Le conseguenze dello stop alla cessione del credito con il ritorno alla detrazione d’imposta

Patrizia Del Pidio

22 Febbraio 2023 - 07:30

condividi

Con lo stop alla cessione del credito si torna alla detrazione d’imposta che però non da tutti è fruibile e non per tutti è conveniente.

Le conseguenze dello stop alla cessione del credito con il ritorno alla detrazione d’imposta

La decisione del governo Meloni di bloccare la cessione del credito e lo sconto in fattura per i lavori non ancora avviati non riguarda solo il Superbonus. Sicuramente su quest’ultima agevolazione lo stop avrà un impatto maggiore, visto che un condominio che non ha ancora depositato la Cilas non potrà più fruire né della cessione del credito né dello sconto in fattura.

Si dovrà tornare al “vecchio metodo” delle detrazioni sul modello 730 o sul modello Redditi PF, ma ovviamente è meno conveniente visto che si ottiene la detrazione non immediatamente. Se ne può fruire in 4 quote annuali di pari importo, ma intanto si deve anticipare il costo dei lavori. E proprio questo metterà un freno a quanti desideravano fruirne.

Perché, se da un lato lo sconto è sempre lo stesso (anche se il superbonus passa dal 110% al 90% per il 2023), un conto è non pagare nulla e cedere il credito alla ditta edile o alla banca e un conto è anticipare il costo dei lavori e recuperarli, laddove possibile, in diversi anni.

Senza contare che ci sono alcune categorie di cittadini che sono tagliate fuori dal poter godere dei bonus edilizi senza la cessione del credito e lo sconto in fattura. Come gli incapienti e i contribuenti che hanno aperto una partita Iva nel regime forfettario.

Non solo Superbonus, ma anche altre agevolazioni edilizie

La decisione del governo Meloni, però, non riguarda solo il superbonus ma anche tutti gli altri bonus edilizia che senza la cessione del credito diventano difficilmente fruibili.

Una decisione che è stata giustificata nell’interesse dei conti pubblici che vanno tutelati dal gran numero di crediti di bonus edilizi.

Si salvano dalla decisione colo coloro che hanno presentato la documentazione necessaria per avviare i lavoro e quelli che li hanno già avviati. Per tutti gli altri si torna alle detrazioni di imposta pagando i lavori di tasca propria e attendendo la detrazione annuale che arriva con la dichiarazione dei redditi.

La conseguenza, come è facilmente intuibile, è che moltissimi proprietari di appartamenti e immobili, eviteranno i lavori perché per recuperare la spesa impiegherebbero diversi anni. E soprattutto con la crisi economica che l’Italia sta vivendo, non tutti se lo possono permettere.

Le cessioni del credito cancellate riguarderanno anche i lavori antisismici effettuate sulle parti comuni del codominio ma anche quelle realizzate nei Comuni che ricadono nelle aree ad alto rischio sismico.

L’alternativa è la detrazione di imposta, ma non tutti ne possono fruire

Anche per altri bonus la stessa sorte: il bonus ristrutturazione al 50% finisce la possibilità di poter cedere il credito o chiedere lo sconto in fattura per i lavori di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione o di restauro. Stessa sorte tocca all’ecobonus le cui detrazioni vanno dal 50 al 65%, ma possono arrivare, in alcuni casi anche all’85%. E al sismabonus, con detrazioni al 90%.

L’alternativa che resta è quella della detrazione d’imposta che non sempre è la scelta migliore. Non solo perché non tutti i cittadini ne possono beneficiare. Ma anche e soprattutto perché bisogna fare i conti con la capienza fiscale.

Se la detrazione annuale è molto alta (e con lavori di efficientamento energetico, ristrutturazione o con il superbonus il rischio che lo sia è abbastanza concreto) si può incorrere nel pericolo che sia più alta dell’imposta dovuta con il rischio di perdere, anche, parte del beneficio spettante. Un rischio che corre soprattutto chi ha un reddito medio basso, le famiglie monoreddito e chi ha già detrazioni molto alte da scontare dall’Irpef.

Senza contare che la detrazione d’imposta taglia fuori dai bonus edilizi una larga fetta di cittadini. Dagli incapienti, che non hanno Irpef da cui poter detrarre le spese, ai contribuenti forfettari che, pagando un imposta sostitutiva all’Irpef, non hanno diritto alle detrazioni.

Anche se, per quel che riguarda gli incapienti il Governo potrebbe prevedere una norma apposita. In tal senso, infatti, proprio per questa categoria le porte della cessione del credito potrebbero riaprirsi ma per averne certezza bisognerà attendere la conversione in legge del Decreto del 16 febbraio 2023, che inizialmente li escludeva.

Iscriviti a Money.it