Pensioni, cosa ci sarà in Legge di Bilancio 2022: le novità punto per punto

Simone Micocci

18 Ottobre 2021 - 12:37

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Legge di Bilancio 2022: quanto spazio per il capitolo pensioni? I temi caldi sono diversi: ecco le novità spiegate.

Pensioni, cosa ci sarà in Legge di Bilancio 2022: le novità punto per punto

Nella Legge di Bilancio 2022 ci sarà spazio per le pensioni, ma non sappiamo quanto grande (in termini di risorse). Una cosa è certa: il Governo Draghi dovrà intervenire su alcuni punti fondamentali, anche perché dal 1° gennaio 2022 sono attese diverse novità per il capitolo pensioni.

Va detto che per il momento i piani del Governo sulla riforma delle pensioni appaiono alquanto oscuri: nella nota di aggiornamento al DEF non viene affrontato il tema previdenziale, e neppure nel documento programmatico che verrà inviato all’Unione Europea per un parere. Questo perché il tema pensioni è piuttosto delicato, anche sul piano politico: Matteo Salvini ha fatto intendere che il suo sostegno alla maggioranza dipenderà anche dalle decisioni che verranno prese a riguardo, promettendo barricate nel caso in cui dovesse esserci il “ritorno della Fornero” (riferendosi all’addio, programmato, di Quota 100).

Nonostante ciò, alcune novità sul fronte pensioni sono già note, anche se non si può parlare ancora di ufficialità. A tal proposito, vediamo punto per punto di quali novità si tratta, così da fare chiarezza su come le pensioni potrebbero cambiare dal prossimo anno.

Quota 100

Per Quota 100 non sono attese novità in Legge di Bilancio. È bene chiarirlo subito, nonostante c’è chi spera in una conferma di questa misura in scadenza, come da programma, il 31 dicembre di quest’anno.

Matteo Salvini chiede con forza che il Governo Draghi rifletta su una proroga, ma al momento non sembra esserci l’intenzione. Gli unici, dunque, che potranno fare domanda per Quota 100 nel 2022 saranno coloro che ne maturano tutti i requisiti entro il 31 dicembre 2021.

Ape Sociale

Novità importanti ci saranno per l’Ape Sociale, l’anticipo pensionistico che consente ad alcune categorie di persone di anticipare l’uscita dal mercato del lavoro percependo nel contempo un’indennità sostitutiva di pensione finanziata dallo Stato.

Per l’Ape Sociale bisognerà in primis intervenire con una proroga della misura, in quanto in scadenza il 31 dicembre 2021. La nuova scadenza verrà decisa in base alle risorse a disposizione, ma non è da escludere che l’Ape Sociale - dopo anni in forma “sperimentale” - diventi persino strutturale.

L’altra novità riguarda nell’ampliamento della platea dei beneficiari, di cui parleremo nel paragrafo successivo.

Nuovi lavori gravosi

In questi giorni la commissione lavori gravosi ha presentato i risultati del suo lavoro al Governo Draghi. Un dossier dove vengono individuate nuove mansioni gravose, allargando l’elenco delle professioni che rispettano questa caratteristica.

Si aggiungono, ai 15 lavori confermati attualmente, altri 27 codici Ateco. Ma non è detto che tutti questi poi entreranno a far parte dell’elenco definitivo. Anche in questo caso è un problema di risorse, anche perché estendendo l’elenco dei lavoratori gravosi si va ad ampliare la platea di coloro che possono andare in pensione prima.

Ad esempio, i lavoratori gravosi sono tra quelli che possono accedere alla suddetta Ape Sociale, come pure a Quota 41.

Le discussioni, però, si stanno concentrando specialmente sull’Ape Sociale. Si sta ragionando sulla possibilità di estendere l’accesso alla misura a tutte, o solo a una parte, le nuove categorie di lavori gravosi individuati dalla commissione guidata dall’ex Ministro del Lavoro Cesare Damiano. Si parla appositamente di “Ape Estesa” o “Rafforzata”, ma è ancora presto per conoscerne i dettagli e capire chi potrà smettere di lavorare a 63 anni.

Opzione Donna

Altra misura che richiede una conferma in Legge di Bilancio è l’Opzione Donna. Misura che oggi è riservata solamente a coloro che ne hanno maturato i requisiti entro la data del 31 dicembre 2020.

Requisiti che ricordiamo essere:

  • 58 anni di età per le lavoratrici subordinate;
  • 59 anni di età per le lavoratrici autonome;
  • 35 anni di contributi (per entrambe).

Si sta ragionando sulla possibilità di estendere l’accesso alla misura a coloro che ne maturano i requisiti entro l’anno in corso, di fatto allargando la platea alle nate nel 1963 (1962 per le autonome).

C’è chi chiede che si possano includere anche coloro che ne maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022, ma anche in questo caso dipenderà dalle risorse a disposizione.

Contratto di espansione

Con la Legge di Bilancio 2022 dovrebbe esserci un ampliamento della misura conosciuta come contratto di espansione. Questa consente alle aziende di favorire il ricambio generazionale mandando via il personale che si trova a pochi anni dall’accesso alla pensione per far spazio ai giovani.

Nel dettaglio, con il contratto di espansione si può ragionare a un’uscita anticipata di 5 anni rispetto a quanto previsto dagli attuali requisiti. Questo vale sia per l’accesso alla pensione di vecchiaia che alla pensione anticipata.

Oggi il contratto di espansione vale solo per le aziende con almeno 100 dipendenti. Con la Legge di Bilancio 2022 dovrebbe esserci l’estensione alle aziende con almeno 50 dipendenti, ma in base alle risorse si potrebbe anche ragionare su un’eliminazione di questo vincolo, permettendo dunque a tutte le piccole aziende di ricorrervi.

Rivalutazione delle pensioni

Il prossimo anno dovrebbe ritornare in vigore il nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni. Un meccanismo a tre fasce, al posto delle sei attuali, che andrà a favorire chi percepisce una pensione di importo medio-alto.

Anche in questo caso, però, molto dipenderà dalle risorse a disposizione.

Altre misure di flessibilità

E ancora: c’è la speranza che oltre al rafforzamento dell’Ape Sociale ci possano essere altre misure di flessibilità. Il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha proposto una misura di flessibilità che consiste in una pensione suddivisa in due parti. In poche parole si potrebbe anticipare l’accesso alla pensione tra i 63 e i 64 anni, riconoscendo inizialmente solamente la quota di pensione maturata nel regime contributivo. La restante parte, riferita alla parte maturata nel retributivo, verrebbe accreditata solo al compimento dei 67 anni.

Questa è una delle misure, con i sindacati che nel contempo continuano a chiedere altre forme di flessibilità consentendo l’uscita a 62 anni o con 41 anni di contributi. Difficile, ma la partita è ancora aperta.

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