Pensioni, la Fornero cambia di nuovo le regole. Ecco quali (e da quando)

Simone Micocci

24 Luglio 2025 - 09:44

Pensioni, c’è ancora la Fornero a dettare le regole per il pensionamento in Italia. Vale per l’età pensionabile, ma anche per gli importi.

Pensioni, la Fornero cambia di nuovo le regole. Ecco quali (e da quando)

La riforma delle pensioni del 2011, la cui autrice è stata l’allora ministra per il Lavoro del governo Monti, Elsa Fornero, continua ancora oggi a impattare sulle regole del nostro sistema previdenziale.

Vale tanto per le regole per andare in pensione quanto per quelle del calcolo dell’assegno, per le quali è in programma un cambiamento che non farà piacere ai pensionati di domani. Presto, infatti, si andrà in pensione più tardi e con un assegno più basso, a meno che il governo Meloni non riesca a intervenire ponendo un freno alle conseguenze della legge Fornero che ancora oggi si fanno sentire.

La buona notizia è che non sono in programma novità per il prossimo anno: il calcolo degli assegni seguirà le stesse regole del 2025, così come per l’accesso alla pensione. Dal 2027, invece, cambierà tutto, visto che è già stato annunciato un aumento delle speranze di vita che avrà ripercussioni su entrambi i fattori.

Nel dettaglio, andare in pensione nel 2027 comporterà un assegno più basso a parità di contributi e non solo, perché se il governo non riuscirà a bloccare l’incremento dell’età pensionabile si smetterà anche di lavorare più tardi.

Un sistema, quello disciplinato dalla legge Fornero, che continua quindi a produrre effetti nel tempo nonostante siano trascorsi circa 14 anni dalla sua approvazione. Ma d’altronde è così che si è cercato di mettere in sicurezza i conti pubblici, evitando che il fatto che si possa vivere più a lungo possa comportare un aumento insostenibile della spesa previdenziale.

Dal 2027 si andrà in pensione più tardi

Partiamo dal primo aspetto. A partire dal 2027 è previsto un nuovo adeguamento dei requisiti per il pensionamento, determinato dall’incremento delle speranze di vita registrato dall’Istat dopo la fase di stallo dovuta alla pandemia. Si tratterebbe del primo aggiornamento dopo quello introdotto nel 2019, quando furono aggiunti 5 mesi ai requisiti anagrafici, portando l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni. Ora si prevede un ulteriore scatto in avanti: l’accesso alla pensione di vecchiaia sarà infatti possibile solo al compimento di 67 anni e 3 mesi.

Questo incremento non riguarderà soltanto la pensione di vecchiaia ordinaria, ma avrà ripercussioni sull’intero sistema pensionistico. Le modifiche interesseranno anche le forme di pensione anticipata: chi punta a questa opzione dovrà maturare 43 anni e 1 mese di contributi, con una riduzione di un anno prevista per le lavoratrici. Analogamente, aumenterà il requisito contributivo anche per chi accede alla pensione come lavoratore precoce attraverso l’attuale Quota 41, che sarà soggetta a un’estensione, sempre di 3 mesi appunto.

Le novità coinvolgeranno pure coloro che rientrano nel regime interamente contributivo, ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Per costoro, l’età minima per la pensione di vecchiaia salirà da 71 a 71 anni e 3 mesi, mentre la pensione anticipata prevista a 64 anni (riservata ai contributivi puri), già modificata dalla legge di Bilancio 2025 con un innalzamento del requisito contributivo da 20 a 25 anni, subirà anch’essa l’effetto dell’adeguamento alla longevità.

Dal 2027 anche un assegno più basso

Ma il posticipo dell’età pensionabile non è l’unica ombra all’orizzonte. Chi maturerà i requisiti per la pensione a partire dal 2027 dovrà fare i conti anche con una riduzione dell’importo dell’assegno. A incidere sarà ancora una volta il meccanismo di adeguamento automatico alle speranze di vita, che coinvolge anche i cosiddetti coefficienti di trasformazione.

Questi parametri, previsti dalla legge Fornero, servono a convertire il montante contributivo accumulato nel corso della carriera in pensione mensile: più si allunga l’aspettativa di vita, più questi coefficienti si abbassano, penalizzando così l’importo finale.

Già nel biennio 2025-2026 si è registrato un peggioramento dei coefficienti rispetto al periodo precedente, con un impatto diretto sugli importi delle nuove pensioni. Tuttavia, chi uscirà dal mondo del lavoro nel biennio 2027-2028 si troverà in una situazione ancora meno favorevole, dal momento che l’ulteriore aumento della longevità media comporterà un’ulteriore stretta sui coefficienti, e dunque assegni più leggeri a parità di contributi versati.

Questa tendenza, peraltro, non sembra destinata a fermarsi. Al contrario, gli aggiornamenti basati sull’aspettativa di vita stanno diventando strutturali e ciclici: ogni biennio, le condizioni per accedere alla pensione, così come il rendimento dei contributi, rischiano di diventare progressivamente meno vantaggiose. Chi si avvicina oggi alla pensione, dunque, deve considerare che i prossimi scatti potrebbero essere solo l’inizio di un percorso segnato da ulteriori irrigidimenti.

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