Il piano UE per finanziare Kyiv con gli asset sovrani di Mosca può rafforzare la risposta europea alla guerra. Ma rischia di minare la fiducia dei mercati e il ruolo internazionale della moneta unica.
L’Unione Europea si trova davanti a una delle scelte più delicate dalla sua fondazione. La proposta di Bruxelles di utilizzare gli asset sovrani russi congelati per garantire fino a 210 miliardi di euro in prestiti all’Ucraina spinge al limite la cornice giuridica e politica dell’Unione e potrebbe avere ricadute significative sul ruolo internazionale del euro e sulla stabilità dei suoi mercati finanziari.
Il meccanismo elaborato dalla Commissione Europea consiste in un “prestito di riparazione”, attraverso il quale l’UE prenderebbe denaro da Euroclear, il deposito titoli belga che detiene la maggior parte degli asset russi congelati, per trasferirlo a Kyiv a tasso zero. La Russia manterrebbe un diritto di rivendicazione sugli asset: per questo la Commissione sostiene che non si tratti di una vera confisca, poiché i beni restano formalmente di proprietà russa. Tuttavia, le preoccupazioni legali restano vive e alcuni Stati membri, in particolare il Belgio, chiedono ulteriori garanzie.
L’aspetto più sensibile riguarda però le conseguenze internazionali. L’euro rappresenta circa il 20 per cento delle riserve valutarie globali e deriva parte del suo prestigio dalla percezione di stabilità giuridica e di rispetto dei diritti di proprietà. Ricorrere agli asset congelati potrebbe alimentare tra investitori e banche centrali la paura di una futura “weaponization of finance”, un uso politico della valuta e del sistema finanziario europeo. Se ciò accadesse, la moneta unica potrebbe dover offrire un premio geopolitico, cioè rendimenti più elevati per convincere gli investitori internazionali a continuare a detenere titoli in euro, compromettendo la sua funzione di bene rifugio. [...]
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