Mosca rinuncia all’ampliamento del canale Volga–Don, cruciale per il commercio con Teheran. Costi, clima e strategia geopolitica cambiano gli equilibri economici.
La Russia ci ripensa e abbandona il piano di ampliamento del canale Volga-Don, il canale che collega i due fiumi e di conseguenza il Mar Caspio e il Mar Nero. Una decisione che di certo non può piacere all’Iran.
Il progetto, avviato nel 2023, era stato presentato come un tassello fondamentale del corridoio Nord-Sud, destinato a collegare Russia, Iran, India e altri partner commerciali bypassando le rotte tradizionali come quella del Canale di Suez. L’opera, lunga 188 chilometri, avrebbe dovuto garantire una profondità di almeno 4,5 metri, permettendo il transito di navi di media stazza e aprendo nuove prospettive per il commercio eurasiatico.
Eppure, dopo due anni di lavori e miliardi di rubli spesi, Mosca ha scelto di fermarsi. Per Teheran si tratta di un duro colpo: il progetto rappresentava una via di accesso privilegiata per le importazioni di grano russo e un canale logistico alternativo alle rotte marittime tradizionali. Ora l’Iran dovrà riconsiderare le proprie strategie, mentre la Russia invia un segnale di pragmatismo sulle priorità economiche. Ma quali sono le cause e le conseguenze di questa scelta di Mosca? Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
Russia, addio al progetto Volga–Don: perché era importante
Il canale Volga–Don non è una semplice canale, ma un corridoio capace di collegare il Mar Nero e il Mar Caspio, creando una nuova via di scambi. Realizzato a fine Ottocento, è stato concepito come collegamento diretto tra i porti russi sul Volga e il Mar Caspio, aprendo una porta verso il Medio Oriente e l’Asia centrale. Con il progetto di ampliamento degli ultimi anni, Mosca puntava a rilanciarlo come alternativa al Canale di Suez, soprattutto per favorire l’export di grano e materie prime verso l’Iran e oltre.
L’iniziativa si inseriva nel quadro del “corridoio Nord-Sud”, una rotta multimodale pensata per ridurre tempi e costi del trasporto di merci tra Russia, Iran e India. Secondo le stime, la via avrebbe potuto accorciare del 40% i tempi rispetto alle rotte tradizionali, creando nuove opportunità per Mosca di espandere la propria influenza economica.
Dal punto di vista geopolitico, l’opera aveva anche un forte valore simbolico: consolidare il partenariato con Teheran in un momento di isolamento internazionale per entrambi i Paesi. Non sorprende quindi che la decisione di abbandonare l’approfondimento del canale appaia oggi come un cambio di rotta con ripercussioni più ampie del solo settore logistico.
Russia, addio al progetto Volga–Mar Caspio: ecco perché
La scelta di Mosca si deve a una combinazione di fattori economici e ambientali. Dal 2023 al 2024 sono stati spesi oltre 7,5 miliardi di rubli per i lavori di dragaggio, con ulteriori miliardi già previsti per il 2025. Nonostante ciò, la profondità del canale resta insufficiente: in diversi tratti le navi incontrano fondali di appena 3,8 metri, ben al di sotto dei 4,5 metri necessari.
La causa principale è il drastico abbassamento del livello del Mar Caspio, che nel 2024 ha raggiunto i -29 metri. Secondo le previsioni dell’agenzia russa Roshydromet, il fenomeno continuerà per i prossimi 10-15 anni, complice l’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni. Ciò significa che i costi di dragaggio non solo rimarrebbero elevati, ma rischierebbero di crescere ulteriormente senza garanzie di stabilità.
A questo si aggiunge un problema di redditività: solo il 6% delle navi che transitano nel canale hanno un pescaggio compatibile con i requisiti dell’ampliamento. Nel 2024, ad esempio, nei porti di Astrakhan e Olya si sono registrati appena due scali di navi con pescaggio da 4,5 metri. Un investimento così oneroso a fronte di benefici limitati spinge Mosca a rivedere le priorità.
leggi anche
La Russia ha un nuovo nemico

Russia-Iran, addio al Volga-Don: quali saranno le conseguenze?
Il ritiro russo dal progetto avrà effetti immediati sulle relazioni economiche con l’Iran. Teheran contava sull’approfondimento del canale per aumentare le importazioni di grano russo, con un potenziale di 2-3 milioni di tonnellate aggiuntive all’anno. Senza un’infrastruttura efficiente, tuttavia, le navi non possono caricare al massimo della capacità, riducendo la convenienza della rotta.
Questo scenario potrebbe spingere l’Iran a reindirizzare i propri acquisti su altri porti russi, come Novorossijsk sul Mar Nero, ma con costi logistici maggiori e tempistiche più lunghe. Al tempo stesso, la mancata realizzazione dell’opera riduce l’attrattiva del corridoio Nord-Sud, rallentando un progetto che avrebbe potuto rafforzare l’integrazione eurasiatica.
Sul piano politico, la decisione di Mosca rischia di minare la fiducia di Teheran, che vede sfumare una delle promesse più concrete della cooperazione bilaterale. Tuttavia, la Russia sembra preferire un approccio pragmatico: meglio ridimensionare un’infrastruttura poco redditizia che continuare a drenare risorse, che può reinvestire per sostenere i costi della guerra in Ucraina. Le conseguenze, però, si faranno sentire sul lungo periodo, con possibili ripercussioni sul peso geopolitico russo nella regione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA