Quanto prenderò di pensione: come calcolarlo partendo dall’ultimo stipendio

Simone Micocci

19/03/2019

19/03/2019 - 09:57

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Il tasso di sostituzione è un fattore determinante per farsi un’idea di quanto si prenderà di pensione: ecco la tabella della Ragioneria generale dello Stato con tutti i valori di riferimento per chi andrà in pensione nei prossimi anni.

Quanto prenderò di pensione: come calcolarlo partendo dall’ultimo stipendio

L’importo della pensione futura dipende da diversi fattori: il più importante riguarda il sistema di calcolo applicato in base al periodo in cui i contributi sono stati maturati, con il retributivo prima del 1996 (e in alcuni casi anche dopo) e il contributivo successivamente.

In ogni caso, una volta che andrete in pensione molto probabilmente andrete a percepire meno rispetto all’ultimo stipendio. Come noto, infatti, la pensione è più bassa dell’ultimo stipendio: per capire di quanto bisogna fare riferimento al tasso di sostituzione, ossia al rapporto in percentuale che c’è tra il primo assegno previdenziale e l’ultimo stipendio (o reddito) percepito prima di andare in pensione.

Capire qual è il tasso di sostituzione nel proprio caso è utile per farsi un’idea di quanto si prenderà di pensione e se conviene, visto l’importo molto basso dell’assegno previdenziale, investire in una pensione integrativa.

Vediamo quindi qual è la differenza tra stipendio e pensione analizzando il tasso di sostituzione, così da capire come calcolare l’importo della pensione futura e capire se lo stesso tenore di vita goduto durante la vita lavorativa si potrà mantenere una volta in pensione.

Quanto prenderò di pensione: tasso di sostituzione sempre più basso

Vi anticipiamo che con l’avanzare degli anni la differenza tra ultimo stipendio e pensione si fa sempre più ampia, con il tasso di sostituzione che progressivamente si riduce. La causa è da attribuire alle ultime riforme delle pensioni, soprattutto quelle approvate da Dini e dalla Fornero rispettivamente nel 1995 e nel 2001.

Il motivo principale sta nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per il calcolo della pensione, con quest’ultimo che garantisce un tasso di sostituzione più basso rispetto al precedente. Ad oggi ci sono ancora molti lavoratori che hanno una parte di pensione calcolata con il retributivo e un’altra con il contributivo (sistema misto), ma più si andrà avanti e maggiore sarà la parte calcolata con quest’ultimo.

A pagare principalmente questo passaggio sono specialmente i nati a partire dagli anni ‘80, i quali percepiranno una pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, nel quale si tiene conto dell’ammontare effettivo dei contributi maturati nel corso della carriera (qui un approfondimento), penalizzando così coloro che hanno avuto attività lavorative discontinue e non hanno percepito stipendi particolarmente elevati.

Per garantirsi una pensione futura sarebbe una buona soluzione ricorrere ad una pensione integrativa, e d’altronde questa era la previsione: tuttavia, ancora oggi quello che viene definito come secondo pilastro della pensione stenta a decollare, tant’è che solo 8,3 milioni di italiani (un terzo della forza lavoro) vi ha aderito.

Tasso di sostituzione: l’andamento nel tempo (Tabella)

Con il sistema retributivo (qui una guida completa) il tasso sostitutivo della pensione era molto alto, tanto da arrivare anche all’80% nel caso in cui il lavoratore vantasse 40 anni di contributi. In tal caso, quindi, una volta in pensione questo dovrebbe rinunciare appena al 20% dell’ultima retribuzione, percependo una pensione piuttosto elevata.

Questo valeva prima dell’approvazione della Riforma Dini, quando l’aliquota di rendimento era del 2% per ogni anno di contribuzione; quindi, una persona con 30 anni di carriera riusciva a percepire il 60% dell’ultimo stipendio, mentre con 40 anni di lavoro persino dell’80%.

Nonostante rappresentasse il miglior sistema di calcolo della pensione, lato cittadino, il retributivo era troppo oneroso per le casse dello Stato. Per far fronte ad una spesa previdenziale non più sostenibile è stato così introdotto il sistema contributivo con il quale l’importo della pensione dipende da tre diversi fattori: contributi effettivamente versati, età del pensionamento (più si ritarda l’accesso alla pensione e più alto sarà l’assegno) e l’andamento del PIL.

Con l’introduzione del contributivo - che come abbiamo visto in precedenza premia chi ha avuto carriere lavorative continue e ben pagate, caratteristica non particolarmente frequente al giorno d’oggi - il tasso sostitutivo della pensione si è man mano ridotto.

Per capire di quanto possiamo fare riferimento ad una tabella realizzata dalla Ragioneria generale dello Stato nella quale sono indicati i tassi di sostituzione in base agli anni di contributi e alla data di pensionamento, sia per i lavoratori subordinati (primo valore) che per gli autonomi (secondo valore).

Una tabella utile per capire quanto si prenderà di pensione, visto che basterà moltiplicare il tasso di riferimento per quello che si stima essere l’ultimo stipendio per farsi un’idea di quanto ammonterà l’assegno. Come potete vedere dalla tabella successiva il tasso di sostituzione è più penalizzante per gli autonomi: questo perché nel loro caso l’aliquota di computo (ossia la percentuale del reddito annuo prodotto che viene destinata alla pensione) è più bassa rispetto a quella dei subordinati, ossia il 24% rispetto al 33%.

Prima di vedere la tabella, utile per farvi un’idea di quanto prenderete di pensione, è bene sottolineare che questa è stata realizzata ipotizzando un tasso medio di crescita del PIL pari all’1,5%; una stima che, sulla base degli ultimi rilevamenti, potrebbe essere persino troppo ottimistica. Ecco perché i tassi di sostituzione che trovate di seguito potrebbero essere più alti rispetto a quelli che effettivamente si concretizzeranno.

Anno di pensionamento 36 anni di contributi 38 anni di contributi 40 anni di contributi 42 anni di contributi
2010 70,2% - 69,2% 74,1% - 73% 77,9% - 76,8% 77,9% - 76,8%
2015 68,7% - 54,4% 75,3%- 72,8% 79,3% - 76,7% 77,9% - 76,8%
2020 64,2% - 48,3% 68% - 52,10% 71,9% - 55,8% 75,7% - 59,6%
2025 64% - 45,7% 67,8% - 49,9% 71,7% - 53,1% 75,5% - 56,8%
2030 63,9% - 43,2% 67,7% - 46,9% 71,5% - 50,6% 75,4% - 54,4%
2035 58,1% - 43,7% 61,5% - 46% 65% - 48,3% 75,5% - 52,1%
2040 58,8% - 45,3% 61,9% - 47,5% 65,1% - 49,6% 68,5% - 51,9%
2045 59,6% - 47,1% 62,7% - 49,2% 65,9% - 51,3% 69,1% - 53,4%
2050 60,4% - 48,5% 63,7% - 50,9% 66.9% - 53,1% 70% - 55,3%
2055 60,6% - 48,8% 64,1% - 51,7% 67,6% - 54,4% 71% - 57%
2060 60,6% - 48,9% 64,2% - 51,8% 67,8% - 54,6% 71,3% - 57,5%

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