Pensioni, torna la Fornero ma nessuno lo dice

Simone Micocci

24 Ottobre 2025 - 09:48

La legge di Bilancio 2026 accoglie il «ritorno» della legge Fornero. E lo fa nel silenzio generale.

Pensioni, torna la Fornero ma nessuno lo dice

Ricordo bene quando, durante il governo Draghi, si temeva che Quota 102 non venisse confermata. E diciamolo senza giri di parole: è stata una delle misure più deboli di quell’esecutivo. Nei fatti, infatti, ha consentito di andare in pensione in anticipo solo a pochi, servendo più come “paracadute” per l’addio a Quota 100 che come reale alternativa alla legge Fornero.

Eppure, in quei mesi, Matteo Salvini prometteva barricate. Parlava di “ritorno alla Fornero” come di un incubo da evitare a ogni costo. Il problema è che la legge Fornero, in realtà, non se n’è mai andata. Ha continuato a regolare la pensione della stragrande maggioranza dei lavoratori, anche mentre il dibattito politico faceva credere il contrario. Le varie Quota 100, 102, 103, insieme ad Ape Sociale e Opzione Donna, hanno solo aggiunto piccole finestre di flessibilità, spesso limitate e temporanee.

La Fornero, con tutti i suoi difetti, è sempre rimasta la spina dorsale del sistema. E, volendo dirla tutta, ha salvato i conti pubblici: miliardi risparmiati e un equilibrio previdenziale che, senza quella riforma, oggi sarebbe saltato.

Alla luce di ciò, sorprende che oggi nessuno parli più di “ritorno alla Fornero. Né la maggioranza, che per ovvie ragioni preferisce evitare l’argomento, né le opposizioni, che sembrano aver perso voce su uno dei temi più sensibili per milioni di lavoratori. Eppure, la legge di Bilancio appena approvata dal Consiglio dei ministri segna un ritorno in piena regola alla Fornero, anche se nessuno lo ammette apertamente.

La manovra, infatti, cancella due strumenti di flessibilità che negli ultimi anni avevano rappresentato le uniche vie d’uscita dal rigido schema del 2011: Quota 103 e Opzione Donna. Senza dimenticare poi che la prima era già stata svuotata dal ricalcolo contributivo integrale dell’assegno, mentre la seconda ha visto restringersi ulteriormente la platea delle beneficiarie, con requisiti più severi e paletti difficilmente superabili.

Non solo: la legge di Bilancio accetta anche l’aumento dell’età pensionabile, il tanto temuto “scatto” legato alla speranza di vita. Lo fa introducendo un sistema apparentemente graduale - un mese in più nel 2027, due nel 2028 - ma che nella sostanza conferma il meccanismo della Fornero, quello che lega in modo automatico i requisiti alla longevità media. Un meccanismo che, ironia della sorte, era stato duramente criticato proprio da chi oggi siede al governo.

Vale la pena ricordare che solo pochi mesi fa il presidente dell’Inps fu convocato in Parlamento perché il simulatore dell’Istituto mostrava un aumento di tre mesi per l’accesso alla pensione. Apriti cielo: accuse, scuse ufficiali, e la promessa che “nessun lavoratore avrebbe pagato le conseguenze”. Oggi, quegli stessi politici tacciono davanti a un incremento che non solo arriva, ma viene accolto senza resistenze.

L’età per la pensione di vecchiaia salirà quindi di un mese nel 2027 e di due mesi nel 2028. E non finisce qui: anche per i lavoratori gravosi e usuranti, che teoricamente la manovra tutela, scompare la deroga che permetteva di uscire a 66 anni e 7 mesi. Dal 2027 serviranno 67 anni pieni, con un ritardo di cinque mesi rispetto al 2026. Ancora peggio per le Forze Armate e di Polizia, dove i requisiti si alzeranno di quattro mesi già nel 2027 e di sei mesi complessivi dal 2028.

Eppure, tutto questo avviene nel silenzio generale. Un silenzio che non è casuale, ma strategico: perché ammettere che la Fornero è “tornata” significherebbe riconoscere di aver costruito per anni una narrazione opposta, basata sull’illusione di un superamento mai avvenuto.

Non c’è da gridare allo scandalo - l’adeguamento alla speranza di vita è previsto in gran parte d’Europa e serve a garantire la sostenibilità del sistema - ma colpisce l’ipocrisia con cui viene gestito il tema. Chi un tempo indossava la maglietta “Stop Fornero” oggi fa parte del governo che la rilancia. E chi, per storia e ideali, avrebbe dovuto difendere i lavoratori, oggi sembra più interessato ai riflettori della politica internazionale (con scarsi risultati, ammettiamolo) che alle pensioni dei propri elettori.

In questo contesto, il vero problema non è la Fornero, ma lo storytelling politico. Una narrazione costruita su slogan e promesse che si dissolvono al primo contatto con la realtà dei conti pubblici. La politica italiana sembra ormai più concentrata a raccontare il cambiamento che a realizzarlo: lo si evoca, lo si promette, lo si usa per conquistare consenso. Poi, quando arriva il momento di scegliere, si torna esattamente al punto di partenza.

Ecco perché nessuno parla del ritorno della Fornero: perché significherebbe ammettere che la politica italiana vive ormai di storie, non di scelte. E quando la narrazione vale più della coerenza, allora non c’è riforma che possa davvero cambiare le cose. E allora non sorprendiamoci se, alle ultime elezioni europee, solo un elettore su due ha scelto di andare a votare: quando la politica smette di essere credibile, anche la democrazia finisce per perdere interesse.

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