Split payment: effetti giuridici ed economici sulle imprese

Francesco Oliva

2 Ottobre 2017 - 08:00

Quali sono gli effetti economici e giuridici prodotti dallo split payment IVA sul sistema imprenditoriale?

Split payment: effetti giuridici ed economici sulle imprese

Lo split payment IVA è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano dall’articolo 1, comma 629, lettera b), della Legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) che ha introdotto a sua volta il nuovo articolo 17-ter del d.p.r. 633/1972 .

Sulla base di questa previsione normativa, le pubbliche amministrazioni e - a partire dal 1° luglio 2017 - le società controllate e/o quotate devono versare direttamente allo Stato l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata dai loro fornitori. E ciò ancorché si tratti di soggetti che non rivestono la qualità di soggetto passivo dell’IVA.

Proviamo in questa sede a sviluppare qualche ragionamento in ordine agli effetti economici e giuridici che la scissione dei pagamenti produce in via immediata sulle imprese, con particolare riferimento ai fornitori dei soggetti destinatari dello split payment.

Split payment IVA: effetti economici e cash flow aziendale

Dal punto di vista economico non si può non sottolineare come la maggiore critica che professionisti ed imprese abbiano mosso sin dal 2015 nei confronti dello split payment IVA sia di natura finanziaria: i minori incassi IVA ed il conseguente incremento potenziale delle situazioni di credito IVA.

Il meccanismo dello split payment, infatti, determina come conseguenza inevitabile l’alterazione del cash flow aziendale. In altre parole, le imprese che operano nei confronti della Pubblica Amministrazione e delle società controllate e/o quotate non incassano più l’IVA sulle operazioni attive, ma soprattutto vedono incrementare notevolmente il loro credito IVA.

Questa circostanza si aggrava con la riforma introdotta dal DL 50/2017 che allarga l’ambito soggettivo di applicazione della normativa in oggetto.

Una categoria particolarmente interessata è quella dei professionisti, che di fatto si vede operare una doppia ritenuta:

  • la prima a titolo di acconto Irpef pari al 20% sul compenso;
  • la seconda relativamente all’IVA non incassata che viene versata direttamente all’Erario dal committente.

Al fine di ridurre questa criticità, il legislatore ha previsto l’estensione soggettiva dell’articolo 38-bis, c. 10, del d.p.r. 633/1972 che prevede soggetti e procedura di rimborso dell’IVA in via prioritaria.

Nonostante questo, tuttavia, la questione finanziaria rimane un’incognita significativa per la stabilità del nostro tessuto produttivo.

Si pensi, per provare a dare una quantificazione numerica della situazione che si è venuta a creare, ai dati forniti dalla CNA nello scorso mese di maggio. Secondo la ricerca condotta da Claudio Carpentieri, responsabile politiche fiscali e societarie CNA:

La nuova normativa sullo split payment determinerà problemi finanziari notevoli ad ulteriori 310.000 piccole imprese, in aggiunta alle 2 milioni di imprese che, lavorando con la Pubblica Amministrazione, hanno già sperimentato lo split payment dal 2015. Per le imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, il vero problema sarà costituito dai minori incassi di IVA che, a regime nel 2018, ammonteranno a complessivi 15,8 miliardi. Ciò comporterà, sempre secondo i dati elaborati dal centro studi CNA, un minore incasso di IVA nel corso del 2018 pari a 5,3 miliardi di euro...che potrà essere recuperata tramite istanza di rimborso ovvero compensazione orizzontale nel modello F24”.

Split payment IVA: effetti giuridici sulle imprese e meccanismo dell’IVA differita

I soggetti passivi IVA che intrattengono rapporti commerciali con la P.A. sono naturalmente soggetti al regime dell’IVA differita - nota anche come IVA in sospensione o IVA sospesa - di cui all’articolo 6, comma 5, del d.p.r. 633/1972.

La ratio di tale norma è quella di consentire all’imprenditore di non anticipare il versamento dell’IVA a debito sulle fatture emesse agli enti della Pubblica Amministrazione, soprattutto in ragione dei tempi medi di pagamento notoriamente molto lunghi degli stessi (ancorché negli ultimi anni la situazione sia lievemente migliorata).

Il riferimento normativo in questo caso è l’articolo 6, comma 5, del d.p.r. 633/1972:

per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi …. fatte allo Stato, agli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali e ai consorzi tra essi costituiti …. alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a quelli di previdenza, l’imposta diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi, salva la facoltà di applicare le disposizioni del primo periodo

Tale regime di applicazione dell’imposta è stato sacrificato nel corso degli ultimi anni a favore degli strumenti anti evasione fiscale introdotti dal legislatore: il reverse charge e lo split payment.

Di conseguenza, oggi i soggetti passivi IVA che operano con la Pubblica Amministrazione si troveranno a dover applicare, esattamente nell’ordine in cui sono elencate, le seguenti quattro metodologie di applicazione dell’imposta:

  • il reverse charge IVA;
  • lo split payment;
  • il regime IVA ad esigibilità differita;
  • il regime IVA ordinario ovvero l’esigibilità IVA nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate.

Quindi, qualora un soggetto passiva IVA debba effettuare un’operazione di cessione o prestazione verso un ente dello Stato, occorre valutare quale dei quattro istituti sopra elencati vada applicato.

Qualora l’operazione considerata rientri nel perimetro di applicazione del reverse charge IVA (articolo 17 c. 5-6 d.p.r. 633/1972) allora non potrà essere applicato lo split payment. Si dovrà applicare l’inversione contabile, sia essa “interna” che “intracomunitaria”. Qualora, invece, non potesse essere applicato il reverse allora si applicherà il meccanismo della scissione dei pagamenti.
Il regime IVA ad esigibilità differita e quello ordinario non potranno essere applicati alle operazioni oggi soggette a split payment almeno fino al prossimo 30 giugno 2020, termine di scadenza della deroga concessa dall’UE al nostro Paese per poter applicare questa particolare procedura di determinazione dell’imposta sul valore aggiunto.

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