Prezzo petrolio balza di oltre il 4%, ma la guerra in Israele non c’entra

Violetta Silvestri

13/10/2023

13/10/2023 - 14:27

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Prezzi del petrolio in forte aumento, con picchi anche del 4%: il motivo, però, non è la guerra in Israele. Perché il greggio sale e quali sono i rischi per l’inflazione.

Prezzo petrolio balza di oltre il 4%, ma la guerra in Israele non c’entra

I prezzi del petrolio in rally, con un balzo del 4% mentre si scrive. Mentre tutti osservano lo scenario incerto della guerra in Israele, però, questo non è il motivo che ha scatenato questa nuova fiammata del greggio.

Il focus è tornato sul conflitto in Ucraina e sui suoi effetti. Gli Stati Uniti hanno infatti inasprito il programma di sanzioni contro le esportazioni di greggio russo, sollevando preoccupazioni sull’offerta in un mercato già teso, mentre si prevede che le scorte globali diminuiranno nel quarto trimestre.

Alle ore 14.25 circa del 13 ottobre, i futures sul Brent avanzano del 4,24% a 88,62 dollari al barile e il WTI aumenta del 4,87% a 86,53 dollari al barile.

Nonostante le fluttuazioni degli ultimi giorni in entrambi i benchmark, il Brent era previsto per un guadagno settimanale di quasi il 4%, mentre il WTI era destinato a salire di oltre il 2,5% per la settimana, dopo che entrambi i contratti erano saliti lunedì.

L’aumento è stato determinato dal rischio di interruzioni delle esportazioni del Medio Oriente dopo che l’attacco del gruppo militante palestinese Hamas contro Israele nel fine settimana ha minacciato un possibile conflitto più ampio. Ora, però, il balzo del greggio è stato spinto da nuove sanzioni Usa nel contesto della guerra in Ucraina.

Perché gli Usa stanno spingendo il prezzo del greggio

I prezzi del petrolio sono aumentati oltre il 4% dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito le sanzioni contro le esportazioni di greggio russo, esacerbando le preoccupazioni sull’offerta in un mercato energetico già strettamente equilibrato.

Nel dettaglio, gli Usa hanno imposto le prime sanzioni ai proprietari di petroliere che trasportano petrolio russo a un prezzo superiore al limite di prezzo fissato dal G7 di 60 dollari al barile, per colmare le lacune nel meccanismo progettato per punire Mosca per la sua invasione dell’Ucraina.

La Russia è il secondo produttore mondiale di petrolio e un grande esportatore e il controllo più severo degli Stati Uniti sulle sue spedizioni potrebbe ridurre l’offerta.

Intanto, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) ha mantenuto le sue previsioni sulla crescita della domanda globale di petrolio, citando segnali di un’economia mondiale resiliente finora quest’anno e prevedendo ulteriori spinte dalla domanda in Cina, il più grande importatore di petrolio del mondo.

I timori per una restrizione dell’offerta a fronte di un consumo visto in crescita spinge i prezzi del petrolio.

Kelvin Wong, analista di mercato senior presso OANDA a Singapore, ha dichiarato che il premio per il rischio geopolitico è ancora dietro l’angolo e probabilmente sosterrà i prezzi del petrolio nel breve termine. Il mercato è maggiormente preoccupato per i vincoli di fornitura provenienti dal Medio Oriente e dalla Russia.

Prezzi del greggio in rialzo fanno pressione sull’inflazione, minacciando un aumento che può costringere le banche centrali ad altri incrementi dei tassi di interesse.

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