Salari-prezzi: la spirale che spaventa le banche centrali è iniziata

Violetta Silvestri

14 Febbraio 2023 - 12:59

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L’aumento dei salari preoccupa le banche centrali per la loro lotta all’inflazione. In un Paese, però, le buste paga aumentano e l’allarme per tassi più alti sale. Cosa succede in Regno Unito?

Salari-prezzi: la spirale che spaventa le banche centrali è iniziata

Lo spauracchio delle banche centrali nella lotta all’inflazione è l’aumento dei salari.

Per questo, l’osservazione dell’andamento delle paghe è attenta e scrupolosa. Gli ultimi dati suggeriscono che la spirale salari-prezzi tanto temuta si sta alimentando nel Regno Unito.

Nuovi rialzi e più aspri rialzi dei tassi in arrivo? Perché Bank of England potrebbe essere in difficoltà.

Inflazione spinta dai salari: succede in Regno Unito, perché è un problema

I salari nel Regno Unito sono aumentati più rapidamente del previsto alla fine del 2022, aumentando la pressione sulla Banca d’Inghilterra affinché fornisca un altro aumento dei tassi di interesse il mese prossimo.

I guadagni medi esclusi i bonus sono stati del 6,7% più alti nei tre mesi fino a dicembre rispetto all’anno precedente, ha dichiarato martedì l’Ufficio per le statistiche nazionali. Questo è il ritmo più veloce dall’inizio dei record nel 2001, escluso il periodo della pandemia.

Le cifre forniscono munizioni ai responsabili politici della BoE, secondo i quali occorre fare di più per riportare l’inflazione a due cifre all’obiettivo del 2%, con la tensione del mercato del lavoro un segnale di avvertimento chiave.

Sostengono che l’inflazione elevata rischia di radicarsi se i lavoratori avranno buste paga in aumento, poiché le aziende continueranno a spingere in alto i prezzi per coprire i costi salariali.

“Il mercato del lavoro ristretto rimarrà una fonte ostinata di pressione inflazionistica interna ancora per alcuni mesi”, ha affermato Ashley Webb, economista britannico presso Capital Economics. “Pensiamo che la Banca d’Inghilterra potrebbe avere uno o due altri aumenti dei tassi in cantiere”.

La questione del lavoro e dei salari è assai complessa e delicata. L’impennata dell’inflazione ha innescato un’ondata di azioni sindacali mentre i lavoratori, dai macchinisti e dai dipendenti pubblici agli infermieri e ai paramedici, cercano di proteggere i loro standard di vita erosi da prezzi record.

A dicembre, 843.000 giornate lavorative sono state perse a causa di scioperi, il massimo dal 2011. Al netto dell’inflazione, lo scorso anno le retribuzioni sono diminuite del 2,5%, uno dei maggiori cali dal 2001.

“I bilanci familiari sono stati decimati da oltre un decennio di stagnazione salariale”, ha affermato il segretario generale del Congresso dei sindacati Paul Nowak. “Non sorprende che i lavoratori debbano intraprendere azioni di sciopero per difendere il loro tenore di vita. Sono stati spinti al punto di rottura”.

Stesse preoccupazioni in Eurozona. Finora la questione salari non è esplosa, ma Lagarde e i membri Bce la osservano da vicino e con preoccupazione. D’altra parte, però, l’inflazione sta danneggiando i lavoratori, soprattutto in Paesi come l’Italia dove gli stipendi sono agli ultimi posti europei per gli aumenti negli anni.

Il punto è che con la crescita salariale la politica monetaria, in Regno Unito e in Eurozona, tende a inasprirsi ancora per freddare l’inflazione. Con tassi di interesse più alti, però, si rischia un rallentamento economico.

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