L’assenza di uscite e la crisi delle valutazioni mettono in crisi il modello del private equity, un tempo dominatore dei portafogli istituzionali ma ora sempre più simile a una trappola di liquidità.
Negli anni successivi alla crisi da Covid-19, i mercati azionari statunitensi hanno vissuto un’ascesa notevole: l’indice S\&P 500 è cresciuto del 95% in cinque anni. Eppure, paradossalmente, i gestori di private equity negli Stati Uniti si trovano oggi in difficoltà nel vendere le oltre 12.000 società in portafoglio. Al ritmo attuale di circa 1.500 exit annue, ci vorrebbero otto anni per liberare l’inventario esistente.
Il vero problema? La scarsità di liquidazioni e distribuzioni di capitale agli investitori.
Secondo Bain, queste ultime sono crollate da una media del 30% del valore netto degli asset (NAV) a un esiguo 10%. I grandi investitori istituzionali — come Yale e Harvard — si stanno muovendo verso il mercato secondario per vendere le loro partecipazioni, mentre si parla sempre più spesso di over allocation e di investimenti ben oltre i target. [...]
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