Calcolo retributivo pensione, come funziona: formule, tabelle, aliquote e coefficienti

Simone Micocci

06/05/2022

02/12/2022 - 15:01

condividi

Guida al calcolo della pensione con il sistema retributivo: dai coefficienti di rivalutazione alle aliquote di rendimento (aggiornati al 2022), ecco tutto quello che serve sapere.

 Calcolo retributivo pensione, come funziona: formule, tabelle, aliquote e coefficienti

La pensione può essere calcolata, a seconda del periodo a cui fanno riferimento i contributi versati, o con le regole del sistema retributivo o con quelle del contributivo.

In particolare, in questa guida ci soffermeremo sul primo, fornendo tutte le informazioni utili per farsi un’idea di come funziona il calcolo retributivo della pensione e per quali periodi si applica.

Si tratta di un sistema di calcolo che, applicandosi solamente per i periodi contributivi antecedenti al 1° gennaio 1996 (e in alcuni casi al 1° gennaio 2012) è destinato a sparire con il trascorrere degli anni. Per effetto della cosiddetta riforma Fornero, infatti, il sistema di calcolo retributivo è stato abolito per tutti i lavoratori a partire dal 1° gennaio 2012, per lasciar spazio al meno conveniente, dal punto di vista del pensionato, sistema contributivo.

Attraverso il metodo di calcolo retributivo, infatti, la pensione viene determinata prendendo come riferimento le retribuzioni che l’interessato ha percepito negli anni che precedono il collocamento in quiescenza. E dal momento che, nella generalità dei casi, è proprio negli ultimi anni che si va a percepire uno stipendio più alto, questo sistema risulta molto vantaggioso per il pensionato. Tuttavia, non tenendo conto degli effettivi contributi versati, questo sistema di calcolo rischiava di diventare insostenibile per i conti pubblici e per questo motivo - oltre a ritardare l’accesso alla pensione - si è deciso di passare a un altro sistema di calcolo che, come anticipato, è meno conveniente per il pensionato.

Non per questo, però, il sistema di calcolo retributivo della pensione non si applica più, anzi. Per tutti coloro che hanno la pensione calcolata con il metodo misto, infatti, il sistema retributivo incide molto sull’importo dell’assegno finale.

Sistema di calcolo retributivo per il calcolo della pensione: quando si applica

Il passaggio dal sistema di calcolo retributivo al contributivo c’è stato nel 1996, per effetto della cosiddetta riforma Dini. Di conseguenza:

  • il calcolo retributivo si applica per la quota di contributi maturata fino al 31 dicembre 1995;
  • il calcolo contributivo si applica per quella riferita al periodo successivo al 1° gennaio 1996.

Tuttavia, solamente la legge Fornero, riforma del 2011, ha esteso a tutti l’applicazione delle regole del sistema contributivo per il calcolo della pensione.

Per questo motivo, ci sono dei lavoratori che possono beneficiare del retributivo calcolato su un periodo più ampio. Nel dettaglio, per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 hanno maturato 18 anni di contributi il calcolo retributivo si applica per la quota riferita al periodo antecedente al 1° gennaio 2012, mentre il contributivo per quello successivo.

Pensione con retributivo, fino a quando per i dipendenti pubblici?

Per i dipendenti pubblici valgono le regole suddette: quindi il retributivo si applica per i periodi antecedenti al 1° gennaio 1996, o 1° gennaio 2012 per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva di almeno 18 anni.

Ma c’è un dubbio: ci si chiede, infatti, se coloro che non raggiungono il suddetto requisito dei 18 anni di contributi per qualche settimana possano comunque godere del trattamento di maggior favore. Nell’ultimo periodo sembra che la giurisprudenza abbia preso una posizione a riguardo, che purtroppo non sembra favorire chi per poco non ha maturato 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995.

Per le pensioni dei dipendenti pubblici, infatti, c’è un meccanismo di arrotondamento dell’anzianità contributiva che in pochi conoscono. Nel dettaglio, l’articolo 59, comma I, lettera B, della legge 449/1997, nonché il comma 1 della legge 247/1991, stabiliscono che per i contributi maturati dal lavoratore spetti un arrotondamento al mese superiore in presenza di un’anzianità contributiva compresa tra i 16 e i 29 giorni.

Per intenderci, un lavoratore del comparto pubblico che ha maturato 41 anni, 9 mesi e 20 giorni di contributi, potrebbe comunque accedere alla pensione anticipata visto che per il suddetto meccanismo di arrotondamento i 20 giorni si considerano come fossero un mese.

C’è chi ritiene, dunque, che questo meccanismo si possa applicare anche ai fini del trattamento di maggior favore per il calcolo della pensione dei dipendenti pubblici. Nel dettaglio, per chi alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato 17 anni 11 mesi e almeno 16 giorni di contributi, si dovrebbe applicare il calcolo retributivo comunque fino al 31 dicembre 2011, arrotondando dunque a 18 anni di contributi.

L’Inps, manco a dirlo, ritiene che invece siano necessari esattamente 18 anni di contributi, respingendo l’applicabilità del suddetto strumento in questo caso specifico.

È inevitabile, dunque, che la questione sia finita in più di un’occasione davanti al giudice, con l’orientamento della giurisprudenza che tuttavia sembra ormai dare ragione all’Inps.

Serve avere esattamente 18 anni di contributi alla data del 31 dicembre 1995 per avere diritto al calcolo retributivo fino al 2011 e questo vale anche per i dipendenti pubblici. Questo l’orientamento della giurisprudenza negli ultimi anni, con tre importanti sentenze che confermano la correttezza dell’interpretazione dell’Inps.

Nel dettaglio, si tratta delle sentenze 97 e 176 pronunciate nel 2019 dalla Terza Sezione centrale d’appello, come pure dalla sentenza 274/2019 della Seconda Sezione. Queste riconoscono il meccanismo descritto dall’articolo 1, comma 13, della legge 335/1995 - ossia quello che giustifica in determinate occasioni un calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011 - come una “norma di diritto transitorio, di natura eccezionale, che ha la funzione di consentire l’ultrattività del metodo retributivo, ma non rappresenta una disposizione che disciplina le condizioni d’accesso al trattamento di quiescenza”.

Detto questo, bisogna attenersi a quanto si legge chiaramente nella stessa, ossia al fatto che siano necessari esattamente 18 anni di contributi per poter godere del trattamento agevolato. Nessun arrotondamento, con lo svantaggio per coloro che solo per una o due settimane non riescono a raggiungere il requisito minimo per godere di un calcolo di maggior favore.

Come funziona il calcolo retributivo della pensione

A questo punto, dunque, resta da capire come gli anni di lavoro antecedenti al 1996, o 2012 a seconda dei casi, vengono trasformati in pensione. Come detto in precedenza, questo sistema di calcolo è molto più vantaggioso rispetto al sistema contributivo attuale, il quale tiene conto degli anni di contributi effettivamente versati dal dipendente che vengono poi trasformati in assegno di pensione con l’applicazione di un coefficiente tanto più elevato quanto più si ritarda il collocamento in quiescenza.

Non è così per il retributivo che invece considera solamente le retribuzioni percepite e gli anni di lavoro.

Si tratta di un sistema pro quota, in quanto si considera:

  • quota A: per l’anzianità contributiva precedente al 31 dicembre 1992;
  • quota B: per l’anzianità contributiva successiva al 1° gennaio 1993 fino al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011..

Per il calcolo della quota A si effettua una media delle retribuzioni percepite negli anni che precedono il collocamento in queiscenza, ossia:

  • negli ultimi 5 anni (260 settimane) nel caso del lavoratore dipendente;
  • nell’ultimo anno (52 settimane) per il lavoratore dipendente del settore pubblico;
  • negli ultimi 10 anni (520 settimane) per i lavoratori autonomi.

La quota B, invece, tiene conto delle migliori retribuzioni negli ultimi 10 anni per i lavoratori subordinati, sia nel settore pubblico che nel privato, mentre per i lavoratori autonomi negli ultimi 15 anni.

Pensione calcolata con il retributivo: coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni aggiornati

Per calcolare la retribuzione media, le retribuzioni percepite nei vari anni sono soggette a rivalutazione. Per le anzianità fino al 31 dicembre 1992 la rivalutazione è pari all’incremento del costo della vita, mentre per quelle successive sempre al costo della vita ma con l’aggiunta di un 1% l’anno.

L’ultimo aggiornamento dei coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni per la parte di pensione calcolata con il retributivo è stato comunicato dall’Inps con messaggio n. 1449 del 31 marzo 2022. In allegato tutte le tabelle con le percentuali aggiornate.

Coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni aggiornati al 2022
Clicca qui per scaricare l’allegato al messaggio Inps hermes 1449/2022 e consultare le tabelle dei coefficienti di rivalutazione aggiornati.

Calcolo pensione con sistema retributivo: le aliquote di rendimento

Una volta presi i singoli stipendi, e rivalutati nella percentuale fissata dall’Inps, si arriva dunque alla media delle ultime retribuzioni per ogni quota. Ma come questa si trasforma in pensione? Delle migliori retribuzioni, infatti, non si considera il 100% per i lavoratori; questo perché con il calcolo della pensione con sistema retributivo si applicano le cosiddette aliquote di rendimento, dei parametri utilizzati per capire quale percentuale di retribuzione riconoscere al lavoratore collocato in quiescenza.

Le aliquote di rendimento variano a seconda della retribuzione media, come pure della collocazione temporale delle anzianità maturate in quanto le regole cambiano tra i periodi ante e post 1993. A determinare il valore dell’aliquota di rendimento è anche il fondo a cui il lavoratore risulta iscritto, poiché in alcuni casi si applicano regole differenti rispetto a quelle previste nell’Ago (assicurazione generale obbligatoria).

Volendo generalizzare, possiamo dire che nella maggior parte dei casi delle migliori retribuzioni (rivalutate) - sia della quota A che della B - ne viene riconosciuto un 2% per ogni anno di lavoro svolto dal soggetto che va in pensione.

Il limite massimo è di 40 anni di contributi; ciò significa che in tal caso al lavoratore viene riconosciuto l’80% della media delle migliori retribuzioni percepite durante la propria carriera.

Per l’aliquota di rendimento al 2%, però, è necessario non superare una fascia di retribuzione annua di importo pari a 48.279€. Al di sopra di questo limite l’aliquota di rendimento annuo diminuisce, così da evitare che coloro che durante la carriera hanno percepito degli stipendi elevati siano maggiormente agevolati rispetto agli altri.

Ad esempio per chi ha una fascia di reddito superiore ai 77.000 euro annui si applica un’aliquota di rendimento dell’1,25%, dimezzata rispetto a quella ordinaria.

Le fasce di retribuzione per le relative aliquote di rendimento vengono fissate annualmente dall’INPS e di seguito trovate quelle relative al 2022, utili per capire come calcolare l’importo dell’assegno pensionistico che rientra nel sistema retributivo.

QUOTA Importo annuo Aliquota di rendimento Percentuale massima che può essere riconosciuta
Quota A fino a 48.279,20 2% 80%
fino a 64.211,34 1,50% 60%
fino a 80.143,47 1,25% 50%
oltre gli 80.143,47 1,00% 40%
Quota B fino a 48.279,20 2% 80%
fino a 64.211,34 1,60% 64%
fino a 80.143,47 1,35% 54%
fino a 91.730,48 1,10% 44%
oltre i 91.730,48 0,90% 36%

Calcolo della pensione con sistema retributivo: riepilogando

Riepiloghiamo, dunque, i passaggi da fare per farsi un’idea di quanto spetta di pensione per la parte calcolata con il retributivo.

Quota A:

  • prendere le retribuzioni percepite nell’ultimo anno (dipendenti pubblici), o negli ultimi 5 (lavoratori dipendente del settore privato) o 10 anni (lavoratori autonomi), dal collocamento in quiescenza;
  • applicare il tasso di rivalutazione;
  • effettuare la media;
  • applicare l’aliquota di rendimento relativa.

Quota B:

  • prendere le retribuzioni percepite negli ultimi 10 (lavoratori dipendente del settore privato) o 15 anni (lavoratori autonomi), dal collocamento in quiescenza;
  • applicare il tasso di rivalutazione;
  • effettuare la media;
  • applicare l’aliquota di rendimento relativa.

Dopodiché sarà sufficiente sommare il risultato della Quota A con quello della Quota B per arrivare all’importo spettante con il retributivo. A questa andrà poi aggiunta la quota calcolata con il retributivo per arrivare alla pensione lorda che effettivamente verrà riconosciuta.

Iscriviti a Money.it