Pensioni, l’aumento dei requisiti non sarà per tutti. Ecco a cosa sta lavorando il governo.
Come abbiamo più volte spiegato, per il governo non sarà affatto semplice bloccare l’aumento dei requisiti per la pensione previsto all’inizio del 2027.
Il meccanismo fissato dalla legge Fornero, che aggiorna ogni due anni i requisiti anagrafici e contributivi in base alle aspettative di vita, garantisce infatti la sostenibilità del sistema previdenziale. Eliminarlo comporterebbe un costo che, alla luce anche di quanto emerge dal Documento programmatico di finanza pubblica, appare oggi proibitivo.
Per evitare che dal 2027 l’età pensionabile si alzi di 3 mesi, sarebbe necessario accettare un incremento del debito pubblico di circa 15 punti di Pil entro il 2045 e di 30 punti entro il 2070. Anche limitandosi a un blocco temporaneo per il solo biennio 2027-2028, la spesa resterebbe comunque elevata: servirebbero 3,3 miliardi di euro nel 2027 e 4,7 miliardi nel 2028.
Reperire queste risorse all’interno della legge di Bilancio - che dovrà già includere misure costose come il taglio dell’Irpef - non sarà affatto semplice. Per questo motivo, il governo sta valutando un meccanismo che consenta di limitare la platea di chi potrà beneficiare del blocco dell’aumento.
L’ultima ipotesi in discussione prevede di congelare i requisiti per la pensione solo per chi ha raggiunto una determinata età. Vediamo quindi quale potrebbe essere questa soglia e in che modo inciderebbe sull’età pensionabile complessiva.
Come cambiano i requisiti di pensionamento nel 2027
Prima di analizzare nel dettaglio cosa potrebbe cambiare con la prossima legge di Bilancio, è utile soffermarsi sull’impatto dell’adeguamento alle speranze di vita. Secondo le stime dell’Istat, a partire dal 2027 è previsto un aumento di 3 mesi, che comporterà un innalzamento automatico dei requisiti per il pensionamento.
L’incremento riguarderà tutte le principali misure previdenziali. Per la pensione di vecchiaia e per l’opzione contributiva della pensione anticipata sarà il requisito anagrafico a salire: l’età richiesta passerà da 67 anni a 67 anni e 3 mesi per la vecchiaia ordinaria, da 71 anni a 71 anni e 3 mesi per la pensione contributiva di vecchiaia, e da 64 anni a 64 anni e 3 mesi per l’anticipo contributivo.
Diverso il discorso per la pensione anticipata ordinaria, che non prevede un requisito anagrafico ma solo contributivo. In questo caso, l’aumento di tre mesi si applicherà direttamente agli anni di versamenti richiesti: per gli uomini si passerebbe quindi a 43 anni e 1 mese di contributi, per le donne a 42 anni e 1 mese, mentre per i lavoratori precoci la soglia salirebbe a 41 anni e 1 mese.
Cosa vuole fare il governo?
L’obiettivo del governo è evitare che scatti l’aumento automatico dei requisiti, che porterebbe a un netto innalzamento dell’età media effettiva di pensionamento in Italia, oggi pari a poco meno di 65 anni.
Un blocco generalizzato dell’adeguamento, tuttavia, avrebbe un costo troppo elevato per le finanze pubbliche, e per questo l’esecutivo sta valutando l’introduzione di limiti precisi.
Le ultime ipotesi sulla riforma delle pensioni indicano che i tecnici starebbero pensando di applicare il blocco soltanto a chi, nel 2027, avrà già compiuto 64 anni, cioè ai nati entro il 1963.
Di fatto, l’intervento riguarderebbe soltanto la pensione anticipata ordinaria, poiché tutte le altre misure previdenziali già oggi richiedono il compimento di almeno 64 anni di età. In questo modo, i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata cambierebbero a seconda dell’anno di nascita.
Chi è nato entro il 1963 continuerebbe ad andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi se uomo, 41 anni e 10 mesi se donna e 41 anni nel caso dei lavoratori precoci appartenenti ai profili di tutela. Chi invece è nato dopo dovrà lavorare 3 mesi in più per accedere alla pensione anticipata prima dei 64 anni.
Questa soluzione, che di fatto ridurrebbe la platea dei beneficiari, garantirebbe un notevole risparmio: rispetto al miliardo di euro necessario per un blocco totale, ne basterebbero circa 300 milioni.
L’alternativa
In alternativa, il governo potrebbe optare per una seconda soluzione. In questo caso non verrebbero fatte distinzioni in base all’anno di nascita, ma si procederebbe a congelare soltanto 2 dei 3 mesi di aumento previsti. In pratica, bisognerebbe lavorare un mese in più prima di poter andare in pensione.
Non è escluso, inoltre, che questo leggero slittamento venga introdotto attraverso una finestra mobile, come già previsto in passato per altre misure. In tal caso, non si tratterebbe necessariamente di 1 mese aggiuntivo di lavoro effettivo: la pensione semplicemente decorrebbe con 1 mese di ritardo rispetto a quanto stabilito in origine, pur restando valido il raggiungimento del requisito per il pensionamento.
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