Pensioni: flessibilità, aumenti dell’assegno e meno tasse. Le richieste di Barbagallo (Uilp) per la riforma

Simone Micocci

17 Aprile 2023 - 16:00

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Intervista a Carmelo Barbagallo, Uil pensioni: in attesa di un nuovo incontro con il ministero del Lavoro, ecco quali sono le richieste del Sindacato in merito alla riforma.

Pensioni: flessibilità, aumenti dell’assegno e meno tasse. Le richieste di Barbagallo (Uilp) per la riforma

La riforma delle pensioni è a un punto morto: i sindacati continuano ad attendere speranzosi una nuova convocazione da parte del governo Meloni, in prosecuzione del dibattito avviato nel gennaio scorso, ma le ultime notizie non lasciano presagire a nulla di buono.

Nel Def - Documento di economia e finanza - non ci sono infatti risorse per la riforma delle pensioni. Risorse che - ritiene Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil pensioni - si potrebbero trovare laddove lo si volesse, ad esempio “incrementando la lotta all’evasione fiscale”.

A tal proposito, il segretario della Uilp ha svelato in esclusiva a noi di Money.it i punti più importanti delle richieste avanzate dal Sindacato al governo Meloni, a partire dalla necessità di rendere il sistema pensionistico maggiormente flessibile permettendo il collocamento in quiescenza a 62 anni di età oppure con 41 anni di contributi (indipendentemente dall’età).

E ancora, viene puntato il dito contro la stretta all’indicizzazione apportata dalla legge di Bilancio 2023, con la quale è stato deciso di “fare cassa sui pensionati” rivedendo le percentuali di rivalutazione per gli assegni superiori a 4 volte il trattamento minimo. Decisione che rischia persino di finire davanti alla Corte costituzionale.

Il governo sembra essere sordo alle richieste dei sindacati riguardo alla riforma delle pensioni. Al momento non ci sono incontri programmati e il ministero del Lavoro sembra volersi affidare al parere del nuovo Osservatorio - nominato il 23 marzo scorso - prima di decidere il da farsi. Qual è la vostra posizione a riguardo?

Il Governo ha convocato due incontri sulla Previdenza: uno a gennaio e uno a febbraio. Solo uno di questi ha visto la partecipazione della Ministra Calderone. Dal secondo incontro in poi non abbiamo più ricevuto notizie. Il Tavolo della Previdenza è scomparso dai radar.

Ma anche quando il Governo ci convoca, sembra che ci ascolti ma non ci senta. La piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil, al cui interno sono presenti anche le rivendicazioni del Sindacato dei pensionati, è stata presentata a questo Governo e a quelli precedenti più e più volte. Le nostre proposte sono chiare. Noi siamo un Sindacato di proposta e solo poi di protesta. Ma se non ci sentono, ci rimane solo la protesta.

La Ministra Calderone ha dichiarato che una prima fase del ‘cantiere previdenza’ dovrebbe aprirsi dopo l’estate. Altri esponenti di Governo hanno dichiarato che le risorse cui attingere sono scarse. Questa carenza di risorse per la previdenza emerge anche dal Def e tradisce le promesse elettorali. Quello che noi ci chiediamo è: le risorse non ci sono o non si vogliono trovare? Ad esempio, per ‘risanare’ la Sanità dopo anni di tagli lineari, si sarebbe potuto utilizzare il Mes, cui invece si è rinunciato per rifiuto ideologico.

Noi crediamo che per far ripartire questo Paese, per fare delle vere riforme, sia ora di mettere in atto una seria lotta all’evasione fiscale, che nel nostro Paese vale la cifra esorbitante di 111 miliardi di euro. Per trovare i fondi necessari alla riforma del sistema previdenziale si potrebbe cominciare da qui. La lotta all’evasione fiscale e la riforma della previdenza, sono tra i principali temi al centro della mobilitazione programmata da Uil, Cisl e Cgil con le tre grandi manifestazioni del mese di maggio .

Con riferimento all’Osservatorio, aspettiamo di capire di cosa si tratta, solo a quel punto potremo esprimere la nostra opinione al riguardo.

Quota 41 per tutti, Opzione donna, pensioni di garanzia: cosa chiedete al governo rispetto alle strade che potrebbero portare a una revisione della legge Fornero?

Per noi la strada per riformare il sistema previdenziale è chiara, servono: flessibilità in uscita, che permetta alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età; sostegno alle categorie più fragili, ad iniziare da coloro che rientrano nella pensione precoci e nell’Ape sociale (disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha svolto lavori gravosi o usuranti). Bisogna riconoscere il lavoro di cura ai fini previdenziali, in particolare quello svolto dalle donne. Serve tutelare i giovani, il lavoro povero e il lavoro discontinuo, a tal fine bisogna istituire di una pensione contributiva di garanzia per i giovani.

Non meno importante, anzi fondamentale per la Uilp, la piena indicizzazione di tutte le pensioni, in modo da non penalizzare chi ha sempre rispettato le regole e versato anni di contributi, contribuendo con le proprie imposte all’erario dello Stato. Bisogna tutelare e incrementare il potere d’acquisto delle pensioni.
Occorre poi separare la spesa assistenziale da quella previdenziale, per dimostrare finalmente che la spesa previdenziale è sostenibile e perfettamente in linea con la media europea.

Non si può negare però che ci sia un problema di risorse, tanto che il presidente dell’Inps è dovuto intervenire per far presente cosa succederà nei prossimi anni quando potrebbe esserci un rapporto tra pensionati e lavoratori di uno a uno. Non ritiene che il margine per una manovra delle pensioni possa essere talmente ridotto da impedire l’approvazione di una riforma che andrebbe a gravare ancora di più sulle future generazioni?

Come dicevo, le risorse si possono trovare, eccome. I livelli altissimi di evasione fiscale e contributiva in Italia sottraggono una mole di risorse inaccettabile per una democrazia. L’evasione è il male assoluto del nostro Paese che toglie risorse ai cittadini e alla comunità e che falsa la concorrenza tra imprese.

È chiaro poi, che la sostenibilità del sistema pensionistico si garantisce solo in un modo: con l’aumento di posti di lavoro non precari e pagati il giusto, a partire dall’aumento dell’occupazione femminile e giovanile. Buoni posti di lavoro per i giovani oggi garantiscono, infatti, sia il pagamento delle pensioni attuali, sia un futuro sereno agli anziani di domani. Anche per questo, come Uil Pensionati, siamo sempre presenti alle manifestazioni dei lavoratori. Non è solo solidarietà, ma anche ‘interesse’. Lavoro dignitoso oggi, significa pensioni dignitose domani.

Dobbiamo smettere di fare la lotta tra le due generazioni dimenticate dalla politica. Giovani e anziani sono due facce della stessa medaglia. L’interesse degli uni è anche l’interesse degli altri. Le persone anziane rappresentano memoria e esperienza, i giovani il futuro, insieme costruiscono il presente.

Nei mesi scorsi si è parlato molto degli aumenti riconosciuti con la rivalutazione, spesso dimenticando che in realtà il governo Meloni ha operato un “taglio” prevedendo percentuali d’indicizzazione più penalizzanti per gli assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo. Lo stesso meccanismo viene previsto anche per il 2024: voi chiederete di rivederlo?

L’ultima Legge di Bilancio è stata una vera e propria stangata per i pensionati. Il taglio della rivalutazione (e qui è bene ricordare che la rivalutazione non è un aumento delle pensioni, ma un parziale adeguamento all’inflazione) è stata l’ennesima operazione di cassa fatta sulle spalle dei pensionati. Operazione di cassa che ha fruttato 3,5 miliardi lordi di risparmio per lo Stato.

Abbiamo fatto i calcoli: una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 2.500 euro, perde nel solo 2023 circa 25 euro al mese, circa 325 euro nell’anno; una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 3.000 euro, perde nel solo 2023 oltre 92 euro al mese, circa 1.200 euro nell’anno; una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 3.500 euro perde nel solo 2023 oltre 115 euro al mese, circa 1.500 euro nell’anno.

Questi tagli sono destinati a perdurare nel tempo perché si ripercuotono in tutti gli anni successivi in cui si riceverà la pensione. Gli importi riconosciuti a titolo di rivalutazione all’inflazione in un determinato anno, infatti, sommandosi al valore della pensione, contribuiscono a costituire la base di calcolo per gli adeguamenti dell’anno successivo.

Senza dubbio alcuno chiediamo al Governo e al Parlamento di tornare sui loro passi. Non ci limitiamo solo a questo: la Uil Pensionati nazionale ha deciso, in raccordo con la Uil, di presentare alcune cause pilota, il tutto ovviamente a nostre spese.

Il nostro obiettivo è ottenere la pronuncia della Corte Costituzionale sulla illegittimità costituzionale dell’articolo della Legge di Bilancio che ha tagliato la rivalutazione. Abbiamo individuato tra i nostri iscritti una decina di pensionate e pensionati che saranno i ricorrenti di queste cause pilota.

L’iter sarà lungo, ma l’obiettivo è anche politico. Vogliamo mantenere alta l’attenzione su questa ennesima ingiustizia ed evidenziare che è ora di finirla di utilizzare i pensionati come un salvadanaio da rompere ogni volta che ce n’è bisogno. Non è possibile che ogni volta che servono soldi si vanno a prendere dai pensionati. I continui tagli o blocchi alla rivalutazione costituiscono una violazione del patto che c’è tra cittadini pensionati e istituzioni.

La rivalutazione invece è stata resa più favorevole per i trattamenti inferiori al minimo di pensione, tanto che nel 2023 si arriverà fino a 600 euro al mese per i pensionati con più di 75 anni. Vi aspettate un ulteriore salto in avanti per il 2024, magari fino ad arrivare ai 1.000 euro indicati come soglia minima da Forza Italia?

Innanzitutto ci tengo a sottolineare che, per noi, qualsiasi intervento che aumenti il potere d’acquisto dei pensionati è positivo.

Questa norma, tuttavia, è rivolta a una platea abbastanza ristretta, alla quale viene concesso un aumento irrisorio per chi ha meno di 75 anni e comunque contenuto per chi ne ha più di 75. Si tratta peraltro di un aumento non strutturale che, nella Legge di Bilancio, già si prevede ridotto per il 2024. Inoltre la norma è stata scritta frettolosamente, infatti l’Inps ha avuto problemi tecnico applicativi tanto che l’aumento non è stato ancora erogato e forse lo sarà a luglio. Infine si tratta di risorse ricavate dal taglio della perequazione alle altre pensioni. Si dà a poveri togliendo ai meno poveri.

Sinceramente auspichiamo il salto in avanti a 1.000 euro ma questo, come tante altre promesse elettorali, ci sembra di difficile realizzazione.

La rivalutazione è servita per mantenere inalterato il potere d’acquisto dei pensionati ma non sembra essere abbastanza, specialmente se consideriamo che l’inflazione non vuole arrestarsi. Avete proposte per far sì che il reddito dei pensionati possa godere di ulteriori incrementi?

In teoria la rivalutazione servirebbe a questo ma, come ho già detto, così non è stato, perché da anni per molti pensionati la rivalutazione non è comunque piena. Ci sono stati molti blocchi e il meccanismo stesso presenta criticità.

Anche considerando che l’adeguamento alla rivalutazione si basa sull’inflazione dell’anno precedente. Per quest’anno, dunque, le pensioni (sempre solo quelle fino a 4 volte il minimo) sono state rivalutate al 7,3% a fronte di una inflazione che ha toccato picchi del 12,8%. Possiamo affermare che il potere d’acquisto delle pensioni non è affatto rimasto inalterato nel tempo.

Noi proponiamo, oltre a una vera e piena indicizzazione all’inflazione di tutte le pensioni (anche le più alte), l’ampliamento della platea dei beneficiari della quattordicesima e l’incremento dell’importo per chi già la riceve.

Altro obiettivo fondamentale è abbassare le tasse anche ai pensionati. La pressione fiscale sui pensionati italiani è tra le più alte d’Europa e del mondo. Nel 2021 la tassazione media sulle pensioni nell’area Ocse era del 10% scarso, mentre in Italia superava il 22%.

Come Uilp abbiamo inoltre proposto di istituire un Servizio civile di anziani attivi in modo da consentire alle persone anziane che possono e lo desiderano di svolgere attività a loro gradite, ovviamente con un orario flessibile. Abbiamo sbagliato quando abbiamo fatto svolgere i lavori socialmente utili ai giovani, perché si sono trasformati in una fabbrica di precariato. I giovani hanno bisogno di lavoro stabile, mentre le persone anziane, mettendosi al servizio della comunità e svolgendo attività non pesanti, potrebbero anche integrare le pensioni, come detto, spesso troppo basse.

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