Pensionati da 40 anni: i benefici del passato mettono a rischio il futuro

Simone Micocci

4 Giugno 2018 - 09:26

condividi

In Italia più di 400mila pensionati hanno smesso di lavorare da circa 40 anni; negli anni ottanta, infatti, andare in pensione era molto più semplice rispetto ad oggi.

Pensionati da 40 anni: i benefici del passato mettono a rischio il futuro

Ci sono tantissimi italiani che percepiscono la pensione da quasi 40 anni: lo conferma lo studio degli Osservatori statistici dell’INPS, secondo cui sono più di 400mila le pensioni che vengono liquidate da prima del 1980, quindi da più di 38 anni.

Sempre secondo l’INPS, inoltre, sono più di 1,7 milioni le pensioni erogate da oltre 30 anni, ovvero da prima del 1988. Un report - nel quale sono state prese in considerazione solamente le pensioni di vecchiaia, anzianità e superstiti - che conferma l’importanza delle riforme degli ultimi anni con le quali sono stati aumentati i requisiti per il pensionamento.

È paradossale, infatti, pensare che ci sono persone che percepiscono la pensione per più di 40 anni, per un periodo molto più lungo di quanto hanno effettivamente lavorato.

Come noto nel 1980 i requisiti per il pensionamento erano molto meno restrittivi rispetto a quelli attuali; smettendo di lavorare con largo anticipo rispetto a quanto avviene oggi, quindi, ha permesso loro di godersi la pensione per molti anni, con un vantaggio significativo rispetto ai contributi versati.

Infatti, quanto percepito da questi pensionati è ormai superiore a quelli che sono stati i contributi effettivamente versati durante l’arco della loro carriera lavorativa; pensioni quindi che pesano sul bilancio dell’INPS e che rendono più difficile approvare una nuova riforma delle pensioni che renda maggiormente flessibile la Legge Fornero con la quale sono stati introdotti dei requisiti ben più restrittivi rispetto a quelli di allora.

Un trattamento molto differente da quello che potrebbe essere riservato ai giovani di oggi, per i quali invece raggiungere l’età pensionabile sarà molto più difficile a causa di diversi fattori:

  • passaggio totale al sistema contributivo;
  • innalzamento dell’età pensionabile;
  • difficoltà nel trovare un lavoro stabile.

Ecco perché, ad esempio, si parla della possibilità di introdurre una pensione di garanzia, così da tutelare tutti quei giovani che rischiano - una volta raggiunta l’età pensionabile - di percepire un assegno previdenziale troppo basso.

Quindi, se ci troviamo nella situazione in cui la spesa previdenziale in Italia è ancora troppo alta nonostante le riforme degli ultimi anni, la causa in parte è da attribuire a quanto successo negli anni ‘80, quando la carriera lavorativa degli italiani durava molto meno rispetto ad oggi.

Pensioni agevolate negli anni ottanta

Come anticipato, ancora oggi l’INPS eroga 406.942 trattamenti previdenziali liquidati per la prima volta negli anni ottanta. Altre 1 milione e 700 mila pensioni sono liquidate invece da oltre 30 anni.

Nel dettaglio, 355.335 sono le pensioni versate nei confronti degli ex lavoratori nel settore privato, mentre altre 51.607 per gli ex dipendenti pubblici. Questi, quindi, sono in pensione da più di 38 anni; basti pensare che oggi le aspettative di vita di un pensionato sono appena superiore ai 20 anni, la metà rispetto ai circa 400mila pensionati “storici” rilevati dal report dell’Osservatorio statistico dell’INPS.

Ma a cosa si deve questa situazione? Naturalmente al fatto che i requisiti per il pensionamento allora erano molto meno severi rispetto ad oggi.

Nel dettaglio, prima del 1980 si poteva andare in pensione all’età di:

  • dipendenti pubblici: 49 anni per la vecchiaia e 45,7 per i trattamenti di anzianità contributiva (20 anni di contributi o 14 anni sei mesi e un giorno per le donne con figli). Per i superstiti da assicurato era di 41,1 anni, mentre per quelli da pensionato era di 45 anni;
  • dipendenti privati: 54,5 anni per la pensione di vecchiaia, 40,2 per i superstiti.

A quanto ammontano questi trattamenti previdenziali? Anche in questo caso il discorso varia a seconda del settore di appartenenza.

Infatti, mentre per i dipendenti pubblici l’importo medio è superiore ai 1.650€ (per le pensioni di vecchiaia) e ai 1.466€ (per quelle di anzianità), per il settore privato si scende sotto la soglia dei 1.000€, precisamente 818€ per i trattamenti di vecchiaia e 529€ per quelli ai superstiti.

Argomenti

# INPS

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO