Pensione, oltre al danno la beffa: niente anticipo, nei prossimi 4 anni aumenta l’età pensionabile

Simone Micocci

20 Aprile 2023 - 10:07

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Nei prossimi 4 anni è atteso un incremento dell’età pensionabile: sono 3 le ragioni che potrebbero spingerci ad andare in pensione sempre più tardi.

Pensione, oltre al danno la beffa: niente anticipo, nei prossimi 4 anni aumenta l’età pensionabile

Ci sono tre diverse ragioni per cui nei prossimi quattro anni è atteso un incremento dell’età pensionabile: da una parte il costo della vita, che in parte - come vedremo di seguito - influenza anche l’accesso alla pensione, dall’altra l’adeguamento con le speranze di vita, che come stabilito dalla legge Fornero avviene ogni due anni, e infine il ritorno delle vecchie regole sulla pensione anticipata.

Se a questo si somma che il governo Meloni non sembra avere le risorse per superare la legge Fornero, e che difficilmente riuscirà a farlo entro la fine della legislatura, ne risulta che anziché guardare alla riforma bisognerà sperare che l’aumento sia contenuto.

Il rischio, infatti, è che per coloro che non potranno accedere alle forme di flessibilità previste, pensiamo ad esempio a Quota 103 che potrebbe essere prorogata per almeno un altro anno, la data del pensionamento slitti di qualche mese, o - nel peggiore dei casi - anni.

Come detto le ragioni sono tre: analizziamole nel dettaglio.

Pensione più tardi nel 2024, chi rischia e perché

Nel 2024 non sono attese chissà che novità per la pensione, tuttavia bisogna considerare che l’elevata inflazione, come già fatto quest’anno, potrebbe rimandare i piani di diversi lavoratori che hanno in programma il collocamento in quiescenza.

Dovete sapere, infatti, che in alcuni casi al requisito anagrafico e a quello contributivo se ne aggiunge anche uno di tipo economico, vincolando l’accesso alla pensione al raggiungimento di una soglia minima di assegno. In questo modo lo Stato vuole essere certo che chi va in pensione abbia un importo sufficiente di cui vivere, così da non pesare sulle casse pubbliche (ad esempio chiedendo misure di sostegno al reddito).

A differenza degli altri due requisiti, quello economico viene aggiornato ogni anno: la base di calcolo, infatti, è l’assegno sociale, il quale viene rivalutato annualmente tenendo conto del costo della vita.

E se negli anni scorsi tale adeguamento è stato irrilevante, vista l’inflazione quasi nulla, non si può dire lo stesso del 2023 quando la rivalutazione del 7,3% ha contribuito a innalzare notevolmente la soglia da raggiungere per poter andare in pensione.

Seppure per il 2023 sia prevista un’inflazione più bassa, pari al 5,4% secondo le stime del Def, l’aumento sarà comunque rilevante. Pensiamo ad esempio all’accesso alla pensione di vecchiaia, per la quale sono richiesti generalmente 67 anni di età e 20 anni di contributi (requisiti che non verranno toccati il prossimo anno), ma che per i contributivi puri, ossia per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, è necessaria anche una pensione pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

Oggi tale prestazione ha un importo di 503,27 euro, ma a gennaio salirà a 507,02 euro per effetto del conguaglio della rivalutazione 2023 con la quale verrà aumentata dello 0,8%. Se aggiungiamo una rivalutazione di un ulteriore 5,4%, ne risulterà che l’importo salirà a 534 euro circa: ciò significa che per accedere alla pensione di vecchiaia non basterà più aver maturato un assegno di 755 euro circa come oggi, bensì di 800 euro o poco più.

Ancora peggio andrà a quei contributivi puri che vogliono accedere alla pensione a 64 anni (con 20 anni di contributi) ricorrendo all’opzione di pensione anticipata a loro riservata. Per questa, infatti, è necessario che l’importo dell’assegno risulti pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Il prossimo anno, quindi, il requisito economico potrebbe passare da 1.409 euro a poco meno di 1.500 euro.

Pensione più tardi nel 2025, chi rischia e perché

Nel 2025 poi è atteso l’adeguamento dei requisiti per la pensione con le speranze di vita, meccanismo introdotto dalla legge Dini che con la riforma Fornero è stato portato a cadenza biennale.

Nel biennio 2021-2022 e 2023.-2024 non ci sono stati incrementi, il che in parte è dovuto al Covid che ha abbattuto le speranze di vita specialmente nelle persone in età da pensione. Tuttavia, nel biennio 2025-2026 i requisiti per la pensione potrebbero riprendere ad aumentare: secondo le previsioni, ma è presto per fare una stima certa, dovrebbe esserci uno scatto di 2 o 3 mesi, i quali - ad esempio -si applicheranno sul requisito anagrafico della pensione di vecchiaia.

Vale poi quanto detto sopra: laddove l’inflazione dovesse salire ancora - il Def 2023 stima un + 2,6% - anche i suddetti requisiti economici subiranno un ulteriore innalzamento.

Pensione più tardi nel 2027, chi rischia e perché

Al netto degli aumenti dovuti alla rivalutazione, per la quale si stima una crescita dell’1,9%, nel 2026 non sono attese novità rilevanti.

Diverso il discorso per il 2027, quando non solo ci sarà il nuovo adeguamento con le speranze di vita, a fronte di un incremento che potrebbe essere di altri 2 o 3 mesi, ma verrà anche meno la tutela prevista dal decreto n. 4 del 2019 che blocca gli adeguamenti con le aspettative di vita per le forme di pensione anticipata, Quota 41 compresa.

Ecco perché ancora oggi si può andare in pensione, indipendentemente dall’età, con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne), oppure con 41 anni di contributi nel caso dei lavoratori precoci. Queste due forme per il pensionamento, infatti, non sono state soggette alla variazione dei requisiti per la pensione avvenuta nel biennio 2019-2020, quando c’è stato uno scatto di ben 5 mesi.

Come anticipato, però, il decreto n. 4/2019 - quello che per intenderci ha introdotto Quota 100 - salvaguarda tale misure solamente fino al 31 dicembre 2026: dopodiché, a partire dal 2027, salvo proroghe, anche per la pensione anticipata e Quota 41 i requisiti di accesso torneranno a essere legati all’andamento delle aspettative di vita.

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