La Corte dei Conti boccia il rinnovo del contratto: e adesso?

Simone Micocci

4 Aprile 2018 - 13:24

La Corte dei Conti ha espresso parere negativo sul rinnovo del contratto del pubblico impiego per la poca importanza data alla retribuzione accessoria. Tuttavia non si poteva fare altrimenti, ecco perché.

La Corte dei Conti boccia il rinnovo del contratto: e adesso?

Non è un segreto che il rinnovo del contratto non soddisfi i dipendenti pubblici, i quali speravano in un aumento di stipendio differente da quello che è stato loro riconosciuto. È notizia di oggi però che il rinnovo del contratto non ha ottenuto neppure il consenso della Corte dei Conti.

Niente paura, il rinnovo non è a rischio dal momento che i giudici hanno comunque certificato la compatibilità economica degli incrementi stipendiali (tant’è che per il comparto centrale della Pubblica Amministrazione sono stati caricati nel cedolino di marzo 2018). Tuttavia la Corte dei Conti ha dichiarato che l’accordo raggiunto è deludente per la mancanza di qualsiasi accenno alla produttività.

Secondo la Corte dei Conti, infatti, nella fase della contrattazione bisognava legare gli incrementi stipendiali al merito dei dipendenti pubblici, com’era previsto dalla legge delega 15/2009 (la cosiddetta riforma Brunetta) con la quale veniva affidata alla contrattazione collettiva il compito di “procedere a una sostanziale ridefinizione delle componenti variabili della retribuzione, da destinare prevalentemente a finalità realmente incentivanti e premiali”.

D’altronde la stessa Ministra della Pubblica Amministrazione - Marianna Madia - ha provato fino all’ultimo a legare gli aumenti stipendiali al merito dei dipendenti, cosa che però non è stata possibile visto le poche risorse a disposizione. Già così, infatti, gli incrementi stipendiali non soddisfano i dipendenti pubblici, figuriamoci cosa sarebbe successo se quanto stabilito dalla riforma Brunetta fosse stato rispettato.

Perché la Corte dei Conti ha bocciato il rinnovo del contratto

Nella delibera depositata il 23 marzo scorso i giudici contabili della Corte dei Conti pur certificando la compatibilità economica dell’accordo hanno definito insoddisfacente l’accordo raggiunto dai sindacati e l’amministrazione dal momento che questo manca della sua componente prioritaria: stimolare la produttività nel pubblico impiego legando la maggior parte degli incrementi stipendiali al merito.

Le (poche) risorse disponibili sono state utilizzate esclusivamente per aumentare la parte fissa della retribuzione, tralasciando la parte del salario accessorio sulla quale invece bisognava concentrarsi.

Secondo i giudici, infatti, la percentuale utilizzata per calcolare gli aumenti stipendiali (3,48% della componente fissa) è stata superiore a quella prevista nel caso in cui fosse stato utilizzato “l’indice IPCA (indice dei prezzi al consumo) o il tasso di inflazione programmato”.

Perché non si poteva fare diversamente

Insomma, se l’amministrazione avesse ascoltato il parere della Corte dei Conti gli incrementi contrattuali sarebbero stati persino inferiori di quelli previsti, o meglio questi non avrebbero fatto parte della retribuzione fissa bensì di quella accessoria.

Una possibilità che i sindacati non hanno preso neppure in considerazione; come spiegato da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa, i quali hanno risposto al parere della Corte dei Conti con una nota congiunta, “non era possibile fare altrimenti”. I sindacati, infatti, hanno ricordato che la riforma Brunetta risale al 2009 e che da allora il contratto è rimasto bloccato per quasi 10 lunghi anni.

Quindi, considerando le aspettative dei dipendenti pubblici e tenendo in considerazione il prolungato e “insopportabile” blocco, in accordo con l’Aran è stato deciso di destinare tutte le risorse disponibili all’incremento delle retribuzioni tabellari.

Gli stessi sindacati comunque hanno dichiarato di essere favorevoli ad un maggiore riconoscimento della retribuzione accessoria in futuro, ma prima non si poteva prescindere da un “accrescimento delle retribuzioni da troppo tempo atteso” dai dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Cosa succede adesso?

Quello espresso dalla Corte dei Conti è solamente un parere che non pregiudica il futuro del rinnovo del contratto. Come anticipatamente sottolineato, infatti, i giudici hanno comunque dato il via libera all’accordo riconoscendo la compatibilità economica degli incrementi stipendiali concessi.

Lo stesso verrà fatto presumiamo per l’accordo raggiunto per i comparti Difesa e Sicurezza, Istruzione e Ricerca e Sanità, per il quale il via libera della Corte dei Conti è atteso per le prossime settimane così da rendere operativo il nuovo contratto e concedere ai dipendenti pubblici gli aumenti stipendiali tanto attesi.

Per il salario accessorio, invece, tutto è rimandato alla contrattazione per il contratto valido per il triennio 2019/2021, con la speranza che le risorse a disposizione siano maggiori rispetto a quelle stanziate per il precedente accordo.

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