Il nuovo progetto del governo portoghese rivoluzione il mondo del lavoro. Salario minimo di 1.100 euro nel 2029 (e 2.000 euro in media).
L’Italia è ancora uno dei pochi Paesi europei che non prevede un salario minimo tutelato dalla legge.
La possibilità di introdurlo è ancora in discussione, per quanto non ci saranno di certo novità con questo governo, mentre gli Stati che lo prevedono addirittura lo aumentano migliorando le politiche di welfare.
Da questo punto di vista c’è un Paese che sta compiendo veri passi da gigante, con un progresso lento e graduale ma inarrestabile, almeno per il momento. Si tratta del Portogallo, che punta a innalzare il salario minimo a 1.100 euro nel 2029, portando così lo stipendio medio della popolazione a circa 2.000 euro.
L’ambizioso progetto del governo portoghese, però, non si ferma ai salari, passando anche per altri aspetti che incidono sul benessere e la soddisfazione dei lavoratori. Congedi, maggiore flessibilità e possibilità di acquistare le ferie sono alcune delle principali novità contenute nel programma presentato dal governo Montenegro.
Salario minimo a 1.100 euro nel 2029 in Portogallo
Il Portogallo è tra i 22 Paesi dell’Unione europea che prevedono un salario minimo per legge, ma al momento non è tra i migliori (qui trovi la classifica). Dal 2024, infatti, è anche uscito dalla top 10 dei Paesi Ue per il livello del salario minimo, classificandosi 11° con un importo di 820 euro mensili. D’altra parte, sono circa 10 anni che Lisbona aumenta il livello ogni anno, con aumenti piccoli ma costanti. Proprio dal 1° gennaio 2025, infatti, è entrato in vigore un incremento di 50 euro mensili, portando il salario minimo per quest’anno a 870 euro mensili, con un aumento del 6%. Questo rafforzamento è stato reso possibile dall’intesa raggiunta tra il ministero del Lavoro portoghese, l’Unione generale lavoratori (Ugt) e le confederazioni imprenditoriali.
Il programma del governo, che a giorni sarà esaminato dal Parlamento, prevede di proseguire sulla stessa strada fino al 2029, con un aumento di 50 euro lordi ogni anno. Si arriverebbe così a un salario minimo di 1.100 euro al mese, che non metterebbero comunque il Portogallo tra i primi posti europei ma consentirebbero ai cittadini di recuperare buona parte del potere d’acquisto.
Per analizzare correttamente la situazione, tuttavia, non si può tenere conto esclusivamente del valore nominale del salario minimo. L’impatto per la popolazione dipende infatti dal costo della vita, che è piuttosto diverso tra i diversi Stati comunitari.
A tal proposito, l’Eurostat ha elaborato una valuta artificiale denominata “standard potere d’acquisto” (Spa), che consente di confrontare il salario minimo nell’Unione europea in base alle differenze nel livello dei prezzi. Sotto questo punto di vista il Portogallo non è più agli ultimi posti della classifica, bensì rientra nel gruppo di fascia media, insieme alla Spagna.
La rivoluzione del lavoro in Portogallo
Come anticipato, il progetto portoghese va ben oltre l’aumento del salario minimo, che peraltro è una costante dello Stato. In particolare, si mira a creare un’organizzazione più flessibile dell’attività lavorativa, più adattabile alle esigenze dei diversi lavoratori. Al momento ci sono varie alternative al vaglio, tra cui la più particolare è sicuramente la possibilità di acquistare i giorni di ferie.
Nel caso in cui venisse perseguita questa soluzione dovranno essere fissati dei limiti nei contratti di lavoro, bilanciando gli interessi di entrambe le parti. L’alternativa, invece, punta a garantire un migliore sfruttamento delle ferie nel corso dell’anno, ma anche alla previsione di indennità specifiche per l’occupazione in alcuni periodi dell’anno.
Al contempo, il governo portoghese sta valutando anche la possibilità di estendere il congedo parentale, per esempio per permetterne la condivisione con una persona diversa dal genitore nelle situazioni monoparentali. Tra le misure più importanti al vaglio, però, c’è un grandioso progetto di riduzione della pressione fiscale, che potrebbe influire positivamente anche sul mercato del lavoro.
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