L’Agenzia delle Entrate ha annunciato nel Piano dei controlli 2024 una particolare attenzione a coloro che scelgono il regime forfetario. Verifiche mirate su requisiti per accesso e permanenza.
Controlli a tappeto per i titolari di partita Iva in regime forfetario. Ecco gli elementi su cui si concentrano i controlli mirati dell’Agenzia delle Entrate.
L’Agenzia delle Entrate definisce il Piano dei controlli fiscali 2024, trapelano le prime indiscrezioni e particolare attenzione viene posta ai contribuenti che hanno scelto il regime forfetario. Previsti controlli a tappeto sui requisiti per accesso e permanenza e sulle dichiarazioni.
Mentre si discute di un possibile ampliamento della platea dei soggetti che possono accedere al regime forfetario fino al limite di 100.000 euro di ricavi e compensi, si annuncia anche una stretta sul regime forfetario e in particolare su coloro che hanno già aderito. Continua quindi il contrasto all’evasione fiscale, finalizzato, sembra, a una riduzione del carico fiscale su tutti i contribuenti e in particolare su coloro che hanno sempre adottato un comportamento esemplare.
Ecco su quali elementi si concentra l’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate e chi rischia sanzioni per aver scelto il regime forfetario.
Attenzione ai controlli sui limiti per ricavi e compensi
Nel documento l’Agenzia sottolinea la necessità di una costante e meticolosa attività di controllo su coloro che hanno aderito al regime forfetario (regime di favore con tassazione agevolata al 15% o 5%) anche alla luce dei cambiamenti normativi che negli ultimi anni hanno caratterizzato questo particolare regime di favore. I controlli sono concentrati sui requisiti di accesso e permanenza.
Ricordiamo che attualmente il limite di ricavi e compensi per la permanenza del regime forfetario è di 85.000 euro. Superato questo limite, dall’anno di imposta successivo si passa al regime ordinario.
C’è però una particolarità, infatti, è attiva la doppia soglia: nel caso in cui si superi il totale di ricavi e compensi di 100.000 euro la fuoriuscita dal forfetario è immediata, in corso di anno di imposta. I contribuenti si trovano quindi ad avere un anno di imposta con doppio regime fiscale e quindi con la necessità di cambiare gli adempimenti nel passaggio da un regime all’altro.
Occorre però fare attenzione perché spesso il contribuente non verifica periodicamente il rispetto del limite dei 100.000 euro e quindi non “converte” gli adempimenti. In caso di controlli fiscali questo errore può costare tanto.
Controlli regime forfetario: limite costo per il lavoro dipendente
Il limite per ricavi e compensi non costituisce però l’unico requisito, infatti, oltre a dover rispettare tali limiti, è necessario non superare anche la soglia prevista per il costo del lavoro di 20.000 euro.
In poche parole il titolare di partita Iva che ha aderito al regime forfetario non deve spendere per i contratti di lavoro dipendente, occasionale, rapporti di collaborazione e per i soci che hanno conferito prestazioni di lavoro, più di 20.000 euro l’anno. Si tratta di una soglia non particolarmente elevata e facile da superare.
L’importanza di questo requisito viene però spesso sottovalutata.
Controlli a tappeto su redditi da lavoro dipendente nel regime forfetario
L’accesso al regime forfetario è precluso a coloro che nell’anno di imposta precedente abbiano maturato redditi da lavoro dipendente o pensione superiori a 30.000 euro. Non rileva la soglia in caso di cessazione del rapporto di lavoro nell’anno precedente a quello di utilizzo del regime di vantaggio. Nel raggiungere la quota vista devono essere considerate anche le somme percepite a titolo di premi di produttività.
Infine, c’è l’ultimo tassello: la disciplina prevede che il lavoratore che apre la partita Iva per beneficiare delle agevolazioni fiscali relative al forfetario non deve fatturare dell’ex datore di lavoro oltre il 50% del fatturato totale. L’obiettivo è evitare che l’apertura della partita Iva sia una manovra frutto di accordo tra dipendente e titolare al fine di pagare meno tasse. Di fatto la partita Iva nasconderebbe un rapporto di lavoro dipendente.
Naturalmente questo vincolo non può permanere in eterno e cessa nel caso in cui siano trascorsi due anni di imposta dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Aliquota al 5% non per tutte le nuove attività, cosa verifica l’Agenzia delle Entrate
I controlli a tappeto dell’Agenzia delle Entrate sono concentrati prevalentemente sui requisiti che possono sembrare marginali e che spesso sono sottovalutati. Mentre il controllo sul totale compensi è rilevato facilmente dalla dichiarazione dei redditi, differente è il caso degli altri requisiti previsti, ecco perché è bene verificare il rispetto di tutti i parametri ora visti per evitare problemi con l’Agenzia delle Entrate.
L’Agenzia sottolinea che particolare attenzione è posta anche nei controlli dei requisiti per poter usufruire dell’aliquota al 5% riservata alle start up nei primi 5 anni di attività.
Generalmente si tende a ritenere che tutte le attività da poco avviate abbiano la possibilità di aderire al forfetario e ottenere l’aliquota agevolata al 5% (generalmente 15%) per i primi 5 anni di attività. In realtà la normativa non riconosce indistintamente a tutte le nuove partite Iva questa agevolazione.
In primo luogo nei tre anni precedenti l’avvio della startup non si deve aver esercitato alcuna attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare. I tre anni devono essere calcolati tenendo in considerazione la data a partire dalla quale si vuole accedere al forfetario. La semplice apertura di una partita Iva nel corso dei tre anni precedenti non è causa di esclusione dal regime forfetario agevolato per startup. Ciò che deve essere verificato è l’effettivo esercizio dell’attività (Circolare n. 1/E/2001).
Per rientrare nel regime forfetario con imposta al 5%, la nuova attività non deve essere una mera prosecuzione di altra attività svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo. Quindi non occorre rispettare solo il limite previsto per la fatturazione all’ex datore di lavoro, ma anche un limite concreto relativo al tipo di attività svolta. Costituisce un’eccezione a tale regola il caso in cui si tratti di “mera prosecuzione” di un’attività di pratica obbligatoria per l’esercizio di arti o professioni, ad esempio pratica forense.
Controlli a tappeto dell’Agenzia delle Entrate sul Quadro RS della dichiarazione dei forfetari
Il piano dei controlli dell’Agenzia delle Entrate su forfetari prevede il controllo delle dichiarazioni. I controlli saranno effettuati soprattutto sui dati da inserire nel Quadro RS della dichiarazione dei redditi. Questo raccoglie i dati inerenti le spese sostenute, in particolare:
- i servizi telefonici compresi quelli accessori (rigo RS381);
- i consumi di energia elettrica (rigo RS381);
- i carburanti, lubrificanti e simili utilizzati esclusivamente per la trazione di autoveicoli (rigo RS381);
- numero complessivo di mezzi di trasporto/veicoli posseduti e/o detenuti a qualsiasi titolo per lo svolgimento dell’attività alla data di chiusura del periodo d’imposta (rigo RS375);
- ammontare del costo sostenuto per l’acquisto di materie prime e sussidiarie, semilavorati e merci (rigo RS376);
- i canoni di leasing derivanti dall’utilizzo di beni immobili, beni mobili e concessioni (rigo RS377);
- i canoni di noleggio (rigo RS377);
- i canoni d’affitto d’azienda (rigo RS377);
- Royalties (rigo RS377);
- ammontare complessivo delle spese sostenute nel corso del periodo d’imposta per gli acquisti di carburante per autotrazione (rigo RS378).
Per i controlli sul Quadro RS si dispone una serie di accessi brevi finalizzati al riscontro tra quanto dichiarato e i costi sostenuti.
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