Tassa minima sulle multinazionali più vicina grazie all’Irlanda

Violetta Silvestri

8 Ottobre 2021 - 10:36

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La tassa minima sulle multinazionali, che promette di rivoluzionare il sistema fiscale globale, fa un ulteriore passo in avanti. Con l’approvazione dell’Irlanda, la tassazione è più vicina: i motivi.

Tassa minima sulle multinazionali più vicina grazie all’Irlanda

La minum tax, tassa minima globale sulle multinazionali, torna in primo piano mentre si avvicina la data dell’incontro G20 a Roma (30-31 ottobre) che potrebbe sancirne l’approvazione tra le potenze mondiali.

L’Irlanda ha deciso di firmare l’accordo, fino a questo momento osteggiato poiché costringerà la nazione ad aumentare l’aliquota in vigore per le multinazionali operanti sul suo territorio.

Il via libera di Dublino è un fatto nuovo e importante per il piano mondiale contro l’evasione fiscale e a favore di una armonizzazione delle regole di tassazione a livello globale.

Perché l’Irlanda gioca un ruolo chiave sulla minum tax e quali ostacoli deve ancora affrontare la proposta di una tassa minima sulle multinazionali per diventare realtà? Il punto sul tema.

Minum tax: l’Irlanda dice sì. Perché è una novità importante

L’Irlanda ha deciso di firmare l’accordo globale che porterà l’aliquota dell’imposta sulle società al 15%, segnando un enorme cambiamento nella sua politica.

La nazione irlandese, con aliquota al 12,5% sulle società, ha una delle tassazioni più interessanti e basse per le aziende, tanto che diverse multinazionali statunitensi l’hanno scelta come luogo preferito per dichiarare i profitti.

Questa percentuale è stata a lungo difesa dai Governi dell’Irlanda, sostenendo che fosse uno strumento per attirare le imprese verso una piccola economia. La nazione si opponeva, quindi, al progetto di minum tax mondiale.

Il Dipartimento delle finanze irlandese ha stimato che l’adesione a questo accordo globale ridurrebbe il prelievo fiscale del Paese di 2 miliardi di euro all’anno.

Il sì di Dublino al compromesso su un’aliquota comune al 15% è stato quindi festeggiato come un passo concreto verso l’approvazione finale.

Da ricordare, che le nazioni del G-7 e del G-20 hanno concordato all’inizio di questa estate di unire le forze cambiare il sistema fiscale mondiale.

Il piano, se attuato, obbligherebbe le multinazionali a pagare le tasse dove operano – non solo dove hanno la loro sede – e imporrebbe un’aliquota aziendale minima del 15%.

I nodi da sciogliere sulla tassa minima globale

In attesa del G20 di Roma di fine ottobre, appuntamento cruciale per l’approvazione dello storico accordo mondiale sulla minum tax, i nodi sulla tassazione non sono tutti sciolti.

Gli USA premono affinché il via libera all’aliquota del 15% globale metta fine alle tassazioni sui giganti del web in vigore in alcuni Stati.

Un ostacolo arriva anche dall’UE, che ha bisogno dell’unanimità dei 27 Stati membri per trasformare l’accordo in diritto comune, e l’Ungheria si oppone ancora.

La nazione dell’Est, che ha un’aliquota fiscale del 9%, sta premendo per maggiori agevolazioni e per ora non ha dato il suo appoggio.

Infine, un’ultima area di contesa riguarda la percentuale dei profitti delle multinazionali che possono essere tassati nei Paesi in cui operano.

La bozza di accordo di luglio prevede un range dal 20 al 30%. Gli Stati che ospitano molte sedi aziendali vogliono il minimo, mentre i Paesi in via di sviluppo spingono per il 30%.

La minum tax avanza ma ha ancora bisogno di risolvere alcuni problemi per diventare la rivoluzione fiscale promessa.

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