Spende €33.780 per le app del figlio. Padre perde la causa contro Google

Ilena D’Errico

21 Ottobre 2025 - 21:59

Quest’uomo ha perso ben 33.780 euro per gli acquisti in app che il figlio ha fatto sul tablet, ma nemmeno in tribunale ha ottenuto il rimborso da Google.

Spende €33.780 per le app del figlio. Padre perde la causa contro Google

Una recente vicenda legale fa discutere enormemente, toccando temi di grande interesse collettivo. Il protagonista è un padre tedesco, che come molti ha spesso lasciato il tablet al figlio affinché giocasse. Peccato che quest’ultimo non ha soltanto rifiutato qualche chiamata o riempito la memoria di giochi, ma ha anche speso la bellezza di 33.780 euro. Quando l’adulto se n’è accorto è stato troppo tardi, visto che ha perso la causa contro Google, da cui pretendeva la restituzione.

I bambini non dovrebbero utilizzare gli smartphone e i tablet senza supervisione, ma ciò non significa che non accada e che abbia sempre conseguenze disastrose. Molti genitori, però, pagano subito lo scotto di questa distrazione, quando si accorgono degli acquisti fatti dal proprio figlio a loro insaputa. Un tempo c’erano i vari abbonamenti e l’uso di internet a pagamento, oggi tutti gli extra di app e giochi, ma poco cambia. Il rischio di trovare un addebito improvviso è sempre dietro l’angolo quando i più giovani usano il telefono dei genitori senza controllo parentale o impostazioni apposite.

Sarebbe quindi opportuno conoscere adeguatamente non soltanto gli strumenti tecnologici, per prevenire il problema, ma anche i propri diritti e doveri dal punto di vista legale. Altrimenti, le sorprese si fanno ancora meno piacevoli.

Il figlio spende 33.780 euro per le app ma perde la causa con Google

Ricapitoliamo i punti salienti di questa vicenda, anche se sono piuttosto comuni. Il protagonista è un padre tedesco che lasciava il tablet al figlio di 7 anni per giocare, senza controllare effettivamente cosa facesse e senza impostare alcun controllo. Di fatto, oggi è possibile applicare limiti per i minori su qualsiasi apparecchio e impedire gli acquisti, indipendentemente dal sistema operativo.

Ovviamente, ciò non è stato fatto e il bambino ha continuato a usare le applicazioni completando numerosi acquisti, accumulando in quasi 2 anni una spesa complessiva di 33.780 euro. Da quanto si apprende, non ci sono neanche stati acquisti importanti dal punto di vista economico. Le transazioni sono migliaia e spaziano da un minimo di 99 centesimi a poco più di 100 euro.

Il problema è che le spese si sono susseguite per ben 20 mesi prima che il padre si accorgesse degli addebiti sulla propria carta di credito, collegata all’account su Play Store, decidendo di intentare una causa contro Google. L’uomo ha provato così a ottenere la restituzione dell’intero importo, ma l’azienda ha continuato a negare il rimborso ottenendo poi ragione in tribunale.

I giudici hanno infatti considerato che l’uomo avesse avuto tutto il modo e il tempo per prevenire gli addebiti e fermarli, ma soprattutto che avendo fornito il cellulare al figlio senza blocchi o supervisione fosse comunque responsabile degli acquisti. Un esito preoccupante, ma che comunque riguarda la Germania. In Italia le cose sarebbero andate diversamente.

Cosa prevede la legge

In Italia si gode di una migliore tutela da questo punto di vista, anche se questo chiaramente non significa poter evitare ogni controllo. La prevenzione è fondamentale per assicurare che i più piccoli utilizzino i dispositivi elettronici in sicurezza, ma vale la pena sapere che se compiono degli acquisti è possibile tutelarsi. Nell’ordinamento italiano i minori non possono compiere atti giuridici, quindi nessuna compravendita, fatta eccezione per gli acquisti di modesta entità per i beni di prima necessità.

Nessuno chiede la presenza di un genitore per consentire a un minorenne di comprare un biglietto dell’autobus o un panino, per esempio. Ma per tutte le spese sproporzionate, se il minore non ha ingannato sulla propria età si considera incapace e pertanto i genitori possono chiedere l’annullamento e il rimborso (entro 5 anni). Di conseguenza, un simile caso avrebbe avuto un esito molto diverso nel nostro Paese.

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