Pensioni, brutte notizie se sei nato dopo gli anni ‘60. “Niente sarà come prima”

Simone Micocci

19 Maggio 2025 - 09:46

Per i nati dopo il 1960 i requisiti per la pensione rischiano di cambiare per sempre. L’aumento di tre mesi è vicino: un eventuale congelamento rimanderà solamente il problema.

Pensioni, brutte notizie se sei nato dopo gli anni ‘60. “Niente sarà come prima”

Brutte notizie per chi è nato dopo il 1960 e sta iniziando a fare i conti con la propria futura pensione.

Dal 1° gennaio 2027 è previsto un nuovo aumento dell’età pensionabile, legato al meccanismo automatico di adeguamento dei requisiti previdenziali alle speranze di vita. Secondo quanto dichiarato dal direttore generale dell’Inps Valerio Vittimberga, nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali, l’adeguamento comporterà un incremento di 3 mesi per accedere alla pensione.

Si tratta di una novità tutt’altro che marginale, che riguarderà milioni di lavoratori e lavoratrici destinati a uscire dal mondo del lavoro tra pochi anni. Dopo un lungo periodo di “tregua” iniziato con la pandemia da Covid-19, che ha interrotto il trend di crescita della longevità, ora l’Istat rileva una nuova ripresa della speranza di vita, e con essa scatta il meccanismo previsto dalla legge Fornero del 2011, che prevede una verifica biennale sull’adeguamento dei requisiti pensionistici.

Il risultato è che dal 2027 l’accesso alla pensione di vecchiaia, ma anche a diverse forme di pensionamento anticipato, verrà posticipato. E mentre l’Inps conferma che il processo è ormai in moto, l’unica possibilità per bloccarlo resta un intervento politico, che però richiede risorse ingenti - circa 4 miliardi di euro per un blocco definitivo e strutturale - e deve avvenire entro la fine del 2025.

Nel frattempo, nessun segnale concreto è arrivato da parte del governo, che non ha ancora chiesto all’Inps una quantificazione ufficiale dei costi per sterilizzare l’aumento. Un silenzio che pesa, soprattutto per quei lavoratori coinvolti in piani di uscita anticipata, come l’isopensione o il contratto di espansione, che rischiano di trovarsi scoperti per alcuni mesi senza stipendio né pensione.

Sterilizzazione dell’aumento dell’età pensionabile entro fine 2025

Una scelta politica”, così il direttore generale Inps, Valerio Vittimberga, ha definito la possibile sterilizzazione dell’aumento dell’età pensionabile a decorrere dal 2027. Un incremento - per adesso stimato a 3 mesi secondo gli ultimi dati Istat - che andrà a toccare tutte le principali opzioni di pensionamento: dalla pensione di vecchiaia, il cui requisito anagrafico salirà a 67 anni e 3 mesi - alla pensione anticipata dove invece a essere incrementato è il requisito contributivo che passa dagli attuali 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese (con un anno in meno per le donne).

L’incremento varrebbe anche sulle opzioni contributive del pensionamento di vecchiaia e anticipato - che rispettivamente aumentano a 71 anni e 3 mesi e 64 anni e 3 mesi - come pure per coloro che hanno aderito alle opzioni di scivolo come l’isopensione o il contratto di espansione.

Per quest’ultimi però, di cui tanto si è parlato negli ultimi giorni tanto da definirli i “nuovi esodati”, Vittimberga ha spiegato che una soluzione ci sarebbe: d’altronde, trattandosi di trattamenti regolati da un accordo tra azienda e lavoratore, non è da escludere che questo possa essere ritoccato così da andare a coprire anche i 3 mesi di “ritardo” in cui il lavoratore resterebbe senza stipendio in attesa della pensione.

Entro quando va bloccato l’aumento delle speranze di vita?

La cattiva notizia per i nati dopo il 1960 - quindi chi compie i 67 richiesti per la pensione di vecchiaia dopo il 2027 - come pure per tutti gli altri che hanno in programma di smettere di lavorare tra poco meno di due anni, è che il governo ha poco tempo per trovare le risorse necessarie a bloccare l’adeguamento automatico dei requisiti per la pensione con le speranze di vita, circa 4 miliardi di euro secondo quanto stimato dall’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero.

La sterilizzazione, infatti, dovrà essere in legge di Bilancio 2026, in quanto il blocco all’adeguamento dovrà essere approvato entro il 31 dicembre prossimo. Non una buona notizia, visto che la situazione per la prossima manovra finanziaria non è delle migliori visto che già nel Def da poco approvato dal Consiglio dei ministri è stata dimezzata la previsione di crescita fatta in precedenza, passata dall’1,2% allo 0,6% (in linea con le previsioni di Bankitalia). In un contesto del genere sarà molto complicato per il governo trovare le risorse necessarie a impedire l’aumento dell’età pensionabile, anche perché nel frattempo bisognerà anche pensare ad altre misure come ad esempio la conferma del taglio del cuneo fiscale.

Una cosa è certa, al momento il governo - nonostante le dichiarazioni di facciata - non si è ancora messo al lavoro per bloccare l’adeguamento con le speranze di vita.

Sempre durante l’audizione, infatti, il direttore centrale studi e ricerche dell’Inps, Gianfranco Santoro, ha spiegato che i costi necessari non sono ancora chiari: l’Istituto sta facendo degli approfondimenti, ma tutto dipenderà da “come verrà scritta la norma”. Un conto, infatti, sarà bloccare l’aumento per tutti, un altro limitarlo a coloro che hanno aderito a piani aziendali di scivolo per il pensionamento anticipato. Al momento comunque il governo non si è ancora interessato a riguardo, visto che dall’Inps non è arrivata alcuna richiesta in merito a quanto costerebbe una sterilizzazione totale. E questo dice tutto sullo stato dei lavori.

Iscriviti a Money.it