Pensioni, importanti novità con la legge di Bilancio 2026. Gli importi potrebbero cambiare, ecco come.
Con la legge di Bilancio 2026 potrebbero esserci novità sul fronte pensioni che andranno a interessare direttamente gli importi degli assegni. Le possibili misure in manovra sono diverse, alcune delle quali particolarmente rilevanti dal momento che avranno un impatto tangibile sulle tasche dei pensionati.
Va detto, però, che al momento ci sono più dubbi che certezze. Basti pensare, ad esempio, alla rivalutazione, ossia quel meccanismo che adegua gli importi delle pensioni al costo della vita. Su questo tema il governo sta già facendo le prime riflessioni, considerando l’elevato costo - circa 5 miliardi di euro - nel caso in cui il tasso d’inflazione accertato dovesse risultare pari a quello stimato dell’1,7%.
Sempre nella legge di Bilancio sarà poi necessario decidere cosa fare della rivalutazione straordinaria degli assegni il cui importo non supera il valore del trattamento minimo. Nelle scorse manovre il meccanismo, voluto in particolare da Forza Italia per mantenere la promessa elettorale di portare le pensioni a 1.000 euro al mese, è stato confermato ma ridimensionato, tanto che oggi siamo ancora molto lontani dalla soglia minima che era stata indicata da Silvio Berlusconi. Per questo motivo si ragiona su un possibile aumento, nonché su un’estensione della misura anche ai titolari di prestazioni assistenziali, come gli assegni di invalidità civile o l’Assegno sociale.
In ultimo, resta la riforma fiscale. È sempre al vaglio del governo, infatti, la possibilità di tagliare l’aliquota Irpef sul secondo scaglione: un’eventuale novità che avrebbe conseguenze anche per i pensionati, seppur soltanto per coloro che si collocano in una fascia di reddito medio-alta.
Rivalutazione delle pensioni, in legge di Bilancio un nuovo taglio?
A gennaio 2026 le pensioni dovrebbero aumentare di pochi euro, almeno secondo le stime attuali del governo. A prevederlo è la regola che lega gli importi dei trattamenti previdenziali e assistenziali all’andamento dell’inflazione: un meccanismo, conosciuto come rivalutazione o perequazione, che ha lo scopo di preservare, almeno in parte, il potere d’acquisto degli assegni.
Per il prossimo anno la variazione media dei prezzi è stimata all’1,7%. Se non ci saranno modifiche, il meccanismo applicato sarà quello previsto dalla legge n. 448/1998, che prevede la rivalutazione piena per gli assegni fino a 2.413,60 euro lordi al mese, ridotta al 90% per la quota compresa tra 2.413,60 e 3.017 euro e al 75% per la parte eccedente i 3.017 euro. In questo modo chi percepisce una pensione bassa o media beneficerà dell’adeguamento pieno, mentre per gli assegni più elevati la percentuale di incremento sarà progressivamente ridotta.
Nonostante ciò, per le casse pubbliche il costo complessivo rimane elevato. Ecco perché non si può escludere che il governo decida di intervenire nuovamente in legge di Bilancio, limitando la rivalutazione per le pensioni più alte. È già accaduto in passato, con i tagli del 2023 e del 2024, e la possibilità è tornata attuale anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha respinto il ricorso dei pensionati, supportati dai sindacati, confermando la legittimità di tali correttivi.
Rivalutazione straordinaria, cosa succede nel 2026?
A cambiare sarà anche l’importo percepito da chi si trova al di sotto della soglia minima di pensione, oggi pari a 603,40 euro al mese, che corrispondono a 7.844,20 euro annui. Attualmente questi pensionati beneficiano di un incremento straordinario del 2,2%, che porta l’importo massimo a 616,67 euro mensili.
Dal 2026, però, la misura della rivalutazione straordinaria verrà ridotta, scendendo all’1,5%. Di fatto, considerando 603,40 euro rivalutati dell’1,7% e poi l’incremento straordinario dell’1,5%, ne risulterebbe un importo di 622,86 euro al mese: un aumento di appena 6,19 euro al mese, cioè poco più di 80 euro all’anno.
Ecco perché Forza Italia continua a fare pressione affinché la rivalutazione straordinaria venga mantenuta almeno al 2,2%, prendendo atto che questo è il massimo realisticamente raggiungibile vista l’impossibilità di portare le pensioni minime a 1.000 euro mensili.
Nel frattempo, torna in discussione anche l’ipotesi, già avanzata in passato dal Parlamento ma mai accolta dal governo, di estendere il diritto alla rivalutazione straordinaria ai titolari di pensioni di invalidità civile e Assegno sociale. La legge di Bilancio 2026 potrebbe rappresentare l’occasione giusta per realizzare questa proposta.
Taglio dell’Irpef: pensioni più alte nel 2026?
Il 2026 potrebbe essere un anno di svolta anche lato fiscale, visto che il governo sta lavorando a una riforma che dovrebbe trovare spazio nella prossima legge di Bilancio e che prevede un intervento mirato sull’Irpef.
L’ipotesi è di ridurre l’aliquota del secondo scaglione di reddito, che oggi è pari al 35%, portandola al 33% ed estendendo il limite massimo di applicazione fino a 60.000 euro. In questo modo i pensionati con redditi medio-alti si ritroverebbero a pagare meno tasse, con un aumento diretto dell’importo netto, a parità di lordo.
Secondo le simulazioni, il beneficio massimo si avrebbe per chi percepisce 60.000 euro lordi l’anno, con un risparmio di circa 640 euro che equivale a poco più di 53 euro al mese. Con redditi inferiori, il vantaggio si ridurrebbe proporzionalmente: ad esempio, un assegno di 40.000 euro lordi determinerebbe un risparmio di circa 240 euro all’anno, pari a 20 euro mensili, mentre con 50.000 euro lordi il guadagno netto sarebbe di circa 440 euro, cioè poco più di 36 euro al mese. Per chi ha redditi fino a 28.000 euro, invece, non ci sarebbero cambiamenti, dal momento che la tassazione continuerebbe a essere applicata interamente con l’aliquota del 23%.
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