Spettano i buoni pasto con il lavoro part-time? Guida alle nuove regole

Simone Micocci

12 Agosto 2025 - 15:01

Le nuove regole estendono i buoni pasto anche ai lavoratori part-time, ma nessuno ci ha fatto caso. Ecco cosa c’è da sapere.

Spettano i buoni pasto con il lavoro part-time? Guida alle nuove regole

La comune associazione tra i buoni pasto e la pausa pranzo ha motivato per anni la negazione dei ticket ai lavoratori part-time, dal momento che questi hanno generalmente il tempo per consumare i pasti fuori dall’orario di lavoro. In realtà, le nuove regole non prevedono un rigido collegamento tra la pausa pranzo (o cena che sia) e ticket, come recentemente chiarito dall’Agenzia delle entrate.

Quest’ultima è infatti tornata più volte sull’argomento, nel tentativo di porre fine alla confusione che da anni riguarda l’argomento.

I chiarimenti dell’Agenzia delle entrate non trattano la materia legislativa, ovviamente, bensì l’esenzione fiscale e contributiva parziale che spetta sui ticket, i quali devono avere ben precisi requisiti. Nonostante ciò, gli interpelli del Fisco rappresentano il punto di riferimento principale sulla materia, che non è più regolata nello specifico dalle normative.

Spettano i buoni pasto con il lavoro part-time

Molti lavoratori e anche diversi datori di lavoro, purtroppo, ritengono erroneamente che i buoni pasto non possano essere erogati a chi lavora part-time. Non si tratta soltanto di un fraintendimento, perché un decreto del ministero dello Sviluppo economico - il n. 122/2017 - aveva di fatto cementato la relazione tra i ticket e la pausa pranzo, considerando i buoni alla stregua di una sostituzione del servizio di mensa. Il decreto in questione, tuttavia, è stato abrogato dal Codice degli appalti del 2023, pertanto non esiste più alcuna fonte che leghi i buoni pasto alla pausa pranzo.

L’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che tratta della determinazione del reddito del lavoro dipendente cita i buoni pasto, o meglio le “prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto” determinando in quali casi non concorrono al reddito, ma non cita affatto l’orario di lavoro o la pausa pranzo.

Ecco perché, secondo la regola generale, i buoni pasto spettano anche ai dipendenti part-time in assenza di disposizioni che lo vietano. Questa stessa interpretazione è condivisa anche dall’Agenzia delle entrate, che in diverse risposte a interpelli ha cancellato ogni collegamento tra l’orario di lavoro del dipendente e le modalità.

La risposta n.123/2001 chiarisce proprio che spetta l’esenzione sui buoni pasto “indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Si può quindi desumere con certezza che i buoni pasto possono spettare anche ai lavoratori part-time, come pure ai dipendenti in smartworking. A tal proposito è però necessario che l’azienda scelga di erogare i ticket.

Le regole sui buoni pasto ai lavoratori part-time

La mancanza di vincoli rispetto all’articolazione dell’orario lavorativo per la disciplina dei buoni pasto è possibile anche perché la legge non obbliga mai il datore di lavoro a concederli. A dispetto della convinzione comune, non esiste un vero e proprio diritto ai ticket, che corrispondono a tutti gli effetti a un benefit aziendale.

La legge impone delle pause per consumare i pasti, ma non obbliga le aziende a occuparsi del servizio mensa o dei ticket che lo sostituiscono. Anche per questo motivo, peraltro, il personale può spendere i ticket con una certa discrezionalità, per esempio pagando la spesa per casa anziché il pasto consumato al lavoro. Il datore di lavoro che intende concedere i buoni pasto, tuttavia, può usufruire dell’esenzione soltanto rispettando alcuni requisiti:

  • un importo massimo di 4 euro per i buoni cartacei e 8 euro per quelli elettronici;
  • l’impossibilità di convertire i buoni pasto in denaro,
  • l’erogazione dei buoni pasto a tutto il personale o quanto meno a categorie omogenee.

Alle stesse condizioni, infatti, i ticket non sono considerati nel reddito del lavoratore dipendente. Quest’ultimo deve comunque far riferimento al contratto individuale e soprattutto al Ccnl di riferimento. La contrattazione collettiva, infatti, può disciplinare con maggiore precisione l’erogazione dei ticket, stabilendo a chi spettano anche in relazione al monte ore complessivo e all’articolazione dell’orario di lavoro.

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