Pensioni, in legge di Bilancio ci sono regole differenti a seconda della professione svolta. Ecco cosa cambia.
La legge di Bilancio 2025 introduce - a decorrere dal 2027 - nuove regole per andare in pensione attraverso un aumento dell’età pensionabile che, a seconda del lavoro svolto, va da 1 a 6 mesi.
Non tutte le professioni, infatti, vengono trattate allo stesso modo dalla Manovra: se da una parte chi svolge i lavori considerati maggiormente gravosi e usuranti evita l’adeguamento dei requisiti di pensionamento con le speranze di vita, ma deve guardarsi dalla fine della deroga che in questi anni ha consentito di smettere di lavorare con 5 mesi di anticipo, dall’altra per la generalità dei lavoratori viene annunciato un incremento di 1 mese nel 2027 e di altri 2 mesi nel 2028. Ancora peggio però va al personale dei comparti Difesa e Sicurezza, i quali vennero esclusi dalla riforma Fornero: per loro c’è un doppio aumento che porterà i requisiti per la pensione a salire persino di 6 mesi nel 2028.
A seconda del lavoro che fai, quindi, devi considerare nuove regole di pensionamento: facciamo chiarezza specificando cosa realmente cambia con la legge di Bilancio 2026.
Pensioni, cosa cambia l’anno prossimo
Prima di tutto è bene ricordare che non ci sono cambiamenti tra il 2025 e il 2026, se non per l’addio a Quota 103 e a Opzione Donna, due misure di flessibilità non confermate dall’ultima manovra.
Pertanto, il diritto alla pensione di vecchiaia si continua a raggiungere all’età di 67 anni (con 20 anni di contributi), oppure 71 anni e 5 anni di contributi nel caso dell’opzione contributiva. La pensione anticipata, invece, matura a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne), mentre nel caso dell’opzione riservata ai contributivi a 64 anni di età e 25 anni di contributi (e un assegno almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale).
A fianco a queste restano le misure riservate a chi svolge lavori particolarmente faticosi. Nel dettaglio, i lavori usuranti sono quelle attività che richiedono uno sforzo fisico e mentale particolarmente intenso, spesso svolte in condizioni difficili o rischiose. Rientrano in questa categoria, ad esempio, le mansioni in galleria, miniera, cassoni ad aria compressa, fonderie, lavori ad alte temperature, in spazi ristretti o a contatto con materiali pericolosi come l’amianto. Sono considerati usuranti anche i lavori notturni o a turni e quelli svolti alla catena di montaggio o alla guida di mezzi per il trasporto pubblico.
I lavori gravosi, invece, pur non raggiungendo il livello di rischio e fatica degli usuranti, comportano comunque un carico fisico o psicologico elevato. Ne fanno parte, ad esempio, facchini, addetti alle pulizie, conducenti di mezzi pesanti, infermieri, maestre d’asilo, operai edili, agricoltori, pescatori, operatori ecologici, tecnici della salute e professionisti impegnati in attività assistenziali o sanitarie.
Per consultare l’elenco di entrambi potete leggere qui; ricordate però che per avere diritto alle agevolazioni serve aver svolto questa professione per almeno 7 anni negli ultimi 10, oppure per almeno 6 negli ultimi 7.
Ebbene, per questi lavoratori esistono delle opzioni di pensionamento riservati. Ad esempio, con Quota 41 si smette di lavorare, indipendentemente dall’età anagrafica, con 41 anni di contributi, a patto che almeno 12 mesi risultino versati prima del compimento dei 19 anni di età.
C’è poi Quota 97,6, per la quale bisogna soddisfare diversi requisiti. Da una parte l’età anagrafica deve essere di almeno 61 anni e 7 mesi, con 35 anni di contributi. Dall’altra la somma tra queste due voci deve dare come risultato almeno 97,6.
E ancora, questi lavoratori possono accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, con 30 anni di contributi, senza quindi tener conto dell’adeguamento con le speranze di vita scattato a gennaio 2019.
Infine c’è l’Ape Sociale che, a differenza di Quota 103 e Opzione Donna, è stata confermata dalla manovra. Nel dettaglio, questa consente di smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi a patto di aver maturato almeno 30 anni di contributi che, nel caso dei gravosi, salgono a 36 anni.
Le regole per il 2027
Nel 2027, invece, scattano diversi aumenti, variabili a seconda della tipologia del lavoro svolto.
Per la generalità dei lavoratori è previsto l’aumento di 1 mese, che si applica su tutte le opzioni di pensionamento. La pensione di vecchiaia, quindi, matura a 67 anni e 1 mese, quella anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) e così via.
Da questo aumento vengono esclusi lavoratori gravosi e usuranti, se hanno almeno 30 anni di contributi, che tuttavia devono dire addio alla deroga sui requisiti per la pensione di vecchiaia. Pertanto, dal prossimo anno questi dovranno aver compiuto i 67 anni di età per poter andare in pensione. Non cambiano, invece, i requisiti per le altre opzioni di pensionamento, dall’anticipata a Quota 41, fino all’Ape Sociale.
Per chi invece fa parte del comparto Difesa e Sicurezza, per i quali oggi ci sono delle regole di pensionamento meno severe rispetto alla generalità dei lavoratori, è previsto un incremento ulteriore. Oltre a quello di 1 mese previsto per l’adeguamento con le speranze di vita, infatti, ce ne sarà un altro di 3 mesi. Complessivamente, quindi, l’aumento sarà di 4 mesi.
Le regole per il 2028
Nel 2028, invece, è previsto solo un altro incremento, di 2 mesi. Questo si applica per la generalità dei lavoratori con la sola esclusione di gravosi e usuranti con almeno 30 anni di contributi. Anche per le Forze Armate e di Polizia.
Dunque, ricapitolando, complessivamente per chi svolge lavori diversi da quelli presenti nell’elenco di usuranti e gravosi andrà in pensione 3 mesi più tardi nel 2028. Lo stesso vale per gravosi e usuranti che hanno meno di 30 anni di contributi.
Per il personale del comparto Difesa e Sicurezza, invece, l’incremento complessivo sarà persino di 6 mesi.
Usuranti e gravosi con 30 o più anni di contributi, invece, pagano solamente la fine della deroga per i requisiti per la pensione di vecchiaia, in vigore fino al 31 dicembre 1996: per questi l’età pensionabile di vecchiaia sale quindi di 5 mesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA