Se vuoi lavorare per meno ore a settimana questa è la buona notizia che aspettavi

Simone Micocci

8 Aprile 2024 - 11:48

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La settimana corta arriva in Parlamento: dalle opposizioni le prime proposte per favorire la riduzione dell’orario di lavoro.

Se vuoi lavorare per meno ore a settimana questa è la buona notizia che aspettavi

Mentre molte aziende del settore privato hanno scelto di valutare la possibilità di introdurre la formula della settimana corta anche in Italia, con la possibilità quindi che anche il venerdì sia un giorno di riposo, in Parlamento si comincia finalmente a parlare di riduzione dell’orario di lavoro.

Per quanto sembra essere ancora presto per un intervento legislativo, anche perché dal Centrodestra non sono arrivate proposte in merito, il fatto che sempre più Paesi in Europa e nel mondo abbiano iniziato a considerare più concretamente la possibilità di introdurre la settimana corta ha comportato una crescita dell’attenzione rispetto a questo tema.

Tra i partiti che hanno iniziato ad avanzare proposte sulla riduzione della settimana corta ci sono anche i due più rappresentativi dell’opposizione, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Ma non basta per aspettarci novità nell’immediato, d’altronde lo abbiamo visto con il salario minimo: nonostante l’opposizione abbia fatto fronte comune non è stato sufficiente per avere un’apertura da parte del governo.

La settimana corta arriva in Parlamento

Per quanto sia importante non farci illusioni in merito, l’inizio delle discussioni in Parlamento sulla settimana corta rappresenta comunque una buona notizia per chi spera in futuro di lavorare per meno ore mantenendo lo stesso stipendio.

La speranza, infatti, è che dalle discussioni possa emergere una proposta comune volta a far sì che l’Italia possa stare al passo con i tempi, come tra l’altro stanno facendo altri Paesi in Europa e nel Mondo, come pure diverse aziende del settore privato.

D’altronde, a differenza del salario minimo, per quanto riguarda la settimana corta la posizione del Governo non sembra essere così contraria come invece si potrebbe pensare.

Tuttavia, come anticipato, al momento ad avanzare proposte sul tema sono state solamente le opposizioni. Più concreto il Movimento 5 Stelle che con una proposta di legge incardinata alla Commissione Lavoro della Camera individua un nuovo monte ore settimanale.

Cosa prevede la proposta del Movimento 5 Stelle

Come noto, attualmente una settimana lavorativa prevede 40 ore a settimana, solitamente distribuite tra il lunedì e il sabato, con la possibilità per i Contratti collettivi del lavoro di prevedere una riduzione dell’orario (e mai un incremento).

La proposta del Movimento 5 Stelle è di scendere a 32 ore, di fatto “tagliando” le 8 ore del sabato. Si potrebbe così lavorare per 8 ore al giorno distribuite su 4 giorni a settimana, senza però alcuno svantaggio lato economico per il lavoratore.

Tuttavia, la proposta non prevede un passaggio automatico dalle 40 alle 32 ore settimanali. Nel dettaglio, viene semplicemente riconosciuta ai sindacati, come pure ai datori di lavoro stessi, la possibilità di stipulare contratti per la riduzione dell’orario di lavoro nei termini suddetti. Richiesta che in alternativa può arrivare dal 20% dei lavoratori impiegati nell’impresa.

Vi è poi un incentivo: è riconosciuto un esonero del versamento dei contributi per la quota di retribuzione corrispondente alla riduzione dell’orario di lavoro, nel limite però di 8 mila euro l’anno. Lo stesso esonero è riconosciuto in favore delle assunzioni effettuate per far fronte alle esigenze aziendali in relazione alla riduzione dell’orario.

Cosa prevede la proposta del Partito Democratico

Meno concreto il Partito democratico che non riporta alcun numero nella sua proposta. Semplicemente viene previsto un aumento (di 100 milioni per il 2024, 200 milioni per 2025 e 2026) del Fondo nuove competenze utile a incentivare la sottoscrizione di contratti collettivi con i quali si definiscono i termini per sperimentare l’introduzione - progressiva - della riduzione dell’orario di lavoro anche su 4 giorni di lavoro a settimana.

Anche questi hanno previsto un incentivo, per quanto meno conveniente rispetto a quello indicato dal M5s. Nel dettaglio, per tutto il periodo di sperimentazione della riduzione dell’orario di lavoro scatta una riduzione del 30% della quota di contributi dovuti, il 40% nel caso degli usuranti.

Una proposta il cui primo firmatario è Arturo Scotto, capogruppo in Commissione Lavoro per il Partito Democratico, secondo il quale l’Italia non può rimandare il confronto su questo tema: “Tutta Europa va in questa direzione, non dobbiamo arrivare per l’ennesima volta in ritardo”.

Cosa prevede la proposta di Avs

Anche da Alleanza, Verdi e Sinistra (Avs) è arrivata una proposta per la riduzione dell’orario di lavoro.

Qui si legge che - con l’esclusione di alcuni settori - i contratti collettivi debbano ridurre l’orario medio settimanale portandolo a 34 ore, persino meno per chi svolge lavori usuranti. Vengono poi fissati dei paletti, come quello per cui una giornata di lavoro, compresa di straordinari, non può superare le 8 ore (40 ore, invece, la settimana). Di fatto, si possono fare al massimo 2 ore di straordinario ogni giorno e comunque non più di 6 ore a settimana. Inoltre, per ogni ora che supera le 6 ore di lavoro al giorno viene fissata una pausa di 15 minuti.

Per chi non rispetta queste regole scattano le sanzioni: 500 euro per ciascun lavoratore nel caso di violazione del diritto alla pausa, 1.000 euro per chi sfora negli straordinari o non garantisce un riposo di almeno 12 ore tra un turno e un altro.

Anche Avs prevede una rimodulazione delle aliquote a carico di quei datori di lavoro che riducono l’orario di almeno il 10%. Nel dettaglio, quanto più si “taglia” tanto si “risparmia”.

Cosa ne pensa il governo

Come anticipato, da parte della maggioranza non c’è quell’ostruzionismo che invece ha caratterizzato il dibattito sul salario minimo. Tuttavia, non c’è neppure quell’apertura che dall’opposizione auspicano.

Ad esempio, la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone riconosce che si tratta di un’opportunità, ma tuttavia ritiene che debbano essere le imprese a dover stipulare accordi di questo tipo nell’ottica di un percorso di welfare aziendale. Ergo, dal governo per il momento non ci saranno input a riguardo. Dello stesso parere il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, il quale ritiene che pur trattandosi di un tema attuale è importante prima di tutto aumentare la produttività delle aziende italiane.

Anche il presidente della Commissione Lavoro della Camera la pensa allo stesso modo, pur mantenendo la finestra socchiusa visto che promette di “valutare con molta attenzione il da farsi” nel prossimo ciclo di audizioni già calendarizzate.

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