Trasparenza salariale, cosa prevede la direttiva UE in 10 punti

Giorgia Paccione

14 Ottobre 2025 - 17:59

Entro il 2027 le aziende con oltre 100 dipendenti dovranno rendicontare sui gap retributivi. Ecco le dieci misure chiave da conoscere e applicare per essere conformi.

Trasparenza salariale, cosa prevede la direttiva UE in 10 punti

Il countdown è partito: entro la seconda metà del 2027, tutte le aziende con più di 100 dipendenti operanti nell’Unione Europea saranno chiamate a presentare il loro primo report sulla trasparenza retributiva. Una rivoluzione normativa che punta dritto a una delle disuguaglianze più persistenti del mercato del lavoro europeo, il divario salariale di genere, che ancora oggi si attesta al 13% nell’UE, nonostante la parità retributiva sia uno dei principi fondanti dell’Unione.

La direttiva 2023/970 dovrà essere recepita dagli Stati membri entro giugno 2026 e introduce obblighi stringenti per i datori di lavoro, in primis quello di identificare e colmare i gap retributivi tra uomini e donne.

Come sottolinea Olga Pagliaroli, Head of Talent Solutions di Aon, società di consulenza sulle risorse umane, “le aziende devono agire ora, comprendere le normative, valutare la propria posizione attuale, creare un piano d’azione, mettere in atto strumenti e framework, agire sui gap, costruire strutture di reporting e sviluppare strategie di comunicazione”.

Ma cosa prevede esattamente la direttiva? E quali sono gli obblighi concreti che le aziende dovranno rispettare? Ecco i dieci punti fondamentali che ogni organizzazione deve conoscere.

10 cose da sapere sulla Direttiva UE sulla trasparenza salariale

Ecco cosa dice la Direttiva UE sulla trasparenza salariale, in 10 punti:

1. Comunicazione obbligatoria del divario retributivo di genere

Le imprese dovranno rendicontare il loro divario retributivo di genere sia a livello complessivo aziendale che all’interno delle specifiche categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. La trasparenza non sarà più facoltativa ma un obbligo normativo.

2. Azione correttiva per divari superiori al 5%

Quando il divario retributivo di genere ingiustificato raggiunge o supera il 5%, scatta l’obbligo per i datori di lavoro di collaborare attivamente con i rappresentanti dei lavoratori. Insieme dovranno analizzare le cause delle disparità e sviluppare un piano concreto per eliminarle entro tempi definiti.

3. Trasparenza nelle offerte di lavoro

I candidati avranno il diritto di ricevere informazioni chiare sui livelli retributivi iniziali e sulle fasce salariali previste per qualsiasi posizione pubblicizzata. Contestualmente, i datori di lavoro non potranno più chiedere ai candidati informazioni sulla loro retribuzione precedente o attuale durante il processo di selezione.

4. Divieto di clausole di segretezza retributiva

Le aziende non potranno impedire ai dipendenti di condividere informazioni sui propri compensi. Tutte le clausole di segretezza o riservatezza relative agli stipendi saranno vietate, favorendo un clima di maggiore apertura e confronto tra colleghi.

5. Informazioni sui criteri retributivi

I datori di lavoro dovranno condividere con i dipendenti informazioni dettagliate su come la retribuzione viene impostata, come progredisce nel tempo e come viene gestita. Questo include anche i criteri utilizzati per le promozioni e per la progressione di carriera.

6. Diritto al confronto retributivo

I lavoratori avranno il diritto di richiedere all’azienda dettagli sulla media delle retribuzioni percepite da altri colleghi che svolgono lavori comparabili o di pari valore. Questo consentirà a ciascun dipendente di valutare oggettivamente il proprio posizionamento retributivo.

7. Criteri oggettivi per le differenze salariali

Eventuali differenze retributive tra dipendenti dovranno essere giustificate esclusivamente da criteri oggettivi e misurabili, come i risultati delle valutazioni di performance o i premi di mercato per competenze specifiche. Il genere non potrà mai costituire un fattore discriminante.

8. Strumenti di valutazione neutri

Tutti gli strumenti utilizzati per confrontare e valutare i livelli retributivi, compresi i sistemi di valutazione o classificazione delle mansioni, dovranno basarsi su criteri rigorosamente neutri sotto il profilo del genere, eliminando qualsiasi possibile bias discriminatorio.

9. Applicazione estesa a benefit e previdenza

La direttiva non si limita alla sola retribuzione base ma si estende anche ai benefits aziendali e ai contributi previdenziali. Anche questi elementi dovranno essere analizzati e rendicontati per verificare l’assenza di disparità di genere.

10. Sanzioni pecuniarie illimitate

Le organizzazioni che non rispettano la direttiva possono essere soggette a sanzioni pecuniarie senza limiti di importo massimo. Oltre al rischio economico, c’è quello reputazionale: i dipendenti possono richiedere risarcimenti per l’intera retribuzione arretrata, con l’onere della prova a carico del datore di lavoro.

Perché le aziende non sono ancora pronte?

Secondo un’analisi condotta da Aon nel 2024 su oltre 200 aziende europee ed extraeuropee, il livello di preparazione delle imprese è ancora inadeguato. Il 45% delle organizzazioni intervistate ha una consapevolezza generica della direttiva ma non ha ancora definito alcun piano operativo. Un altro 41% dichiara di essere nella fase di pianificazione, mentre solo il 6% ha strutturato un piano concreto e appena un altro 6% sta già implementando misure specifiche. C’è poi un residuale 2% che non ha nemmeno la minima consapevolezza dell’esistenza della normativa.

Ma i dati più allarmanti riguardano le pratiche concrete: oltre la metà delle aziende (53%) non ha mai condotto un’analisi dell’equità retributiva interna; il 58% attualmente non comunica le fasce salariali ai propri dipendenti e ben il 78% non pubblica informazioni sui range retributivi durante le fasi di reclutamento. Tutte lacune enormi che dovranno essere colmate in tempi relativamente brevi, considerando che molti Stati membri dovranno non solo adeguare, ma in alcuni casi anche riscrivere completamente la propria legislazione nazionale per allinearsi agli standard europei.

I vantaggi della direttiva UE (oltre la compliance)

Nonostante i numeri mostrino un panorama preoccupante, la direttiva non deve essere vista unicamente come un adempimento burocratico. Al contrario, rappresenta un’opportunità strategica per ripensare la gestione dei talenti, costruire sistemi di ricompensa più equi e meritocratici, rafforzare le politiche di Diversity, Equity e Inclusion (DE&I), creare percorsi di carriera più chiari e migliorare l’employer branding.

Naturalmente, i rischi legati alla non conformità restano elevati, sia sul piano economico che reputazionale. Il processo di adeguamento richiederà il coinvolgimento trasversale di molteplici funzioni aziendali, che dovranno gestire conversazioni sempre più trasparenti sulle retribuzioni con i propri collaboratori. Le azioni da mettere in campo sono dunque numerose, dall’analisi approfondita dei dati retributivi attuali alla riprogettazione delle architetture organizzative, dalla formazione dei responsabili alla definizione di nuovi sistemi di comunicazione interna.

Ma la trasparenza retributiva non è solo una questione europea. Le aspettative normative si stanno moltiplicando a livello globale, con iniziative legislative in rapida evoluzione negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone, nel Regno Unito e in altri paesi. Per le multinazionali, questo significa che i principi adottati per conformarsi alla direttiva europea possono diventare la base per approcci più uniformi e coerenti su scala globale.

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