Part-time dipendenti pubblici: quando si può lavorare con orario ridotto?

Claudio Garau

17 Novembre 2022 - 13:15

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Anche i dipendenti pubblici possono accedere al part time, ma a condizioni più vincolate rispetto alle regole ordinarie. Ecco che cosa ricordare in proposito per non sbagliare.

Part-time dipendenti pubblici: quando si può lavorare con orario ridotto?

Come è ben noto, una delle distinzioni fondamentali nel diritto del lavoro è tra occupazione a tempo pieno o full time e occupazione a tempo parziale o part time. Oggigiorno, a causa delle questioni legate al carovita e al boom dei prezzi dei beni di prima necessità e alle bollette fuori controllo, non sono pochi coloro che - innanzi alla possibilità di scegliere la durata della prestazione lavorativa giornaliera - optano per il tempo pieno.

Tuttavia non mancano le persone che, piuttosto, preferiscono il part time ed, anzi, non lo ritengono affatto una soluzione sgradita o inopportuna: c’è chi ad esempio lo sceglie per poter avere il tempo necessario a svolgere un’altra attività di lavoro (magari collegata ad una propria passione trasformata in fonte di reddito) e chi invece sceglie un orario ridotto, per dedicarsi per più tempo alla famiglia.

Ciò che di seguito vogliamo chiarirti è a quali condizioni i lavoratori del settore pubblico possono svolgere le prestazioni di cui al loro contratto, in regime di part time. Infatti, posto che chi lavora presso la PA svolge una rilevante funzione a servizio dello Stato e, dunque, della stessa collettività, rimarchiamo subito che anche in ambito pubblico il tempo parziale è comunque ammissibile.

Ma a quali condizioni è possibile lavorare con orario ridotto? Lo scopriremo insieme nel corso di questo articolo, svolgendo però prima alcune considerazioni utili ad inquadrare meglio il contesto e ad essere il più esaustivi possibile nella risposta al quesito.

Contratto a tempo pieno e a tempo parziale: differenza e contesto di riferimento

In linea generale, i contratti di lavoro a tempo pieno o full time sono i contratti più diffusi in Italia, per ovvie ragioni collegate alla produttività e all’organizzazioni delle aziende e dei datori di lavoro. Essi prevedono un orario di lavoro di solito fissato in 40 ore settimanali (o quello disposto dai Ccnl di categoria), mentre i contratti a tempo parziale hanno, appunto, un orario inferiore a quello a tempo pieno. Il part time di per sé non rappresenta una tipologia di contratto a sé stante, ma se mai una forma di occupazione flessibile.

In particolare, anche per ciò che attiene alle condizioni con cui è possibile il part time nel settore pubblico - di cui tra poco diremo - ricordiamo di seguito che la riduzione dell’orario di lavoro può essere:

  • di tipo verticale, nel caso in cui il lavoratore lavori a tempo pieno ma esclusivamente per certi giorni della settimana, del mese o dell’anno, restando a riposo negli altri (pur non festivi);
  • di tipo orizzontale, laddove il dipendente sia occupato tutti i giorni ma per meno ore rispetto all’orario normale giornaliero di un lavoratore full time;
  • di tipo misto, nel caso in cui via sia una combinazione delle due forme precedenti.

Questa suddivisione è fondamentale per inquadrare il funzionamento del tempo parziale e ci è utile ricordarla anche in riferimento alla questione posta in apertura.

Tre caratteristiche tipiche del contratto di lavoro a tempo parziale

Peculiarità del contratto di lavoro a tempo parziale sono le seguenti:

  • deve essere firmato dalle parti (forma scritta);
  • deve includere l’indicazione precisa della durata della prestazione di lavoro e della collocazione temporale dell’orario giornaliero.

Ricordiamo ancora che il lavoratore a tempo parziale ha diritto all’identico trattamento dei lavoratori assunti con contratto full time. Si tratta del principio di non discriminazione, secondo il quale il dipendente part time - sul piano della retribuzione - ha diritto alla stessa paga oraria del lavoratore a tempo pieno, ma la sua retribuzione complessiva - incluso il trattamento economico per malattia, infortunio e maternità - va quantificata, e ridotta, in proporzione al numero di ore lavorate.

In linea generale, la libertà contrattuale delle parti permette la eventuale trasformazione del contratto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, ma - come detto - soltanto in forma scritta. Quest’ultima è necessaria ai fini della prova, ed infatti le parti sono tenute ad indicare il preciso orario da svolgere nei distinti periodi prefissati, e ad individuare la durata della prestazione di lavoro e la collocazione temporale dell’orario in relazione al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Passaggio dal tempo pieno al tempo parziale nel pubblico impiego: una legge chiave

Dopo queste opportune premesse, veniamo al caso che qui ci interessa. Ebbene, il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale nel lavoro nella PA non è caratterizzato da alcuna immediata ’automaticità’ nella trasformazione del rapporto. Questo vuol dire che vi sono casi nei quali l’Amministrazione - datrice di lavoro può negare il passaggio al tempo parziale ed altre, invece, in cui lo concede.

La legge n. 662 del 1996 - recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica - è un provvedimento chiave in materia e, infatti, indica chiaramente che anche nel settore del pubblico impiego ricorre la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Come detto in apertura, per un dipendente i casi in cui appare conveniente, se non addirittura indispensabile, diminuire il numero di ore di lavoro - pur con un ’taglio’ dello stipendio - sono diverse tra loro. Figli, seconda attività di lavoro, questioni di salute, maggior tempo libero e non solo: tanti i possibili motivi alla base di questa specifica volontà. Ecco perché una legge dello Stato consente questa possibilità anche ai dipendenti pubblici, per cui infatti non opera alcun divieto generalizzato di part time a lavoro.

I casi in cui è possibile passare al part time nella PA

Ma attenzione: per i lavoratori della PA il passaggio o trasformazione del rapporto di lavoro dal full time al part time è possibile a condizioni un po’ meno elastiche. D’altronde ciò ben si comprende se pensiamo che si tratta di soggetti al servizio dello Stato o comunque di un ente pubblico, e le cui prestazioni di lavoro sono dunque effettuate a beneficio e a favore della collettività. Approfondiremo tra poco questi aspetti.

Ebbene, sono fondamentalmente due sono i possibili casi nei quali può aversi il passaggio al part time nel pubblico impiego:

  • il sì esplicito dell’amministrazione di riferimento;
  • il silenzio assenso a seguito della presentazione della richiesta.

Riguardo al secondo punto è di fatto posto un rimedio all’inerzia della Pubblica Amministrazione, rispetto a una specifica richiesta fattagli. Il silenzio assenso può operare in più ambiti ed anche in queste circostanze: in termini pratici, se la risposta circa la domanda del part time dipendente pubblico non dovesse giungere, è come se fosse un sì. Analogamente vale quando la risposta arrivi ma in ritardo, laddove vi siano dei termini precisi e stabiliti dalla legge.

Come accennato sopra, in ogni caso, le regole di legge dispongono per i lavoratori a tempo parziale gli stessi diritti valevoli per i lavoratori a tempo pieno, a partire dallo stipendio (proporzionato alle ore ridotte) e dagli aspetti previdenziali, fino a giungere alle tutele disposte in caso di malattia e infortunio.

Alcune importanti precisazioni sulla domanda di part time del dipendente pubblico

Sopra abbiamo detto che la legge ammette la possibilità di passare al part time nel pubblico impiego, ma entro determinati confini e limiti. Per questo dobbiamo ricordarti che la possibilità non è ammessa in senso generale senza condizioni, poiché il lavoratore del settore pubblico può accedere se:

  • fa una domanda specifica in forma scritta, dettagliando gli orari desiderati e l’eventuale seconda attività, di lavoro subordinato o autonomo, che vuole intende svolgere con quella del pubblico impiego;
  • passati sessanta giorni dal deposito della richiesta per il passaggio al part time, quest’ultima non è espressamene negata dalla PA (è il citato meccanismo del silenzio assenso). Il passaggio da tempo pieno a tempo parziale si compie in forma automatica.

Vediamo ora quali limiti sono esplicitamente previsti dalla legge, in merito ad un possibile passaggio al part time.

3 limiti previsti dalla legge al part time nel pubblico impiego

La sopra citata legge n. 662 del 1996 indica tre ipotesi in cui alla richiesta del part time vi sarà il no della PA. Eccoli di seguito:

  • eventuale conflitto di interessi tra l’impiego pubblico e la diversa attività che il lavoratore vorrebbe fare;
  • il part time comporta un grave pregiudizio al funzionamento dell’ufficio pubblico. Tuttavia in queste circostanze la PA può, con provvedimento motivato, differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non maggiore di un semestre, in modo da risolvere le problematiche organizzative che, altrimenti, si avrebbero;
  • la seconda attività di lavoro è anch’essa subordinata e si compie presso un altro ufficio della PA (tranne alcune eccezioni per specifici comparti).

Non è finita qui. La legge indica anche che il dipendente pubblico è comunque obbligato a rendere noto alla PA in cui lavora, entro 15 giorni, l’eventuale successivo inizio o la variazione dell’attività di lavoro.

Infine, nelle circostanze nelle quali vi sia un impedimento al part time - ad esempio il suddetto caso del conflitto di interessi - la PA emetterà un formale diniego all’accoglimento della richiesta di tempo parziale, fatta dal dipendente pubblico. Attenzione però: del no dovrà dare spiegazione nel provvedimento amministrativo preso, perciò l’ufficio pubblico dovrà indicare con precisione quali sono le motivazioni che impediscono la trasformazione in tempo parziale. Ciò permetterà peraltro al lavoratore di tutelarsi, impugnando l’atto che impedisce la diminuzione di ore di lavoro.

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