di una donna nuda, disegnata con un pennarello, con due archi a indicarne il seno e la firma di Trump sotto la vita, a raffigurarne i peli pubici. All’interno dello schizzo è presente un testo dattiloscritto in terza persona che recita una conversazione immaginaria fra Trump ed Epstein:
“Voce fuori campo: Nella vita ci deve essere qualcosa di più che avere tutto.
Donald: Sì, c’è, ma non ti dirò di cosa si tratta.
Jeffrey: Nemmeno io, perché so di cosa si tratta.
Donald: Abbiamo alcune cose in comune, Jeffrey.
Jeffrey: A pensarci bene, sì.
Donald: Gli enigmi non invecchiano mai, l’hai notato?
Jeffrey: In effetti, era così chiaro per me l’ultima volta che ti ho visto.
Trump: Avere un amico è una cosa meravigliosa”.
Come in precedenza, la Casa Bianca ha negato tassativamente ogni accusa. La portavoce Karoline Leavitt ha affermato su X (ex Twitter) che la firma nel biglietto “non è di Donald Trump” e che “è molto chiaro che il presidente non ha disegnato questo disegno e non l’ha firmato”. La situazione per il tycoon rimane comunque tesa.
Già durante l’estate, la gestione del caso Epstein da parte dell’amministrazione Trump aveva causato non pochi malumori, con numerosi (ex) fedelissimi supporter MAGA che - furiosi per la mancata pubblicazione dei documenti sui presunti nomi celebri coinvolti nel traffico sessuale gestito dal finanziere - avevano iniziato a rinnegare il presidente bruciando vessilli come i celebri cappelli rossi Make America Great Again.
Il caso JP Morgan
Ma il caso Epstein non preoccupa solamente Donald Trump. Secondo un’indagine del New York Times, la banca statunitense JP Morgan avrebbe permesso a Epstein di aprire numerosi conti ed effettuare migliaia di transazioni relative ai suoi traffici sessuali senza svolgere controlli di sicurezza.
La situazione peggiora ulteriormente se si considera che, in ben quattro occasioni, gli alti dirigenti di JP Morgan hanno volutamente ignorato le segnalazioni dei dipendenti della banca, decidendo attivamente di proseguire i loro affari con un uomo sotto inchiesta federale per traffico di esseri umani.
Ma Epstein non fu solo un cliente della banca. Secondo il NYT, per un periodo il finanziere collaborò attivamente con JP Morgan per trovare nuovi clienti, finalizzare un’importante acquisizione e prendere decisioni strategiche, tra cui la gestione delle conseguenze dello schema Ponzi di Bernard Maddof. Va precisato che questa partnership fu attiva anche nel momento in cui Epstein stava scontando una pena detentiva in Florida dopo aver indotto una ragazza adolescente a prostituirsi.
Il ruolo del dirigente Jes Staley
I favoritismi per Epstein all’interno di JP Morgan venivano, in particolar modo, da Jes Staley, alto dirigente della banca e fidato confidente del CEO Jamie Dimon. Dopo l’arresto di Epstein nel 2019, il dirigente minimizzò l’amicizia con il criminale, dichiarando alle autorità di non aver mai avuto un legame personale e di aver interrotto i contatti molto tempo prima. Le indagini della Financial Conduct Authority rivelarono una verità diversa. Furono ritrovati circa 1.200 email e messaggi, alcuni di tono confidenziale, che dimostravano una relazione ben più profonda e duratura tra Epstein e Staley, protrattasi almeno fino al 2017.
Inoltre, durante il processo venne alla luce un episodio imbarazzante: Staley ebbe un rapporto sessuale con una collaboratrice di Epstein nell’appartamento del fratello di quest’ultimo. Alla luce delle prove, nel giugno 2025 l’Upper Tribunal ha condannato l’ex dirigente a una multa di oltre 1 milione di dollari e il divieto a vita di ricoprire incarichi nel settore finanziario.
Joseph Morgan, portavoce di JP Morgan, ha dichiarato che il rapporto con Staley “è stato un errore e, col senno di poi, ce ne pentiamo”, ribadendo tuttavia che la banca “non lo ha mai aiutato a commettere i suoi crimini efferati”.
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