Patto di Stabilità, cosa prevede il nuovo accordo

Ilena D’Errico

20 Dicembre 2023 - 20:43

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il Consiglio Economia e Finanza europeo ha raggiunto un nuovo accordo sul patto di stabilità, all’insegna del risanamento e della flessibilità. Ecco cosa prevede e cosa ne pensano i ministri.

Patto di Stabilità, cosa prevede il nuovo accordo

L’Unione Europea ha trovato il nuovo accordo sul Patto di Stabilità che, con l’approvazione dell’Italia, dovrebbe essere in vigore già a partire dalla primavera 2024. I ministri delle Finanze europei sono riusciti proprio oggi a trovare un’intesa per regolamentare le finanze pubbliche, anche grazie allo “spirito di compromesso” invocato dal ministro Giorgetti.

Il turno dell’Ecofin è stato presieduto dalla ministra delle Finanze spagnola Nina Calviño, che già nell’estate aveva ribadito l’importanza di rivedere l’accordo entro la fine del 2023 e di ragionare sull’inserimento degli investimenti strategici europei nel nuovo quadro di bilancio. Già diversi mesi fa, la ministra aveva avvertito che le richieste dell’Italia non sarebbero state ignorate.

Difatti, il nostro Paese ha ottenuto molto dal nuovo accordo, che potrà beneficiare di regole più chiare e realistiche come tutta l’Europa. Non mancano, ovviamente, degli elementi negativi, ma considerando lo stallo di 2 anni e la difficoltà di approvazione da tutti i 27 Stati, i ministri europei si sono detti piuttosto soddisfatti.

Nuovo accordo sul Patto di Stabilità per l’Unione Europea

Il nuovo accordo sul patto di stabilità ci viene presentato come efficiente, realistico e sostenibile e perciò accolto positivamente da tutti i Paesi. Molti ministri delle Finanze, tra cui il ministro tedesco Christian Lindner, il ministro francese Bruno Le Maire e la ministra spagnola Nina Calviño, hanno già condiviso i loro pensieri a riguardo.

Non si è fatto attendere nemmeno il commento del ministro Giancarlo Giorgetti, secondo cui il nuovo accordo è molto positivo per l’Italia, oltre a essere sostenibile, nonostante qualche pecca. Di fatto, tutti hanno lasciato una valutazione simile, a dimostrazione della forte intesa raggiunta dopo 2 anni di sforzi. Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari economici, si è infatti detto fiducioso che questo spirito costruttivo si paleserà anche nei triloghi.

Cosa prevede il nuovo accordo

L’accordo sul patto di stabilità si è snodato su quattro tematiche chiave, considerate come priorità per tutti i paesi comunitari, e sulla loro salvaguardia:

  • Debito;
  • deficit;
  • controciclicità;
  • investimenti.

Tra le novità più rilevanti discusse dall’Ecofin c’è senza dubbio la nuova soglia per gli scostamenti di bilancio, fissata allo 0,3% del Pil su base annua e allo 0,6% cumulativo. Gli obbiettivi sono chiari: mantenere il deficit entro il 3% del Pil e il debito del 60% ma con un piano di risanamento dei conti sostenibile, altrimenti si rischierebbe di bloccare gli investimenti e la crescita.

Per questo motivo, quando il deficit supera il 3% del Pil è necessario un aggiustamento annuo dello 0,5% de Pil, sempre tenendo conto della spesa per non bloccare gli investimenti urgenti.

Oltre a questo, i Paesi che supereranno il 90% nel rapporto tra debito e Pil dovranno ridurlo ogni anno di un punto percentuale. Gli Stati con un debito pubblico compreso tra il 60% e il 90%, invece, dovranno impegnarsi nella riduzione annuale di mezzo punto percentuale. Infine, il cuscinetto fiscale è consentito entro l’1,5% del Pil.

Quanto al braccio preventivo, i Paesi europei con rapporto debito/Pil superiore al 90% dovranno attuare una riduzione minima dell’1,5%, attraverso un aggiustamento strutturale annuo dello 0,4% per 4 anni o dello 0,25% per sette anni.

Per non mortificare gli investimenti, inoltre, il nuovo accordo prevede un periodo transitorio tra il 2025 e il 2027 per stabilire il percorso di risanamento tenendo conto degli oneri di interesse sul debito.

C’è poi un’importante novità per quanto riguarda i piani di spesa concordati dai Paesi sotto procedura con la Commissione Ue, che potranno essere estesi da 4 anni a 7 anni, a seconda degli investimenti e delle attuazioni del Pnrr, come peraltro era stato chiesto dall’Italia.

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