Superbonus, cessione dei crediti e sconto in fattura devono tornare subito: perché, come e per chi

Stefano Rizzuti

23/02/2023

23/02/2023 - 11:36

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Leonardo Becchetti, professore di Economia politica a Tor Vergata, spiega a Money.it perché cessione del credito e sconto in fattura per il Superbonus devono tornare subito e come lo si può fare.

Superbonus, cessione dei crediti e sconto in fattura devono tornare subito: perché, come e per chi

La partita del Superbonus e della cessione dei crediti per i bonus edilizi non è di certo finita qui. E non potrebbe essere altrimenti, perché la questione va risolta al più presto e lo sa anche il governo. Una possibile soluzione prova a individuarla Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica all’università Tor Vergata di Roma.

Intervistato da Money.it, Becchetti spiega che il governo Meloni ha dovuto tirare il freno d’emergenza bloccando la cessione del credito e lo sconto in fattura, ma ora bisogna farli ripartire per gli incapienti e chi ha redditi medio-bassi: la soluzione, sottolinea, è fissare un tetto di spesa massimo, per esempio 5 miliardi l’anno.

Secondo il professore con questo meccanismo il condominio delibera i lavori e poi l’amministratore farà domanda, attraverso un sito del governo: se ci saranno ancora i soldi disponibili verranno finanziati per l’anno in corso, altrimenti si passa a quello successivo. Infine, sottolinea Becchetti, la cessione del credito e lo sconto in fattura sono fondamentali anche in vista dell’applicazione della direttiva Ue sulle case green.

Il governo ha fatto bene a eliminare la cessione dei crediti?

È come se il governo avesse tirato il treno di emergenza di un treno in corsa e a rischio deragliamento. Il deragliamento era collegato a una spesa pubblica senza un tetto e un limite e all’ingolfamento del mercato della cessione dei crediti d’imposta con le ditte cariche di crediti ben oltre la loro capienza fiscale (si parla di 15-20 miliardi in aggregato) e i potenziali soggetti a cui vendere che avevano dichiarato che i loro cassetti fiscali erano pieni. Ora deve però il governo progettare come farlo ripartire perché tirare il freno d’emergenza è una misura drastica e non una strategia di lungo periodo.

Era davvero inevitabile, come sostiene il governo, o c’erano altre vie d’uscita?

Ripeto può valere come tirata di freno di emergenza ma ora bisogna far ripartire il treno. E per farlo è necessario rimuovere i vizi di origine che erano due. Il 110%, ovvero fissare una soglia superiore al 100 (anche considerando il valore attuale dei crediti d’imposta scontati in cinque anni che era comunque superiore a 100) per evitare collusioni tra clienti e ditte a prezzi gonfiati. Il secondo problema è che non è stato fissato all’inizio un tetto di spesa pubblica massimo per il provvedimento

Realisticamente, c’è la possibilità che la cessione del credito venga nuovamente sbloccata e avrebbe senso farlo almeno per chi ha redditi più bassi?

A mio avviso la si deve sbloccare perché quello è il modo per far accedere ai lavori gli incapienti o le famiglie a basso e medio reddito che non anticiperebbero grandi somme per i lavori. Se per i prossimi anni si fissa un tetto di spesa poliennale (ad esempio 5 miliardi l’anno) di fondi pubblici da destinare ai bonus edilizi il problema della cessione del credito d’imposta non si pone e si può ripristinare.

Lo stop alla cessione del credito può rappresentare la fine di Superbonus e bonus edilizi o cambierà poco restando la detrazione?

Se si mantiene il credito d’imposta gran parte degli interventi si blocca perché il “treno” non può camminare col freno tirato. Come dicevo sopra faranno i lavori solo i condomini dove si decide di anticipare somme importanti che rientreranno nell’arco di più anni come risparmio nelle tasse pagate.

C’è il rischio, soprattutto per il Superbonus, che i bonus vengano usufruiti solamente da chi è più avvantaggiato economicamente?

Esatto. Per questo la percorrenza normale del treno deve essere quella di un tetto di spesa e del ripristino della cessione dei crediti d’imposta. Per capirci, a regime il governo mette in palio 5 miliardi l’anno. Il condominio delibera per i lavori e l’amministratore va sul sito del governo a fare domanda. Se per quell’anno il totale della spesa dello stato nel bonus è al di sotto dei 5 miliardi e non si sfora con quell’intervento l’intervento può essere finanziato. Altrimenti si aspetta il plafond dell’anno successivo.

Quali saranno le conseguenze di questo stop per tutto il sistema edilizio italiano: questa decisione può pesare anche sugli obiettivi da conseguire per la direttiva Ue sulle case green?

Il motivo per cui il treno deve ripartire è anche quello. Il solo annuncio della direttiva Ue sulle case green (pur nell’incertezza, a oggi, di quale sarà la sua configurazione definitiva) ha fatto cadere sensibilmente il valore di mercato degli edifici nelle classi energetiche più basse (come la G dove si trova circa un terzo dei nostri edifici). I lavori servono a recuperare quel valore di mercato e diminuiranno sensibilmente le spese di riscaldamento. Dunque generano un vantaggio economico importante. A costo però di un esborso immediato considerevole a meno che non si ripristini la cessione del credito d’imposta. Che è quindi necessaria per consentire agli italiani di riaccedere a questi benefici.

La scelta del governo può essere un primo passo verso un bonus casa unico che comprenda tutte le agevolazioni per i lavori edilizi?

I bonus non devono e non possono essere unici perché ogni tipo di intervento ha la sua efficacia in termini di efficientamento energetico e dunque deve avere il suo premio fiscale e il suo massimale sulla spesa per singolo intervento. Ripeto ancora: usciamo dall’impasse se nel futuro combiniamo tetto di spesa aggregata dello stato con ripristino della cessione del credito d’imposta. E se troviamo la soluzione per i 15-20 miliardi di crediti d’imposta incaglianti nelle mani delle ditte. Per quelli gli F24 delle banche o i cassetti fiscali di alcune grandi partecipate possono risolvere il problema.

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