Riforma delle pensioni: si valuta la fattibilità di un progetto che punti ad innalzare a 780 euro la pensione minima di coloro che hanno l’assegno calcolato interamente con il sistema contributivo.
Pensioni: sindacati e Governo lavorano per riconoscere ai futuri pensionati un assegno di importo non inferiore ai 780,00 euro, cifra dalla quale oggi si calcola l’integrazione riconosciuta con la pensione di cittadinanza.
Un aumento della pensione minima che potrebbe essere previsto dal progetto finalizzato all’introduzione di una serie di meccanismi volti a limitare gli svantaggi derivanti dal passaggio al sistema di calcolo contributivo dell’assegno.
Una pensione di garanzia che andrebbe ad interessare tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e che di conseguenza avranno un assegno calcolato solamente sulla base del proprio montante contributivo, ossia del numero (e del valore) degli anni di contributi versati durante la vita lavorativa.
Più sono le settimane lavorate, e maggiore la retribuzione percepita, e più alto sarà l’importo dell’assegno riconosciuto al momento del pensionamento. Il problema è che le difficoltà del mercato del lavoro attuale rendono sempre più complicato mantenere una carriera lavorativa stabile, così come guadagnare stipendi soddisfacenti che garantirebbero di conseguenza una pensione perlomeno proporzionata al costo della vita da pensionato.
Ecco perché per le pensioni è allarme giovani, con questi che rischiano di percepire assegni inadeguati e insufficienti per far fronte anche alle sole spese quotidiane. Per questo motivo sindacati e Governo hanno cominciato fin da adesso a pensare ad una serie di meccanismi che potrebbero bilanciare il passaggio al sistema di calcolo contributivo della pensione, e nell’incontro avuto nella giornata di ieri hanno avuto modo di valutare una prima serie di proposte.
Una di queste prevede proprio un innalzamento della pensione minima che verrebbe incrementata per tutti almeno fino alla soglia dei 780,00 euro mensili.
Pensione minima a 780 euro: così si salvano i giovani da un futuro incerto?
Considerando il funzionamento del metodo di calcolo contributivo della pensione e lo stato attuale del mercato del lavoro, c’è un rischio concreto che l’importo medio delle pensioni nei prossimi anni scenda notevolmente.
La data da segnare in rosso sul calendario è il 2036, quando secondo gli esperti ogni persona che andrà in pensione avrà l’assegno calcolato interamente con il sistema contributivo. Per quella data bisogna prendere delle contromisure, come quella presentata dai sindacati i quali hanno chiesto al Governo di porre una pensione minima di base con un importo non inferiore ai 780 euro mensili.
Un po’ come succede oggi con l’integrazione al trattamento minimo della pensione, con la differenza che questo viene applicato solamente a coloro che contestualmente soddisfano determinate condizioni reddituali.
Ogni persona che matura i requisiti per l’accesso alla pensione e che ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, quindi, avrebbe diritto - indipendentemente dal montante contributivo - ad un assegno di importo non più basso di 780 euro, cifra indicata dai sindacato come il minimo vitale per una persona sola.
Ricordiamo che si tratta solamente della base di partenza, in quanto potrebbe crescere in proporzione al numero di anni effettivi di contributi.
Pensione minima a 780 euro: cosa ne pensa il Governo?
Da parte sua il Governo si è detto disposto a valutare l’ipotesi di innalzare a 780 euro la pensione minima per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 in quanto anche i giovani d’oggi “devono aver la garanzia di un assegno dignitoso”. Tutto però dipenderà dall’impatto che una proposta di questo tipo avrà sui conti pubblici, in quanto la nuova riforma delle pensioni dovrà comunque essere sostenibile.
I sindacati si sono detti fiduciosi e soddisfatti del risultato di questo primo incontro, pur essendo consapevoli del fatto che tutto dipenderà dalle risorse che il MEF metterà a disposizione per la riforma.
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