Inflazione al 3%, occupazione solida e consumi vivaci smentiscono l’idea di un’economia fragile. Tagliare i tassi di interesse oggi significherebbe sacrificare la credibilità della banca centrale.
Negli ultimi mesi il dibattito economico negli Stati Uniti si è acceso attorno a un quesito cruciale: la Federal Reserve deve dare ascolto ai segnali di fragilità percepita dai cittadini o seguire i dati concreti che mostrano un’economia ancora robusta?
La narrazione prevalente, alimentata da sondaggi sulla fiducia dei consumatori e da indagini qualitative, descrive un Paese stremato da prezzi alti, tassi elevati e difficoltà a trovare lavoro. Questi indicatori “soft” hanno spinto parte del mercato a chiedere un taglio dei tassi di interesse, nella convinzione che ciò possa alleviare le difficoltà quotidiane delle famiglie.
Ma i numeri duri raccontano una storia diversa. Il Pil cresce a pieno potenziale, l’inflazione si è stabilizzata al 3% e la disoccupazione resta ai minimi storici, praticamente invariata da un anno. Anche il reddito da lavoro — misurato come “available aggregate labour income” — aumenta del 4-5% annuo, un ritmo che indica una base salariale solida.
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