Quesito referendum Jobs Act, pro e contro cosa cambia

Alessandro Cipolla

04/06/2025

Referendum Jobs Act: il quesito, pro e contro e cosa cambia se dovesse vincere il Sì anche se lo scoglio più difficile da superare sembrerebbe essere quello del quorum.

Quesito referendum Jobs Act, pro e contro cosa cambia

Referendum Jobs Act: si vota domenica 8 e lunedì 9 giugno con le urne che si apriranno in contemporanea con i - pochi - ballottaggi delle elezioni amministrative 2025.

In totale i referendum 2025 saranno cinque: oltre ai quattro riguardanti il lavoro lanciati dalla Cgil ci sarà anche quello sulla cittadinanza, promosso invece da +Europa.

Il quesito referendum Jobs Act è uno di quelli che ha spaccato il panorama politico nostrano, visto che anche una parte del centrosinistra non ha apprezzato la volontà di superare una delle norme bandiera dell’allora governo Renzi.

Polemiche politiche a parte l’ostacolo maggiore sembrerebbe essere però quello del quorum: essendo dei referendum abrogativi servirà un’affluenza minima del 50% più uno per non invalidare il quesito a prescindere dall’esito.

Ma cosa potrebbe cambiare se dovesse vincere il Sì al referendum Jobs Act? Vediamo allora nel dettaglio i pro e i contro di questo quesito.

Referendum Jobs Act 2025: data e come votare

Il Consiglio dei ministri ha stabilito che i referendum 2025 si terranno in data 25 e 26 maggio, con questi che saranno gli orari del voto:

  • domenica 25 maggio dalle ore 7 alle ore 23;
  • lunedì 26 maggio dalle ore 7 alle ore 15.

Lo spoglio prenderà il via alle ore 15 di lunedì 26 maggio come termineranno le operazioni di voto, con la precedenza rispetto ai concomitanti ballottaggi delle elezioni amministrative 2025.

Ai referendum 2025 hanno diritto di partecipare tutti i cittadini chiamati a eleggere la Camera dei Deputati, ovvero tutte le persone in possesso della citadinanza italiana che hanno compiuto diciotto anni.

Per la validità della consultazione referendaria popolare è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno, pena la non validità del referendum a prescindere dall’esito.

Il quesito del referendum Jobs Act

Il primo tra i referendum 2025 promossi dalla Cgil è quello rinominato Jobs Act - scheda verde - visto che ha lo scopo di andare ad abrogare una parte della riforma del lavoro voluta dall’allora governo Renzi.

Questo è il quesito del referendum Jobs Act.

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

Questo referendum ha come scopo l’abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi, ovvero uno dei decreti attuativi del Jobs Act.

Cosa può cambiare con il referendum Jobs Act

Il Jobs Act, che nel corso degli ultimi anni ha subito modifiche sia per l’intervento del legislatore - decreto Dignità del 2018 - sia a opera di pronunce della Corte Costituzionale, è ora oggetto di uno dei referendum promossi dalla Cgil.

L’obiettivo del referendum è quello di cancellare le norme sui licenziamenti del Jobs Act che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziata/o in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015.

Per essere valido però il referendum dovrà superare il quorum del 50% più uno dei votanti tra tutti gli eventi diritto; se questa soglia non dovesse essere raggiunta, allora il referendum non avrà validità a prescindere dall’esito.

Già nel 2017 fu promosso un referendum avente oggetto il Jobs Act, ma la Consulta dichiarò inammissibile il quesito volto a ripristinare la tutela reintegratoria per i licenziamenti illegittimi a causa del carattere propositivo del quesito e della mancanza di univocità e omogeneità.

I pro del Jobs Act

Secondo diversi analisti, il Jobs Act ha introdotto contratti a tutele crescenti facilitando l’assunzione di lavoratori, soprattutto per le imprese che prima potevano essere scoraggiate da rigidità contrattuali.

Inoltre rendere il mercato del lavoro più flessibile è stato considerato un passo verso un contesto economico più competitivo e adatto agli investimenti esteri.

Guardando i dati Istat e gli studi che hanno avuto a oggetto gli effetti del Jobs Act, nel triennio 2015-2017 si è assistito a un aumento del numero degli occupati, anche con riguardo all’occupazione giovanile.

Un aspetto positivo che è stato evidenziato è la tutela economica costituita dalla Naspi in caso di disoccupazione, che è ora estesa a tutti i lavoratori compresi gli atipici.

I contro del Jobs Act

Parallelamente, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti e la flessibilizzazione del mercato di lavoro, con il Jobs Act si è verificato anche un aumento del numero dei licenziamenti.

Secondo Pagella Politica, al tempo stesso la riforma del lavoro del governo Renzi avrebbe generato un importante calo dei contratti a tempo indeterminato, sostituiti da contratti di apprendistato e a tempo determinato.

La forte decontribuzione - si legge - avrebbe quindi sì rilanciato l’occupazione, ma non in maniera strutturale, preferendo incentivi economici a breve termine rispetto a più duraturi investimenti in capitale umano”.

Non a caso, una volta ridotte le incentivazioni economiche, in Italia si è assistito un calo dei contratti a tempo indeterminato.

Secondo i critici i benefici sarebbero stati più per le aziende che per i lavoratori e, per il Movimento 5 Stelle, il Jobs Act sarebbe “ costato 23 miliardi ” senza risolvere - anzi in alcuni casi peggiorando - gli atavici problemi del mondo del lavoro in Italia.

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