Pensioni, sanatoria contributi Inps. Ecco come funziona

Ilena D’Errico

15 Novembre 2025 - 18:39

Buone notizie dall’Inps, arriva la sanatoria dei contributi Inps obbligatori quasi per tutti. Ecco cosa c’è da sapere.

Pensioni, sanatoria contributi Inps. Ecco come funziona

Spesso le comunicazioni dell’Istituto previdenziale portano cattive nuove ai contribuenti italiani, ma non è il caso di oggi. La nuova circolare dell’Inps ha buone notizie per la sanatoria dei contributi. Seguendo la linea definita dalla Corte di Cassazione, l’ente ha chiarito che i lavoratori hanno sempre tempo per sanare le omissioni contributive dei datori di lavoro, almeno parzialmente.

Ciò è davvero importante per evitare che i dipendenti siano eccessivamente penalizzati per l’inadempimento dei datori, garantendo loro la possibilità, anche a distanza di tempo, di sistemare la propria posizione contributiva pure per i periodi rimasti scoperti. A proposito di tempo, ci sono vari scaglioni temporali cui fare riferimento per la riscossione dei contributi non versati. Vediamoli tutti, insieme alle novità definite dalla circolare n. 141/2025.

La prescrizione ordinaria dei contributi non versati

L’obbligo di versare i contributi per i dipendenti vale non soltanto nei confronti del personale ma anche dello stesso Inps, che ha 5 anni di tempo per il recupero delle somme. Il pagamento dei contributi all’Inps si prescrive infatti in 5 anni (e non in 10), durante i quali l’istituto previdenziale può interrompere la decorrenza esigendo l’adempimento ed eventualmente attivando le procedure di riscossione. La procedura è interamente amministrativa, tant’è che l’Inps può - e quasi sempre lo fa - intervenire d’ufficio quando rileva periodi contributivi scoperti.

I lavoratori possono comunque tutelarsi segnalando personalmente all’Inps il mancato pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro, ma non è obbligatorio. Superato questo arco di tempo senza azioni, il credito si prescrive e l’Inps non può più pretenderlo (anche se il datore può sempre sanarlo autonomamente), ma non finiscono le speranze per i lavoratori.

Cosa succede dopo 5 anni

Una volta passati 5 anni, quindi con i contributi prescritti, ci sono 10 anni di tempo per costituire una rendita vitalizia, che serve appunto a recuperare i periodi di lavoro non coperti dai contributi obbligatori dovuti dal datore di lavoro. Quest’ultimo può, entro 15 anni da quando avrebbe dovuto compiere i versamenti, costituire una rendita vitalizia in favore del dipendente e regolare la sua posizione assicurativa. Se ciò non avviene, tuttavia, il lavoratore stesso può procedere per sé, ma facendosi carico dell’onere e soltanto potendo provare precisamente che il datore non vuole o non può provvedere personalmente.

I dipendenti possono così salvare le future pensioni ma devono pagare personalmente, potendo però eventualmente agire in sede civile contro l’azienda per il risarcimento. Si arriva poi a un altro scaglione temporale rilevante per la sanatoria dei contributi, non appena sono passati 15 anni (ma entro i 20).

A questo punto il lavoratore o i suoi superstiti possono aprire la rendita vitalizia senza necessità di dimostrare la posizione del datore di lavoro. Tra i 15 e i 20 anni dal momento in cui erano dovuti i contributi, quindi, è possibile costituire la rendita vitalizia con una semplice domanda amministrativa che non richiede prove particolari, ma l’onere resta a carico del lavoratore (fatta salva anche in questo caso la possibilità di pretenderne il risarcimento).

Cosa cambia nella sanatoria dei contributi

Come chiarito dalla sentenza n. 22802/2025 della Cassazione e recepito dalla recente circolare dell’Inps, i lavoratori (o i superstiti per loro) possono costituire la rendita vitalizia anche dopo 20 anni o più. Non c’è più il rischio di un danno permanente nei trattamenti pensionistici a causa dell’inadempienza del datore di lavoro, ma una volta trascorsi 20 anni non sarà più possibile richiedere il risarcimento del costo della rendita.

Nonostante ciò, la nuova interpretazione è fondamentale perché consente di salvaguardare le pensioni di numerosi cittadini. Bisogna inoltre ricordare che è comunque possibile agire contro il datore per la ristorazione del danno pensionistico (che però non corrisponde al costo del riscatto previdenziale). È inoltre fondamentale sapere che queste nuove regole si applicano a tutte le richieste inoltrate a partire dal 12 novembre 2025, come pure a quelle giacenti e non definite alla stessa data.

Tutti possono così chiedere la costituzione di una rendita, indicando con precisione i periodi di omissione contributiva e allegando tutti i documenti di data certa (tra cui le buste paga) necessari a provare il rapporto di lavoro.

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