Perché l’Ungheria è la vera malata d’Europa

Flavia Provenzani

22 Agosto 2025 - 05:23

L’economia ungherese, sotto la guida di Orbán, soffre di stagnazione, inflazione alta e rallentamento industriale, con un consumo pro capite in calo e incertezze politiche per il futuro.

Perché l’Ungheria è la vera malata d’Europa

Quella ungherese è l’economia malata d’Europa. Sotto la guida di Viktor Orbán, il Paese è arrivato all’ultimo posto nell’UE per consumo pro capite. Ma non solo.

L’Ufficio centrale di statistica ungherese ha rilevato che il prezzo dell’affitto di un appartamento nel Paese è raddoppiato tra il 2015 e il 2025.

Nella capitale ungherese, dove i conti dei ristoranti si stanno avvicinando a quelli dei locali parigini, l’osservazione generale è: la vita sta diventando sempre più cara. L’inflazione cumulativa dal 2020 a oggi ha raggiunto il 50%. Dopo aver raggiunto un picco di quasi il 26% nell’inverno del 2023, si è attestata al 4,3% a luglio 2025 rispetto a luglio 2024, il doppio del 2% registrato nell’Eurozona. A questo si aggiunge la volatilità del fiorino, la moneta ungherese, che, pur essendosi stabilizzata negli ultimi mesi, è scesa sotto la soglia simbolica di 1 euro per 400 fiorini.

L’Ungheria è in stagflazione

Non sorprende quindi che l’Ungheria si collochi all’ultimo posto tra i 27 membri dell’Unione Europea nel 2024 in termini di consumo pro capite, a parità di potere d’acquisto, secondo Eurostat. Si tratta di un dato inferiore del 30% rispetto alla media europea. Ed è questo il vero problema, dato che il 45% delle entrate fiscali proviene dai consumi.

Il primo ministro nazionalista Viktor Orbán, al governo ininterrottamente dal 2010, ha aumentato l’IVA al 27% nel 2012, ha ridotto l’imposta sulle società al 9%, una delle aliquote più basse dell’UE, e ha introdotto un’imposta fissa sul reddito del 16%, da cui è esentato un numero crescente di contribuenti, a partire dalle madri con due o più figli e dai giovani sotto i 25 anni.

Ma al di là dei consumi, l’intera economia ungherese si è fermata. Nel secondo trimestre del 2025, la crescita annua del prodotto interno lordo (PIL) è stata di appena lo 0,2%, secondo Eurostat, il che posiziona Budapest al penultimo posto tra i 27 Stati membri dell’UE, appena davanti all’Austria e ben al di sotto della media europea dell’1,5%.

L’economia ungherese è in stagnazione dal 2022 e l’inflazione è più alta che in altre parti d’Europa. E i motori della crescita sono esauriti. Il Paese sta pagando il peso del rallentamento dell’industria automobilistica europea, settore che rappresentava circa il 9% del PIL ungherese nel 2023. Il modello di sviluppo del Paese, dipendente dagli investimenti esteri attratti dalla manodopera a basso costo e stimolato dai sussidi pubblici, ha raggiunto i suoi limiti.

Decine di licenziamenti

Lo stesso modello è stato applicato allo sviluppo recente del settore delle batterie elettriche, con l’obiettivo di rifornire importanti case automobilistiche come Opel, Audi, Mercedes e Suzuki. All’inizio di questo decennio, l’Ungheria era impegnata in una frenetica corsa per diventare un importante produttore mondiale di batterie per auto elettriche, settore che ad oggi mostra segni di rallentamento e che non risparmia la filiale ungherese di CATL, colosso cinese e numero uno al mondo nel campo delle batterie per auto.

A giugno, i media ungheresi indipendenti hanno riferito che il gruppo, che sta attualmente costruendo la fabbrica più grande d’Europa a Debrecen, nella parte orientale del Paese, ha licenziato decine di persone e sembra aver sospeso la costruzione dell’infrastruttura. «L’attuazione della seconda fase non è mai stata messa in discussione; stiamo attualmente valutando i prodotti più adatti a rispondere alle sfide del mercato», aveva dichiarato la filiale ungherese di CATL a Le Monde.

L’azienda ha confermato di aver dovuto licenziare diversi dipendenti, ma ha affermato che la prima unità avrebbe iniziato a sviluppare batterie entro la fine dell’anno. A fine luglio, l’agenzia di stampa Reuters ha riferito che un altro colosso cinese, BYD, che sta attualmente costruendo uno stabilimento a Szeged, nel sud del Paese, avrebbe posticipato la produzione di auto elettriche al 2026, ben al di sotto della capacità inizialmente annunciata, a favore del suo stabilimento in Turchia.

L’imprevedibilità del governo ungherese

Gli investitori preferiscono aspettare e vedere cosa porteranno le prossime elezioni parlamentari ungheresi previste per aprile 2026, il che rappresenta un ulteriore freno per l’attività economica.

In tutto il Paese, l’avversario di Viktor Orbán, Péter Magyar, sta conducendo una campagna elettorale sul tema del calo del potere d’acquisto e della corruzione dilagante nella cerchia ristretta di Orbán e promette di sbloccare 19 miliardi di euro di fondi europei PNRR, attualmente congelati a causa del mancato rispetto dello stato di diritto e dei valori fondamentali. Tutti argomenti che stanno aiutando l’ex funzionario orbanista a battere i record di popolarità nei sondaggi.

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