TFR e fondi pensione, ultime novità: “destinazione parziale” in arrivo

Francesco Oliva

12 Maggio 2017 - 07:30

Fondi pensione e TFR: importanti novità in arrivo con il DDL in discussione in Parlamento. Sarà introdotta la possibilità della doppia previdenza, ecco cosa cambia.

TFR e fondi pensione, ultime novità: “destinazione parziale” in arrivo

TFR: novità in arrivo per i lavoratori italiani che intendono aderire ai fondi pensione.

TFR o fondi pensione? Si tratta di una delle domandi maggiormente ricorrenti per i lavoratori italiani: il TFR è ancora oggi una delle forme di risparmio più imporanti per le famiglie italiane.

Sono passati esattamente dieci anni dal 2007, anno in cui il Governo Prodi II varò la storica riforma del TFR che consentiva agli italiani di scegliere la destinazione del proprio trattamento di fine rapporto, tra azienda e fondi pensione. L’obiettivo del legislatore dell’epoca era quello di aumentare la quota di adesione ai fondi pensione, ritenuti maggiormente convenienti rispetto alla destinazione del TFR in azienda (per l’analisi della scelta fra la destinazione del TFR in azienda o se aderire ad un fondo pensione consigliamo la lettura della nostra guida in materia).
Com’è noto l’obiettivo fallì; dopo i primi sei mesi successivi al 1° gennaio 2007 più del 75% degli italiani decise di mantenere il proprio TFR in azienda.

Adesso il Governo Gentiloni (l’attuale premier era un Ministro dell’allora Governo Prodi II) torna alla carica con un’importante proposta in materia di destinazione del TFR tra azienda e fondi pensione. Vediamo in cosa consiste e quali novità attendono i lavoratori italiani.

TFR in azienda o fondi pensione? Novità in arrivo: sarà possibile il “doppio versamento”. Ipotesi anticipo con disoccuopazione maggiore di 24 mesi

Il Governo Gentiloni ha presentato al Parlamento il DDL 2085/2017 contenente importanti novità in materia di scelta della destinazione del TFR tra azienda o fondo pensione.

I lavoratori italiani che sceglieranno la previdenza complementare non dovranno rinunciare totalmente alla destinazione in azienda del trattamento di fine rapporto (TFR) ma potranno scegliere di destinare:

  • una quota parte del TFR in azienda;
  • una quota parte del TFR presso un fondo pensione.

Viene quindi introdotta una possibilità storica ovvero quella della destinazione parziale del TFR fra azienda e fondi pensione.

Com’è noto, sino ad oggi vi era l’obbligo di scegliere tra l’una o l’altra.

Altra importante novità in arrivo - e prevista dalla riforma che sta per essere introdotta dal DDL 2085/2017 - è la possibilità di anticipazione del TFR da parte dei fondi pensione in caso di disoccupazione superiore a 24 mesi.

Cos’è e come effettuare il calcolo del TFR?

Alla fine del rapporto di lavoro, per dimissioni, licenziamento o pensionamento, il lavoratore ha diritto a percepire il TFR, acronimo di trattamento di fine rapporto, conosciuto anche come liquidazione o buona uscita.

Il metodo per effettuare il calcolo del TFR è previsto dall’articolo 2120 del codice civile che prevede quanto segue:

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’art. 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti dal trattamento di fine rapporto.

Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione

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