Pensioni, stop ai maxi aumenti

Simone Micocci

13 Marzo 2024 - 09:30

condividi

Dimentichiamoci i maxi aumenti delle pensioni arrivati negli ultimi due anni. La situazione sta per cambiare.

Pensioni, stop ai maxi aumenti

Negli ultimi due anni i trattamenti pensionistici hanno goduto di aumenti considerevoli: nel 2023 le pensioni hanno goduto di una rivalutazione dell’8,1%, mentre quest’anno l’incremento è stato del 5,4%.

“Merito” dell’inflazione galoppante registrata nel post pandemia; a differenza degli stipendi, infatti, le pensioni vengono annualmente adeguate al costo della vita così da impedirne una svalutazione. Va ricordato però che per gli assegni superiori alle 4 volte il trattamento minimo viene effettuata una rivalutazione parziale, con il governo Meloni che, al fine di contenere i costi, ha fissato delle percentuali meno convenienti rispetto a quelle previste dalla normativa originaria.

La sensazione però è che la stagione degli aumenti consistenti delle pensioni sia ormai conclusa. Per quanto sia ancora presto per fare una previsione di quale sarà il tasso di rivalutazione accertato per il 2025, gli ultimi rilevamenti dell’Istat sul tasso di inflazione ci dicono che la corsa ai prezzi sembra essersi ormai arrestata.

Il che ovviamente non è una brutta notizia in quanto l’aumento dei prezzi stava diventando insostenibile e un rallentamento dell’inflazione dovrebbe portare altri vantaggi come il taglio dei tassi di interesse da parte della Bce, ma ci dice anche che potrebbe essere concluso il periodo dei maxi aumenti per le pensioni.

L’andamento dell’inflazione

Come anticipato, negli ultimi due anni la rivalutazione delle pensioni ha beneficiato di tassi elevati: l’8,1% nel 2023 e il 5,4% (valore definitivo) per il 2024.

Per capire la portata basti guardare a quanto era successo nel 2022 e 2021, quando le pensioni vennero rivalutate rispettivamente dell’1,9% e dello 0% (in quanto in tal caso l’inflazione registrata fu persino negativa).

Lo stesso andamento potrebbe esserci nei prossimi anni.

L’aumento dei tassi di interesse, i costi dell’energia che sono ormai al ribasso da tempo, hanno comportato un rallentamento dell’inflazione tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Rispetto a un’inflazione del 10,7% su base annua a gennaio 2023 a fine anno siamo scesi allo 0,6%.

A gennaio e febbraio 2024, mensilità che verranno prese in considerazione per calcolare la misura della rivalutazione delle pensioni, non è andata diversamente con un incremento che rispettivamente è stato di appena lo 0,8% in entrambe le mensilità.

Quale aumento delle pensioni?

Di questo passo, anche laddove la crescita dell’inflazione dovesse mantenersi costante, a inizio 2025 è lecito attendersi un aumento delle pensioni al massimo dell’1%. Pochi euro in più quindi: su un assegno di 1.000€ sono 10€ al mese, 15€ per chi ne prende 1.500.

Anche perché va ricordato che a differenza degli altri anni non è previsto alcun conguaglio della rivalutazione dell’anno precedente, visto che il tasso definitivo accertato dall’Istat è stato lo stesso di quello provvisorio utilizzato lo scorso gennaio per aumentare le pensioni (5,4%).

Il problema delle pensioni minime

La stretta alla rivalutazione obbliga il governo a prendere una decisione sulle pensioni minime.

Oggi pari a 598,61€, grazie alla legge di Bilancio 2023 godono di un aumento straordinario del 2,7% che fa salire l’importo a 614,77€. Tuttavia, questa misura non è per il momento confermata per il 2025: il che significa che senza rivalutazione straordinaria le pensioni minime potrebbero salire al massimo a 604-605€.

Per evitare che tra il 2024 e il 2025 ci sia persino una riduzione della pensione minima, quindi, il governo dovrà mettere nuovamente mano al portafoglio per confermare la rivalutazione straordinaria perlomeno nella stessa misura applicata quest’anno.

L’Irpef

Lo stesso vale per la riforma Irpef entrata in vigore nel 2024 e che per il momento è finanziata solamente per quest’anno.

Una misura che nel migliore dei casi, ossia per chi ha un importo annuo pari o superiore a 28 mila euro, ha comportato un aumento mensile di circa 21 euro. Laddove non dovesse essere confermata nel 2025 vorrebbe dire che i pensionati dovranno fare a meno di questa somma e neppure l’aumento della rivalutazione basterà a compensare l’ammanco.

Ecco perché, come vale per le pensioni minime, il governo dovrà necessariamente intervenire sulle regole fiscali se vuole evitare la spiacevole situazione di pensioni più basse rispetto all’anno precedente nonostante l’aumento dei prezzi (seppur minimo).

Iscriviti a Money.it