Michael Burry accusa Tesla di essere “ridicolmente sopravvalutata”. Colpa della diluizione degli azionisti, assenza di buyback e un culto eccessivo attorno alla figura di Musk.
Michael Burry, l’investitore divenuto celebre per la sua scommessa ribassista sul mercato immobiliare statunitense che anticipò la crisi del 2008, ha (di nuovo) attirato l’attenzione dei mercati. In un post pubblicato sulla sua nuova newsletter Cassandra Unchained, Mr. Big Short ha definito la valutazione di Tesla “ridicolmente sopravvalutata”.
La critica arriva all’indomani delle sue parole a dir poco sul mercato dell’intelligenza artificiale. A novembre, infatti, Burry ha messo nel mirino altre grandi aziende del settore AI, contestandone le attuali ed eccessive valutazioni.
Burry ora attacca Tesla
Secondo Burry, il valore di mercato di Tesla non tiene conto di elementi strutturali che erodono il valore per gli azionisti. La società di Elon Musk diluirebbe gli azionisti storici di circa 3,6% all’anno, cifra significativa soprattutto considerando che Tesla non effettua buyback per compensare tale effetto.
A questo si aggiunge il maxi-piano di compensi approvato per il CEO Elon Musk. Se Tesla raggiungerà gli ambiziosi obiettivi prefissati, Musk potrebbe ricevere azioni per fino a 1.000 miliardi di dollari nel corso dei prossimi 10 anni. Un’ulteriore fonte di diluizione.
Sul fronte delle valutazioni, Tesla viaggerebbe su 209 volte gli utili attesi (forward earnings), un multiplo elevatissimo, molto superiore sia alla media quinquennale del gruppo (circa 94) sia alla media sull’S&P 500 (intorno a 22).
Burry arriva così a un’accusa netta: la capitalizzazione di Tesla è “ridicolmente sopravvalutata” da “molto tempo”.
Tesla ha anche un altro difetto: il culto di Musk
Ma la critica di Burry non si limita ai numeri. Il noto investitore muove anche un attacco più culturale e narrativo. Molti sostenitori di Tesla, che un tempo puntavano tutto sull’auto elettrica, per poi puntare sulla guida autonoma, e ora sulla robotica, cambiano continuamente “narrativa” a seconda dei trend e delle promesse di futuro. Scordandosi di guardare ai risultati concreti. La “fedeltà” a Tesla è diventata una sorta di culto, che Burry definisce come un “all-in finché non arriva la concorrenza”.
L’accusa sottintende un fenomeno molto più ampio di quanto appaia alla superficie, quello legato alla trasformazione dei titoli tecnologici e innovativi in oggetto di fervente speculazione, spesso sganciata dagli utili attesi. Secondo Burry molte valutazioni - quella di Tesla inclusa - si basano su “fantasie” e non su fatti concreti e consolidati.
Non è la prima volta che Burry è short sulle azioni Tesla
La presa di posizione di Burry non è nuova. Già nel 2021, tramite il suo fondo Scion Asset Management, aveva dichiarato di essere esposto con una grande posizione ribassista su Tesla, tamite opzioni put. Ma in quell’occasione Mr. Big Short aveva specificato che si trattava di un’operazione tattica, non una strategia di lungo termine.
Oggi, invece, con la chiusura ufficiale di Scion e la scelta di comunicare tramite newsletter via Substack, la sua critica assume un peso diverso e appare come una convinzione strategica, più che come una semplice mossa speculativa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA