Questa donna potrà lavorare per sempre da casa grazie a una storica sentenza

Ilena D’Errico

23 Ottobre 2025 - 00:19

Smart working per sempre, il risultato ottenuto da una lavoratrice australiana in causa con la banca può essere raggiunto in Italia?

Questa donna potrà lavorare per sempre da casa grazie a una storica sentenza

Lo smart working non è nuovo, ma con la pandemia è entrato così prepotentemente nelle vite dei lavoratori che molti non riescono più a farne a meno. La gestione dei figli, dei tempi e dei costi per gli spostamenti traggono un grande vantaggio dal lavoro da casa, anche se in un mondo ideale ciò non dovrebbe essere necessario. Con il passare dell’emergenza sanitaria, però, il ritorno alla normalità ha imposto a tanti lavoratori il rientro in ufficio o qualsiasi altro luogo di lavoro. Un sospiro di sollievo per alcuni, un dramma per molti altri.

Qualcosa è cambiato, oggi svariati lavoratori dipendenti possono contare su una parte dell’orario lavorativo in smart working, ma in Italia nessuno ha un vero e proprio diritto in questo senso. Se il contratto e il regolamento aziendale lo prevedono, però, è bene che il datore di lavoro rispetti questi impegni. Ce lo ricorda una nuova e storica sentenza australiana, seppur riguardante tutt’altra legge, grazie a cui una donna potrà lavorare per sempre da casa.

Un risultato sorprendente e decisamente rincuorante, vista l’ombra di diffidenza su questa modalità di lavoro, nient’affatto supportata dalle statistiche sulla produttività peraltro. I datori di lavoro devono però poter conservare una certa autonomia e perseguire gli interessi aziendali al meglio, quindi è difficile trovare condizioni favorevoli a un’imposizione del lavoro da remoto generalizzata. Resta comunque da chiedersi perché lo smart working sia diventato così importante, intervenendo piuttosto sui problemi alla base che stimolano questa necessità.

La donna che potrà lavorare per sempre da casa

Una dipendente part-time di una banca australiana, impegnata da ben 23 anni nel settore dei mutui ipotecari, ha subito l’improvviso dietrofront aziendale sullo smart working. Inizialmente, infatti, alla lavoratrice era stato permesso di lavorare da casa per svolgere le proprie mansioni. Questo significa quindi che non c’erano ragioni organizzative e logistiche che impedissero il lavoro da remoto, nel quale peraltro non ci sono mai state difficoltà o disagi che avrebbero potuto giustificare la novità. La banca ha semplicemente cambiato le proprie politiche, spingendo sempre di più al ritorno in ufficio del personale e preferendo il lavoro ibrido.

Improvvisamente, infatti, è stato chiesto alla lavoratrice di lavorare in presenza per almeno 2 giorni alla settimana. Un fulmine a ciel sereno per la donna, che avrebbe così dovuto affrontare 2 ore di viaggio e subito disagi dovuti alla gestione dei figli. La banca non ha accolto le sue rimostranze, evidenziando che lo smart working non sostituisce l’assistenza all’infanzia e chiedendo il rientro dei dipendenti per favorire la collaborazione del team.

Non trovando alcun accordo, il caso è quindi finito dinanzi alla Fair Work Commission, secondo cui la donna ha diritto a lavorare da casa. La Commissione non ha infatti rinvenuto alcuna motivazione valida per negare lo smart working, che peraltro si era protratto a lungo e senza problemi, e ha deciso che la dipendente continuasse a lavorare da casa. La banca potrebbe ancora fare ricorso, ma la posizione della Commissione è apparsa chiara. Le circostanze specifiche che hanno portato a questa decisione sono da capire, ma comunque dovrebbero essere lette nell’ambito del diritto del lavoro australiano, perciò è più utile trarne alcune riflessioni.

Diritto allo smart working?

In Italia nessun lavoratore ha davvero diritto allo smart working. Per legge nessun dipendente può pretenderlo e nessun datore può imporlo, indipendentemente dalle esigenze specifiche, essendo competenza di un accordo tra le parti. Ci sono categorie che possono accedervi con priorità rispetto al resto del personale, ma soltanto se lo smart working è previsto ed è compatibile con le esigenze produttive e organizzative.

Lo smart working potrebbe inoltre, ma non necessariamente, tra i ragionevoli accomodamenti da adottare per i lavoratori con disabilità. In ogni caso, se il contratto collettivo o individuale prevede lo smart working e non ci sono validi impedimenti oggettivi il datore di lavoro non può negarlo.

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