Anche il Comune è tenuto a rispondere dei danni cagionati da cose sottoposte alla sua custodia. In questi casi, è possibile fare causa e chiedere il risarcimento: vediamo come nell’articolo che segue.
Così come i privati, anche la Pubblica Amministrazione può essere ritenuta responsabile per i danni provocati dai beni di sua proprietà.
È ciò che accade per il Comune, quando la scarsa manutenzione del manto stradale, rientrante nel suo dovere di custodia, è causa di danni ai veicoli in transito o alle persone che usufruiscono di strade, marciapiedi o di altre aree comunque sottoposte a vigilanza e controllo dell’Ente.
Si pensi al caso del motociclista che urti accidentalmente contro un dosso non visibile o cada a terra transitando su una buca nascosta dall’acqua piovana o dalla vegetazione, subendo in tal modo danni sia materiali (al mezzo di trasporto) che fisici (alla propria persona).
Egli, in questo caso, potrà pretendere di essere risarcito dall’Amministrazione tenuta a vigilare su quel determinato tratto di strada.
A tal fine, a meno che l’Ente interessato non intenda adempiere spontaneamente, il malcapitato si vedrà costretto a intraprendere un procedimento civile presentando al giudice un’apposita domanda di risarcimento.
Nell’articolo che segue vedremo, in breve, come fare causa al Comune per danni imputabili a sua responsabilità e chiedere il risarcimento.
Responsabilità del Comune per danni: guida breve
La responsabilità da cose in custodia
“Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”
(art. 2051, c.c.).
In base a questa norma, anche gli Enti pubblici, come il Comune, devono rispondere per i danni subiti dai cittadini che siano derivati da cose sottoposte a loro custodia.
Rientrano nella categoria di beni sottoposti a custodia del Comune, ad esempio, le strade (di competenza comunale) i marciapiedi e le altre aree di proprietà comunale.
Può accadere che queste aree si trovino in condizioni di scarsa manutenzione, come in caso di manto stradale dissestato e che, a causa di ciò, un veicolo o un passante subiscano un danno; in tale ipotesi, l’Ente potrà essere chiamato a risponderne in virtù del dovere di custodia che opera per legge.
Al riguardo, si parla anche di “danno da insidia stradale”.
Questa tipologia di responsabilità è detta anche “oggettiva” perché, al contrario della normale responsabilità per danni, non presuppone la colpa o il dolo di colui che provoca il danno:
“L’art. 2051 c.c., nell’affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale.”
(Cass. civ. n. 2477/2018).
In base ad essa, il custode del bene si presume responsabile “fino a prova contraria”, e la prova contraria, in questo caso, corrisponde alla prova del caso fortuito.
Ciò significa che il Comune sarà esente da responsabilità solamente dimostrando che il danno sia stato in realtà provocato da un evento eccezionale e imprevedibile, che dunque non avrebbe potuto in ogni caso impedire, neanche adempiendo correttamente al dovere di vigilanza e controllo sul tratto di strada interessato.
Va infatti precisato che questo tipo di responsabilità non ha a che vedere con il rispetto, in concreto, dell’obbligo di mantenere le strade in buono stato di manutenzione.
Essa opera automaticamente, a prescindere dal fatto che, nel caso specifico, l’Ente abbia apprestato ogni cautela utile a evitare l’evento: è sufficiente che esista un rapporto di custodia tra il proprietario (in questo caso il Comune) e la cosa (Cass. civ. n. 8216/2021).
Al contempo, spetta al danneggiato dimostrare, oltre al danno e alla sua entità, anche l’esistenza del cosiddetto “nesso di causalità” tra la cosa in custodia e l’evento dannoso.
In altri termini, egli dovrà provare che la presenza della cosa sottoposta a custodia del Comune sia stata l’unica causa del danno, in modo tale che, senza di essa, l’evento dannoso non si sarebbe verificato.
Ma cerchiamo di spiegare meglio questo punto.
Quale prova spetta al danneggiato?
Abbiamo visto come la responsabilità per danni da cose in custodia sia una responsabilità di tipo oggettivo, in quanto prescinde da eventuali profili di colpa in capo al custode.
Quest’ultimo, dunque, per liberarsi da responsabilità, potrà soltanto dimostrare l’esistenza del caso fortuito.
Ma quale onere probatorio grava sul danneggiato?
Secondo la giurisprudenza, spetta al danneggiato dimostrare il nesso di causalità (o “nesso eziologico”) tra la cosa e l’evento dannoso.
Ad esempio, il pedone che subisca lesioni fisiche a seguito di una caduta dovuta alla presenza di una buca sul manto stradale, dovrà dimostrare, ai fini del risarcimento, che l’evento dannoso sia stato conseguenza diretta della buca e che quest’ultima ne sia stata l’unica causa.
In altre parole, non deve essersi verificato nessun altro evento che abbia, in qualche modo, influito sulla perdita di equilibrio del danneggiato, come, ad esempio, una condotta negligente e disattenta di quest’ultimo.
Così, se la buca risultava ben visibile e il danneggiato conosceva le condizioni di dissesto dell’area (perché residente in zona o essendone un frequentatore abituale) e, tuttavia, per mera disattenzione, egli è inciampato, ciò può valere ad escludere la responsabilità del custode.
Se, al contrario, il danneggiato non conosceva lo stato dei luoghi e la buca non appariva visibile, perché, ad esempio, coperta da fogliame (costituendo, quindi, una vera e propria “insidia”), allora il custode potrebbe risponderne ai sensi dell’art. 2051, c.c.
Questo perché, sempre secondo la giurisprudenza, si applicano per analogia i principi desumibili dall’art. 1227, c.c., in base ai quali, se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Sulla base dello stesso articolo, inoltre, il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore (in questo caso, il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
È quanto stabilito in più occasioni dalla Corte di Cassazione, a mente della quale:
“,…, il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva.”
La fase stragiudiziale: i documenti utili
Vediamo ora, nella pratica, come funziona la causa per ottenere il risarcimento del danno da parte del Comune.
Per prima cosa, andrà inviata all’Ente locale una richiesta stragiudiziale di risarcimento danni.
Molte amministrazioni comunali, come ad esempio il Comune di Roma (Roma Capitale), mettono a disposizione dei cittadini un’apposita modulistica on-line per inviare, in modo autonomo, la denuncia di sinistro e la relativa richiesta di risarcimento; tuttavia, è consigliabile ricorrere all’assistenza di un legale già a partire da questa prima fase.
Sarà indispensabile fornire all’avvocato una serie di documenti, che il danneggiato deve essersi procurato nell’immediatezza del sinistro.
Tra questi, si possono includere:
- le foto dettagliate del luogo dove si è verificato il fatto;
- le foto dei danni materiali subiti dal veicolo;
- in caso di danni fisici, le fotografie ritraenti le lesioni;
- il referto di pronto soccorso e ogni altra eventuale documentazione medica;
- il verbale redatto dalle autorità intervenute sul posto;
- i nominativi e gli indirizzi dei testimoni che hanno assistito al verificarsi dell’evento.
Una volta in possesso della documentazione utile, il legale si occuperà di inviare la richiesta di risarcimento al Comune, alla quale potrà seguire una fase stragiudiziale volta al raggiungimento di un accordo conciliativo.
In questi casi, normalmente l’Ente interessato inviterà il legale a contattare la propria compagnia assicurativa, a cui è demandata l’attività di accertamento e liquidazione del danno.
Qualora la fase stragiudiziale non dovesse andare a buon fine concludendosi con un diniego da parte del Comune, sarà necessario introdurre una causa civile: vediamo in che modo.
La fase del giudizio
A questo punto, l’avvocato si occuperà di predisporre un atto introduttivo nelle forme dell’atto di citazione.
Tale atto deve contenere (art. 163, c.p.c.):
- l’indicazione dell’ufficio giudiziario presso cui è presentata la domanda;
- il nome, cognome e le altre generalità delle parti;
- l’oggetto della domanda;
- l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento di quest’ultima;
- le conclusioni;
- le prove di cui intende avvalersi chi agisce in giudizio;
- il nome, cognome, codice fiscale, indirizzo, recapiti e firma dell’avvocato.
Con lo stesso atto, il legale inviterà il Comune (che assume la qualifica di convenuto) a costituirsi in giudizio entro i termini, nelle modalità e con le forme previste dalla legge; al contempo, indicherà la data in cui si terrà l’udienza davanti al giudice adito.
Tale data è spesso soltanto indicativa perché, normalmente, l’udienza viene differita dall’ufficio giudiziario presso cui è iscritta la causa.
Successivamente, l’atto di citazione dovrà essere notificato al Comune. La notificazione può avvenire in diversi modi: o tramite ufficiale giudiziario o direttamente ad opera dell’avvocato, a mezzo di posta raccomandata (“atti giudiziari”) o pec.
A seguito della notifica dell’atto, il legale provvederà a iscrivere a ruolo il procedimento depositando presso la cancelleria del giudice l’atto notificato insieme ai documenti posti a sostegno della domanda.
Seguirà una prima udienza di discussione, una fase istruttoria e, infine, una fase decisoria, al termine della quale il giudice deciderà se accordare, o meno, il risarcimento richiesto.
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