Pensioni, a settembre arrivano importanti novità per importi e requisiti

Simone Micocci

1 Agosto 2025 - 09:44

Pensioni, novità da settembre 2025: ecco come possono cambiare le regole per andarci e quali aumenti sono in arrivo.

Pensioni, a settembre arrivano importanti novità per importi e requisiti

Dopo la pausa estiva entrano nel vivo le discussioni per la riforma delle pensioni. A settembre, infatti, il governo inizierà i lavori in vista della legge di Bilancio, il cui testo dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri verso la metà di ottobre per poi iniziare l’iter parlamentare che dovrà completarsi entro la fine dell’anno.

Non prima però di approvare la nota di aggiornamento al Def, per cui c’è tempo fino al 27 settembre, con la quale vengono forniti ulteriori dettagli sull’inflazione attesa per il 2025: un dato che avrà ripercussioni anche per le pensioni, in quanto è proprio dall’andamento dei prezzi che dipende il valore dell’aumento che verrà applicato a partire dal prossimo gennaio per effetto della rivalutazione.

Ci sarà quindi qualche settimana di stallo con poche novità sul fronte pensioni, dopodiché servirà tracciare la strada che si intende perseguire, sulla quale sono già emerse delle prime anticipazioni. Nel 2026, infatti, sembrerebbe esserci il passaggio da Quota 103 a Quota 41 flessibile, il che manterrà inalterata la possibilità di andare in pensione a 62 anni di età con 41 anni di contributi, ma con delle regole differenti per quanto riguarda la penalizzazione in uscita.

Le regole per andare in pensione stanno per cambiare

Stando alle ultime notizie sulle pensioni sembra proprio che il prossimo anno le regole per il collocamento in quiescenza possano subire dei cambiamenti.

La novità più importante, il cui dossier è già in mano al governo Meloni che lo analizzerà con maggiore attenzione al rientro a settembre, riguarda il passaggio da Quota 103 a Quota 41 flessibile. La prima ha fallito: troppo pochi i pensionamenti anticipati a causa del ricalcolo interamente contributivo che penalizza coloro che scelgono di andare prima in pensione.

Ecco quindi che si sta pensando a un’alternativa, rappresentata dall’estensione della platea di coloro che possono accedere a Quota 41, la misura di pensionamento anticipato oggi riservata ad alcune categorie di lavoratori precoci che consente il collocamento in quiescenza al raggiungimento di 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. L’estensione tout court di questa misura, obiettivo di lungo periodo della Lega di Matteo Salvini, costerebbe troppo: tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Per questo si stanno valutando dei paletti: nel dettaglio Quota 41 flessibile richiederebbe comunque un’età minima, sempre pari a 62 anni, e una penalizzazione in uscita che tuttavia sarà differente rispetto a quella prevista da Quota 103. Per ogni anno di anticipo, fino a un massimo di 5 quindi visto che per la pensione di vecchiaia serve aver compiuto 67 anni, ci sarà un taglio dell’assegno del 2% che tuttavia non si applicherà a coloro che hanno un Isee non superiore a una certa soglia, per il momento fissata a 35.000 euro.

Ma non è tutto, perché oltre a Quota 41 flessibile il governo dovrà sciogliere le riserve in merito a Opzione Donna, come pure dovrebbero esserci interventi volti a incentivare le iscrizioni ai fondi per la pensione complementare.

A settembre nuove notizie sull’aumento delle pensioni

Sempre a settembre è attesa la nota di aggiornamento al Def con la quale verranno aggiornate le stime sull’inflazione 2025, il che ci darà nuove notizie in merito all’aumento delle pensioni atteso a gennaio 2026.

Per il momento la rivalutazione attesa si aggira tra l’1,6% e l’1,8%. Così come nel 2025, l’aumento dipenderà dall’importo della pensione, in quanto sopra le 4 volte il trattamento minimo la rivalutazione è parziale. Nel dettaglio, le regole disciplinate dalla legge n. 448 del 1998 prevedono che:

  • la parte di pensione entro i 2.413,60 euro aumenta al 100% del tasso, quindi tra l’1,6% e l’1,8%;
  • la parte che supera i 2.413,60 ma non i 3.017 euro viene rivalutata al 90% del tasso, quindi tra l’1,44% e l’1,62%;
  • infine, la parte che supera anche i 3.017 euro sarà rivalutata al 75%, tra l’1,2% e l’1,35%.

A tal proposito, qui trovate una tabella con gli importi stimati in caso di rivalutazione effettivamente compresa tra l’1,6% e l’1,8%, ma come anticipato solo a settembre ne sapremo di più in merito.

E attenzione, perché sempre il mese prossimo dovrebbero esserci maggiori dettagli sulla riforma fiscale che potrebbe portare a un taglio dell’Irpef per il secondo scaglione (tra 28.000 e e 50.000 euro, con la possibilità che possa essere esteso fino a 60.000 euro). Si potrebbe passare, infatti, dal 35% al 33%, con vantaggi anche sulle pensioni. Sempre da gennaio 2026 però, a patto che il governo riesca a reperire le risorse necessarie da stanziare in manovra.

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