Stop aumenti in busta paga, la riforma fiscale è un bluff: chi rischia uno stipendio più basso

Simone Micocci

15 Marzo 2023 - 10:12

condividi

Ma quali aumenti: alcuni stipendi rischiano persino di essere più bassi con la riforma fiscale. I sindacati non ci stanno e minacciano il governo con una mobilitazione generale.

Stop aumenti in busta paga, la riforma fiscale è un bluff: chi rischia uno stipendio più basso

In queste settimane ci siamo più volte soffermati sulla riforma fiscale che il governo ha in programma di approvare a breve (ma verrà attuata per gradi) in quanto dalle novità in materia di Irpef ne potrebbe risultare un aumento dello stipendio netto per la generalità dei lavoratori.

Tuttavia, stando al parere dei sindacati, non sarà così. Le parti sociali, dopo essersi confrontate con il governo a pochi giorni dall’arrivo in Consiglio dei ministri della legge delega sulla riforma fiscale, hanno infatti manifestato il proprio disappunto tanto per il metodo quanto per il merito.

Se da una parte i sindacati hanno contestato il governo per essere stati chiamati con poche ore di anticipo rispetto alla data in cui è in programma l’approvazione del provvedimento, dall’altra bocciano l’intero impianto della riforma fiscale ritenendo che con la revisione delle aliquote Irpef, che al contempo porterà a una modifica delle detrazioni e probabilmente l’addio al trattamento integrativo (bonus Renzi), verranno favoriti solamente i redditi più elevati.

Tant’è che hanno minacciato una mobilitazione unitaria laddove il governo non dovesse modificare la riforma fiscale a tal punto da tutelare anche i redditi più bassi.

La riforma fiscale è un bluff?

L’intenzione dichiarata del governo Meloni è di rivedere le aliquote Irpef passando da 4 a 3 scaglioni. A tal proposito, ci sono diverse opzioni possibili e per ognuna di queste vi è una fascia di reddito che ne beneficia più di altre.

Ad esempio, l’opzione che sembra essere la preferita dell’Esecutivo prevede che il primo scaglione - fino a 15.000 euro con il 23% d’imposta - così come il quarto - sopra i 50.000 euro con il 43% d’imposta - restino uguali, mentre il secondo (da 15mila a 28mila euro con Irpef del 25%) e il terzo (da 28mila a 50mila euro con aliquota del 35%) verrebbero accorpati in un’unica fascia con aliquota del 27%.

In questo modo a beneficiare della revisione delle aliquote Irpef sarebbero perlopiù i redditi compresi tra i 28 e i 50.000 euro, mentre al di sotto dei 28.000 euro c’è persino il rischio di pagare di più. Anche perché nel frattempo alcune agevolazioni per i redditi più bassi, vedi il trattamento integrativo da 100 euro per chi guadagna meno di 15.000 euro, potrebbero essere cancellati.

Molto probabilmente è a questa soluzione che riferiscono i sindacati quando parlano di riforma fiscale che “favorisce solamente i ricchi”,

Per la Cgil ha preso parte all’incontro Gianna Fracassi, vice segretaria generale (Maurizio Landini era a Rimini in vista del congresso), la quale ha dichiarato che le parti sociali non concordano né sulla riduzione Irpef - “perché va a favorire i redditi alti e altissimi” - né sulla flat tax, l’aliquota uguale per tutti a cui il governo vuole arrivare entro il termine della legislatura, in quanto “è fuori dalla dimensione della progressività prevista dalla Costituzione”.

Tant’è che, specialmente se non dovessero arrivare risposte anche su altri tavoli aperti, vedi ad esempio quello sulle pensioni, i sindacati minacciano la mobilitazione generale. Da parte sua l’Esecutivo garantisce “la massima apertura al dialogo e al confronto”, ricordando ai sindacati che domani verrà approvata solamente una legge delega, senza quindi decisioni vincolanti. E a tal proposito promette un maggior coinvolgimento per tutto l’iter parlamentare di approvazione della delega in oggetto, nonché dei successivi decreti attuativi (considerando un arco temporale piuttosto lungo, fino a due anni).

Chi rischia di guadagnare meno con la riforma fiscale

Effettivamente se dovesse essere la suddetta opzione quella prescelta per la riforma delle aliquote Irpef gli aumenti di stipendio potrebbero essere limitati a poche persone.

Nel dettaglio, passando da quattro scaglioni - 23%, 25%, 35% e 43% - a tre - 23%, 27% e 43%, ne risulterebbe un aumento dell’imposta, e di conseguenza un netto persino più basso rispetto a oggi, per i redditi al di sotto dei 35.000 euro.

Reddito Irpef con le aliquota attuali Prima ipotesi di riforma IrpefDifferenza
18.000 4.200 4.290 90
20.000 4.700 4.850 150
25.000 5.950 6.250 300
30.000 7.400 7.650 250
35.000 9.150 9.050 -100
50.000 14.400 13.250 -1.150

E come si può notare dalla tabella, il vero guadagno ci sarebbe in prossimità di un reddito di 50.000 euro. Vero che nel contempo potrebbero essere riviste le detrazioni, come pure essere introdotte le deduzioni sui costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività lavorativa, così da ridurre l’imposta dovuta, ma potrebbe non essere sufficiente per garantire un considerevole taglio del cuneo fiscale per i redditi più bassi.

A oggi, quindi, la riforma fiscale rischia di essere un bluff per coloro che non guadagnano cifre elevate e speravano in un taglio delle tasse per avere un netto più alto: i sindacati però promettono di vigilare, facendo sì che a beneficiare della riforma siano - chi più e chi meno - tutti i lavoratori.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO