I trucchi per non pagare le tasse in Italia secondo le grandi aziende di Big tech

Patrizia Del Pidio

23 Agosto 2023 - 14:15

condividi

Le grandi aziende Big tech per non pagare troppe tasse in Italia, dove l’aliquota fiscale è più alta, mettono in campo trucchi del tutto legali. Ecco quali sono.

I trucchi per non pagare le tasse in Italia secondo le grandi aziende di Big tech

Le aziende Big tech hanno ricavi miliardari ma in Italia dichiarano utili molto bassi e proprio per questo pagano molte meno tasse rispetto a quelle che il Governo aveva sperato. Come ci riescono e quali sono i trucchi, perfettamente legali, che mettono in atto per farlo? Potrebbero essere un esempio anche per gli imprenditori italiani e per i semplici contribuenti che vorrebbero trovare il modo di versare meno imposte?

Amazon, Microsoft, Google, Meta, aziende che fatturano milioni di euro ognuna che emergono dagli ultimi bilanci depositati. Il giro d’affari delle aziende Big tech vale quasi 6 miliardi di euro in Italia e le controllate nel nostro Paese nell’ultimo anno hanno aumentato il proprio fatturato di oltre il 20%. Ma quello che entra come gettito fiscale è meno del previsto.

Qualche numero sulla crescita

Solo per Google i ricavi sono passati da 700 milioni a oltre un miliardo non solo grazie alla vendita di spazi pubblicitari sul proprio motore di ricerca, ma anche grazie ai servizi di Google cloud. Stesso discorso per Microsoft che ha chiuso il suo anno fiscale a giugno 2022 e grazie al contributo di Linkedin ha raggiunto 1,2 miliardi di fatturato segnando un +22%. Meta, dal canto suo, ha avuto un incremento del 18% grazie alla vendita di inserzione sui suoi social network principali, Facebook e Instagram.

Il primato assoluto in Italia, però, lo detiene Amazon che ha un giro di affari che raggiunge quasi 3,3 miliardi di euro grazie ai numerosi settori delle controllate che spaziano dall’e-commerce al cloud, alla logistica fino ad arrivare alla piattaforma di Twitch.

Crescite colossali che, però, non stupiscono soprattutto nell’era della digitalizzazione sia di consumi che di imprese, digitalizzazione accelerata dal periodo di lockdown dovuto alla pandemia che ha lasciato il suo segno e l’abitudine negli italiani ad affidarsi sempre più spesso alla tecnologia anche e soprattutto per gli acquisti.

Utili e ricavi sono molto diversi

Quello che, però salta all’occhio quasi subito di tutte e quattro i grandi gruppi sono le differenze tra gli utili e i ricavi. Se si prende, ad esempio, Google, che ha registrato 60 miliardi di profitti nel 2022 a fronte di ricavi pari a 282 miliardi, ci si rende conto che il rapporto è del 22%. Stesso discorso per meta che ha un rapporto tra profitti e ricavi del 20%.

Da dove proviene questa discrepanza delle redditività locale e globale? La voce che pesa maggiormente è quella relativa ai costi per i servizi: nelle filiali italiane le big tech supportano anche per le capogruppo europee che si trovano in Lussemburgo e in Irlanda che sono Paesi con aliquote fiscali molto più basse. I costi, quindi, vengono fatti pesare sulle filiali italiane per andare ad erodere le tasse da pagare, nettamente più alte, lasciando, di fatto, gli utili intatti e con meno costi dove il costo della fiscalità è inferiore.

Questo ha avuto ripercussioni anche sul gettito del nostro Paese che aveva stimato entrate complessive abbastanza elevate dalla web tax del 3% che, però, ha fruttato, alla fine, solo 928 milioni di incasso. Ovvero molto meno di quanto sperato.

Argomenti

# Tasse

Iscriviti a Money.it