Quando si prescrivono i crediti tra coniugi

Ilena D’Errico

8 Gennaio 2024 - 23:59

Ecco quando si prescrivono i crediti tra coniugi: le tempistiche, la decorrenza e come provarne l’esistenza.

Quando si prescrivono i crediti tra coniugi

Più frequentemente di quanto si pensi nascono crediti e debiti all’interno del matrimonio, anche se non se ne considerano gli effetti legali fino alla separazione o comunque alla crisi della coppia. Questo perché i prestiti e le altre obbligazioni sorgono in un rapporto di fiducia, stabile e considerato sicuro, senza che vengano firmati contratti o concordate restituzioni precise.

La questione è complessa, perché non c’è una durata massima di un matrimonio e così possono passare molti anni prima che si arrivi ad agire legalmente per pretendere il pagamento. La legge tiene conto di questo particolare legame, prevedendo regole mirate sulla decorrenza della prescrizione.

Oltre a questo, però, bisogna tener conto della questione della prova. Salvo eccezioni, i rapporti tra marito e moglie non sono documentati da contratti o scritture private. Senza dimenticare che i prestiti tra coniugi non sempre devono essere restituiti (anzi si tratta di una vera e propria eccezione). Ecco cosa prevede la legge, a partire dalla prescrizione.

Quando si prescrivono i crediti tra coniugi

I crediti tra coniugi sono soggetti alla prescrizione ordinaria, che per compiersi richiede 10 anni di tempo senza atti interruttivi. Non ci sono tra coniugi, presumendo che agiscano in qualità di soggetti privati, crediti che si prescrivono in un tempo inferiore.

Essenzialmente si fa riferimento al prestito di denaro, poiché l’altro credito che sorge tra coniugi è l’assegno di mantenimento in seguito alla separazione. Quest’ultimo, tuttavia, gode di una disciplina a parte.

Come anticipato, la decorrenza della prescrizione è però diversa da altri tipi di prestiti e crediti. Questo per via del particolare rapporto che vige tra i coniugi, nell’ambito di un progetto di vita familiare che mal si concilia con diffide o citazioni in giudizio.

Sarebbe assurdo e una mancata tutela chiedere al coniuge creditore di eseguire degli atti interruttivi formali contro il coniuge, peraltro finché marito e moglie sono in buoni rapporti di solito non c’è nemmeno questa impellenza.

Tutto cambia quando la coppia si lascia e desidera quindi rimettere in ordine anche gli aspetti patrimoniali, anche nel caso in cui si resti in buoni rapporti. È dunque fondamentale sapere che il termine di prescrizione inizia a decorrere soltanto dalla separazione o dall’eventuale divorzio, ma non prima.

In particolare, l’articolo 2941 del Codice civile prevede la sospensione della prescrizione tra i coniugi finché perdura il matrimonio. La legge considera, infatti, che la parte avente diritto è limitata dal rapporto con l’altra o comunque ragionevolmente volenterosa di non esercitarlo in virtù di interessi preminenti, tra cui l’armonia familiare.

Se invece sono trascorsi 10 anni dalla separazione, bisogna verificare che non ci siano stati atti interruttivi. Interrompono la prescrizione le diffide inviate con pec o raccomandata a/r e gli atti giudiziari (di cui il creditore sarebbe senza dubbio a conoscenza) ma anche le ammissioni del debitore, seppur implicite.

Come provare un prestito tra coniugi

Provare un prestito tra coniugi non è semplice, perché la legge propone una prospettiva ribaltata rispetto a quanto vigente per i prestiti tra altri soggetti. Di norma, infatti, è il beneficiario a dover provare che si è trattato di una donazione.

Nel matrimonio, invece, vale la presunzione di gratuità. Spetta quindi al coniuge che ha dato i soldi provare che si è trattato di un prestito e non di un regalo. La mancanza di un contratto non rappresenta problemi, poiché il prestito tra privati può fondarsi anche su contratti verbali, ma pone qualche difficoltà per la dimostrazione della natura del prestito.

Rilevano quindi il momento del prestito (se, ad esempio, già durante la crisi coniugale), le finalità e l’entità, anche in relazione alle disponibilità economiche delle parti. Per esempio, si dovrà provare che il prestito era finalizzato a bisogni estranei a quelli familiari e di solidarietà ma strettamente personali (provandone l’utilizzo e la somma sproporzionata).

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