Il salario minimo serve? Un terzo dei Ccnl prevede meno di 9 euro l’ora

Giorgia Bonamoneta

23 Luglio 2023 - 19:20

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Il salario minimo potrebbe non essere così tanto inutile come è stato recentemente raccontato. I risultati dello studio della Fondazione dei consulenti del lavoro lo dimostra. Ecco i risultati

Il salario minimo serve? Un terzo dei Ccnl prevede meno di 9 euro l’ora

La guerra contro il salario minimo è finita? L’apertura del governo Meloni al dialogo sembra cozzare con la presa di posizione contro la proposta di legge presentata dall’opposizione. Eppure i segnali su uno spazio sempre maggiore di dialogo sul salario minimo stanno aumentando.

È il caso dello studio della Fondazione dei consulenti del lavoro, emanazione dell’ordine presieduto per 18 anni dalla ministra Marina Elvira Calderone e alla cui guida c’è ora il marito Rosario De Luca. Da quello che doveva essere un studio contro il salario minimo (considerando l’inclinazione dell’ex presidente Calderone e il suo ferreo “no” al salario minimo), si è dimostrato invece un rapporto a favore dei 9 euro all’ora.

Infatti nell’analisi è emerso che oltre un terzo dei 61 principali contratti collettivi nazionali (firmati da Cgil, Cisl e Uil) prevede un salario inferiore a 9 euro l’ora. Altro che “salario minimo inutile e dannoso” per la contrattazione collettiva.

Lo studio di Fondazione dei consulenti del lavoro è un “ok” al salario minimo

Lo hanno definito effetto boomerang, come quando si lancia lo strumento in legno ma questo non colpisce l’avversario ma anzi torna indietro e fa vacillare chi il boomerang lo ha lanciato. Così lo studio della Fondazione, che puntava a dimostrare l’inutilità del salario minimo nel sistema della contrattazione collettiva in Italia, si è dimostrato essere un valido alleato per aprire il dialogo. Sulla stessa linea di Bankitalia lo studio dice che il salario minimo è tutto tranne che inutile.

Dallo studio la contrattazione collettiva ne esce malconcia, con 22 Ccnl su 61 che presentano una retribuzione inferiore ai 9 euro l’ora. Secondo le stime la retribuzione minima (comprensiva di quota Tfr, 13esima e 14esima) è inferiore a 8 euro l’ora in 4 Ccnl su 61 selezionati per l’analisi (coinvolto lo 0,9% dei lavorati del Ccnl). Tra gli 8 e gli 8,9 euro all’ora risultano invece 18 Ccnl su 61, per il 17,3% dei lavoratori interessati.

In totale, su una selezione dei Ccnl più rappresentativi (non la totalità), 22 su 61 non superano la retribuzione minima di 9 euro l’ora. Sono oltre 2 milioni i lavoratori poveri che non superano la soglia minima di retribuzione, ovvero che non hanno un lavoro dignitoso se confrontato con il costo della vita.

La Fondazione fa giustamente notare che i dati andrebbero presi per quello che sono, ovvero una parte del totale, ma soprattutto per difetto, visto che nel calcolo sono considerati anche i ratei di tredicesima ed eventuale quattordicesima e il Tfr, elementi del trattamento economico complessivo esclusi dalla soglia prevista nella proposta di legge di Pd, M5s, Avs e Azione, come ricorda Il Fatto Quotidiano.

Gli esempi dello studio: i Ccnl più rappresentativi

Alcuni settori sono piuttosto rappresentativi dello studio di Fondazione. Tra questi il settore socio-assistenziale (160 mila lavoratori) con un salario minimo di 8,6 euro tutto compreso, per un totale mensile di 1.100 euro. Ancora il settore agricolo e florovivaistico, con uno stipendio rispettivamente di 7,6-7 euro all’ora.

Ancora il settore del trasporto pubblico locale e dei servizi ambientali raggiunge una retribuzione oraria di 8,9 euro, mentre il settore pelli 8,8 euro l’ora e il settore tessile abbigliamento si ferma invece a 8,7 euro l’ora.

Il salario minimo è solo il primo passo verso un lavoro non povero e dignitoso. Il passo successivo è un maggior controllo contro il part time involontario e contratti del tutto truffaldini che segnano come apprendisti a poche ora anche lavoratori a tempo pieno e iper qualificati.

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