Traccia e traduzione versione Cicerone in Latino, seconda prova liceo Classico Maturità 2025 (in diretta)

Simone Micocci

19 Giugno 2025 - 09:35

Esami di Maturità, la seconda prova del Classico prevede una traccia di Latino con traduzione e analisi del testo di un autore scelto dal ministero. Ecco la diretta.

Traccia e traduzione versione Cicerone in Latino, seconda prova liceo Classico Maturità 2025 (in diretta)

Oggi è in programma la tanto attesa seconda prova scritta della Maturità per gli studenti del liceo classico, per i quali il ministero dell’Istruzione e del merito ha scelto come materia esclusivamente il latino. Un testo unico in lingua latina da tradurre e analizzare.

In questa pagina, non appena la traccia sarà disponibile, pubblicheremo tutti i dettagli utili: l’autore del brano scelto, l’opera da cui è stato estratto, il testo originale della versione e, subito dopo, una traduzione completa di analisi.

La seconda prova del liceo classico rappresenta una sfida particolarmente impegnativa, perché non si limita alla semplice traduzione. Richiede agli studenti di riconoscere e interpretare costrutti grammaticali complessi, cogliere sfumature stilistiche, identificare i valori letterari e storici del testo e restituirne in italiano non solo il senso, ma anche il tono e l’intenzione originaria dell’autore. Insomma, saper tradurre dal latino significa anche essere capaci di entrare in un mondo culturale lontano, ma sorprendentemente vicino nella sua influenza sul presente.

In attesa della prova, invitiamo tutti i candidati a seguire questa pagina che aggiorneremo in tempo reale con la traccia ministeriale ufficiale della versione di latino e la soluzione completa con la quale poter poi confrontare il compito svolto in aula e avere una prima idea di come è andata.

Nel frattempo, in bocca al lupo a tutti gli studenti del liceo classico: il latino, giovedì, parlerà con voi.

L’amicizia secondo Cicerone

Nel brano viene affrontata con lucidità una questione centrale e molto discussa nella filosofia antica: l’origine dell’amicizia. Come potete vedere, il dialogo prende forma come una riflessione profonda, in cui Lelio si interroga sulle motivazioni che spingono gli uomini a cercare legami amicali. In questa indagine, viene presa in esame anche una possibile interpretazione utilitaristica dell’amicizia, che però, pur evocata con serietà, verrà poi superata da una visione più elevata e radicata nella natura umana.

La prima ipotesi che Lelio considera è quella che attribuisce all’amicizia una funzione strumentale: un legame nato dal bisogno e dalla debolezza, cioè dalla necessità degli esseri umani di ottenere aiuto, sostegno, protezione reciproca. In quest’ottica, gli amici si aiuterebbero perché, da soli, non riuscirebbero a soddisfare tutti i propri bisogni. Il rapporto si fonderebbe quindi su un calcolo razionale di convenienza, uno scambio di vantaggi materiali e morali. È questa la concezione propria, ad esempio, dell’epicureismo e, più in generale, di una visione pragmatica della vita associata.

Lelio non respinge immediatamente questa tesi, tuttavia, nel prosieguo della riflessione, la allontana con decisione, presentando una concezione più nobile dell’amicizia.

Secondo questa seconda prospettiva l’amicizia nasce dalla natura, non dal bisogno. È una spinta spontanea, radicata nell’animo umano, che si manifesta attraverso un sentimento di benevolenza autentica, ispirato dall’affinità morale e dal riconoscimento della virtù nell’altro. Il legame amicale, dunque, non sarebbe generato dalla mancanza, ma da una libera attrazione verso ciò che è buono e giusto, da un moto dell’anima che non chiede nulla in cambio.

Particolarmente significativo è il passaggio in cui Lelio osserva che questo sentimento è evidente persino negli animali, che mostrano affetto verso la propria prole. Nell’uomo, questo istinto si raffina e si sublima: l’amore tra genitori e figli è l’esempio più puro e originario di una relazione che non ha bisogno di essere giustificata dall’utilità. Allo stesso modo, quando incontriamo qualcuno che ci somiglia per carattere e visione del mondo, nasce un senso di vicinanza morale che può diventare amicizia.

Il giudizio finale di Cicerone è inequivocabile: nulla è più amabile della virtù, nulla ci spinge più naturalmente ad amare che il bene.

Di cosa parla il brano?

La parte scelta per la traduzione di Latino del brano di Cicerone fa parte del Laelius de amicitia, un’opera filosofica scritta da Cicerone nel 44 a.C., in un periodo di grande turbamento personale e politico: fu l’anno, infatti, in cui venne assassinato Giulio Cesare. Nell’opera Cicerone, già segnato dalla perdita dell’amico Tito Pomponio Attico, riflette sul senso più profondo del legame amicale, attraverso una narrazione ambientata nel passato e affidata alla voce saggia e misurata di Gaio Lelio, celebre per la sua integrità morale e per la profonda amicizia che lo legava allo statista Scipione Emiliano.

In questo brano, il narratore si lascia guidare da un pensiero che lo tormenta spesso: perché nasce l’amicizia? È un sentimento che si sviluppa per necessità, cioè come mezzo per colmare le mancanze umane, debolezze, limiti, bisogni, oppure è qualcosa di più nobile, nonché più vicino alla natura stessa dell’uomo?

Nel particolare, si riflette sul fatto che la vera amicizia non può essere ridotta a un mero scambio utilitaristico di favori: anche se questo aspetto può esistere, non è il suo fondamento. L’amicizia vera, secondo questa visione, nasce dall’amore ed è privo di finzioni, maschere o secondi fini.

Viene quindi messo in luce l’aspetto più elevato e idealizzato dell’amicizia, vista come un vero e proprio valore morale.

E la traduzione

Non tutti ovviamente hanno dimestichezza con il Latino. È lecito quindi chiedersi cosa ha detto Cicerone in questa parte. Ecco la soluzione della versione di Latino svolta:

L’amore, infatti, da cui prende il nome l’amicizia, è il principio che unisce le persone con benevolenza. I vantaggi, in realtà, si ottengono spesso anche da coloro che si frequentano e si onorano solo per convenienza, fingendo amicizia. Nell’amicizia vera, però, non c’è nulla di finto, nulla di simulato: tutto ciò che esiste è autentico e spontaneo.

Per questo motivo, a me sembra che l’amicizia nasca più dalla natura che dal bisogno, da un impulso dell’animo accompagnato da un certo sentimento d’amore, piuttosto che da un calcolo su quanto essa potrà risultare utile. Questo si può notare persino in alcuni animali, che amano i loro piccoli per un certo periodo e ne sono a loro volta amati, in modo tale che il loro affetto risulta evidente.

Ma nell’essere umano questo è ancora più evidente: innanzitutto per l’affetto che lega genitori e figli, un vincolo che non può essere spezzato se non da un crimine orribile; poi, quando nasce un simile sentimento d’amore nei confronti di qualcuno che sentiamo affine per indole e carattere, come se in lui scorgessimo una luce, un riflesso di onestà e virtù.

Nulla, infatti, è più amabile della virtù, nulla attrae di più all’amore: tanto è vero che, proprio in virtù della rettitudine e della bontà, finiamo per voler bene – in un certo senso – anche a persone che non abbiamo mai incontrato.

Ecco la traccia

Più precisamente, è il capitolo 26 la parte del De Amicitia di Cicerone scelta per l’esame di Maturità del Classico. Ecco la traccia come recita:

Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam. Nam utilitates quidem etiam ab eis percipiuntur saepe, qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa. In amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium.Quapropter a natura mihi videtur potius quam ab indigentia orta amicitia, applicatione magis animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione quantum illa res utilitatis esset habitura. Quod quidem quale sit, etiam in bestiis quibusdam animadverti potest, quae ex se natos ita amant ad quoddam tempus et ab iis ita amantur, ut facile earum sensus appareat. Quod in homine multo est evidentius, primum ex ea caritate, quae est inter natos et parentes, quae dirimi nisi detestabili scelere non potest, deinde, cum similis sensus extitit amoris, si aliquem nacti sumus, cuius cum moribus et natura congruamus, quod in eo quasi lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur. Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum, quippe cum propter virtutem et probitatem etiam eos, quos numquam vidimus, quodam modo diligamus.

È Cicerone l’autore scelto

Arrivano le prime indicazioni sulla traccia della Maturità del Liceo Classico. È uscita una versione di Cicerone; più precisamente il brano scelto è tratto dal De Amicitia.

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